10 ritratti entrati nella storia

Introduzione

Quando si parla di opere d’arte, visive o meno, è sempre difficile fare delle classifiche, tuttavia ci sono capolavori che, ci piacciano o meno (difficile), sono entrati di diritto nella storia. In questo articolo, per mio diletto, ho voluto raccogliere e descrivere 10 ritratti famosi, scelti mescolando periodi storici e autori e sapendo che non esiste una possibile misura della grandezza delle opere selezionate ma che a mio modo di vedere sono comunque molto significative. Ovviamente il tutto in una veste amatoriale, non essendo esattamente un vero critico d’arte.

Ho quindi circoscritto l’enorme tema della ritrattistica,  limitandomi ai ritratti di una/due persone (eliminando quindi ritratti di gruppo che pure presentano capolavori immortali), e includendo solo ritratti dove il soggetto “è in posa” e non rappresentato in altre attività.

Per cui, niente classifiche, i dipinti sono in ordine cronologico di realizzazione, e la didascalia punta al sito del museo dove il quadro è esposto. Buon divertimento!

1) Jan van Eyck – Ritratto dei Coniugi Arnolfini

Jan van Eyck, Ritratto dei Coniugi Arnolfini (1434), 82×60 cm, National Gallery, Londra

Jan van Eyck fu senza dubbio un innovatore della tecnica pittorica, essenzialmente la pittura a olio moderna la dobbiamo a lui (parole del Vasari, non mie). In effetti il ritratto, nella sua squisita fattura, nella sua prospettiva e perfino nell’uso dello specchio era parecchio avanti per gli standard della prima metà del quindicesimo secolo.
L’opera è realizzata su un pannello di quercia e ritrae il commerciante italiano Giovanni di Nicolao Arnolfini e sua moglie, i quali, osservando la loro casa di Bruges, i vestiti e gli ornamenti magnificamente riprodotti, se la passavano piuttosto bene.
Il dipinto è firmato (altro aspetto innovativo per l’epoca) sopra lo specchio, che correttamente riporta la attesa distorsione sferica, ma include nei 10 piccoli cerchi altrettanti episodi della Passione di Cristo (si osservi l’immagine di copertina per il dettaglio). Altri dettagli che il gioco di luce mette in evidenza sono la complessità del lampadario e il rosario di perle d’ambra a sinistra dello specchio.

2) Leonardo da Vinci – Monna Lisa

Leonardo da Vinci, Monna Lisa (1503), 77×53 cm, Museo del Louvre, Parigi

Cosa si può dire di originale a proposito del più famoso ritratto di tutti i tempi? Beh, la Gioconda è stata amata, odiata, parodiata, copiata, danneggiata, trafugata. E soprattutto visitata, visto che 6 milioni di persone l’anno transitano in una speciale sala del Louvre, dove temperatura e umidità sono controllate e il dipinto, illuminato da speciali luci a led, può essere osservato in una teca antiproiettile.
Si noti che, al pari di altre opere, la Monna Lisa ha guadagnato la sua universale notorietà essenzialmente nel ventesimo secolo (prima era “solo” un dipinto di pregio come altri). È assai probabile che il furto, ad opera di un “patriota” italiano, avvenuto nel 1911, abbia contribuito ad alimentare la leggenda dell’opera (il ladro peraltro godette della visione privata del dipinto per un paio d’anni, appeso in cucina).

3) Tiziano Vecellio – Ritratto di Carlo V a cavallo

Tiziano Vecellio, Ritratto di Carlo V a cavallo (1548), 332×279 cm, Museo del Prado, Madrid

Tiziano dipinse quest’opera su commissione, per commemorare la vittoria di Carlo V d’Asburgo nella Battaglia di Mühlberg, simbolo della contrapposizione dell’Imperatore del Sacro Romano Impero verso la riforma protestante.
L’importanza dell’opera, al di là dei meriti squisitamente pittorici, sta nell’aver stabilito un nuovo genere, quello del grande ritratto equestre, da quel momento in poi uno standard nella rappresentazione di sovrani, principi e teste coronate varie.
Lo stile evidenzia la maestria dell’artista nel rendere sia la fierezza che la stanchezza del sovrano, di ritorno dal campo di battaglia, in una inquadratura dove l’armatura sporca ma comunque lucente risalta in un paesaggio agreste dove il tono scuro del cavallo e degli gli alberi contrasta con i bagliori del tramonto all’orizzonte.

4) Diego VelázquezRitratto di Innocenzo X

Diego Velázquez, Ritratto di Innocenzo X (1650), 140×120 cm, Galleria Doria Pamphilj, Roma

Il dipinto di Velasquez ha in primo luogo la caratteristica di togliere quell’aura di spiritualità che i dipinti dedicati ai pontefici avevano fino ad allora, ma lo rappresenta invece in uno schietto realismo, esaltandone l’espressione ruvida e sospettosa.
Tecnicamente l’opera è incentrata su due colori, rosso e bianco, ma resi in un mix di tonalità e uso della luce spettacolare, che rende bene i materiali (lino, seta, velluto e oro) a disposizione di Innocenzo X, noto anche come Giovanni Battista Pamphilj.
L’altro aspetto da sottolineare è naturalmente la profondità psicologica e la posa: statica si, ma tale da incutere un sentimento del tipo “adesso si alza e mi picchia”. Invece il Papa trovò di suo gradimento il dipinto, escalmando un “Troppo vero!” alla visione del quadro.

5) Rembrandt van Rijn – Autoritratto con il berretto e il bavero rialzato

Rembrandt van Rijn, Autoritratto con berretto e il bavero rialzato (1659), 84×66 cm, National Gallery of Art, Washington DC

Tra le cose singolari che contraddistinsero il lavoro di Rembrandt, sicuramente una di queste fu l’incredibile numero di autoritratti che realizzò nel corso della sua vita, una quarantina, che essenzialmente permisero ai posteri di osservare l’evoluzione morfologica del pittore olandese, nell’aspetto ma anche nel modo di porsi e nell’espressività, nonché anche per gli indumenti indossati. Questi mostrano come l’artista, una volta raggiunto l’apice del successo (Rembrandt, diversamente da altri, fu subito riconosciuto per le sue qualità), cominciò la strada verso il declino, complice anche una gestione non particolarmente oculata delle sue finanze, fino a morire in miseria.
Diversamente quindi dalle altre opere citate in questo articolo, il ritratto che ho scelto non è famoso di per se, ma quanto degno rappresentante della prolificità di Rembrandt nell’autorappresentarsi. E l’espressione dello sguardo che vi è dipinto, malgrado le pennellate a grana grossa, ben evidenzia il difficile momento interiore dell’autore.

6) Jan Vermeer – Ragazza con l’orecchino di perla

Jan Vermeer, Ragazza con l’orecchino di perla (1665), 44×39 cm, Mauritshuis, L’Aia

Quando il maestro Jan Vermeer morì, difficilmente pensò che il suo dipinto di una giovane donna con un turbante sarebbe potuto diventare un’icona pittorica qualche secolo dopo. Fino alla fine dell’800 non si sapeva nulla di quest’opera, peraltro anche l’autore stesso non fu riconosciuto per la sua maestria se non in tempi ben più recenti. Addirittura l’opera stessa (che prima si chiamava semplicemente “ragazza col turbante”) è essenzialmente diventata famosa dopo una esposizione alla National Gallery of Art a Washington nel 1995 e soprattutto dopo che fu realizzato un libro (da cui fu poi tratto il film con Colin Firth e Scarlet Johansson) che ipotizza una storia dietro la realizzazione del dipinto, sostanzialmente senza particolari fondamenti, dato che ben poco si sapeva della vita di Vermeer, che visse sempre nella cittadina di Delft.
Mi sento di dire, in questo caso, “meglio tardi che mai”. L’espressione di candore della ragazza è entrata giustamente nell’immaginario collettivo, tanto da attribuire al dipinto il nomignolo di Monna Lisa del Nord.
Tecnicamente non dovrebbe stare in questo articolo, in quanto non è proprio un ritratto, ma un tronie, ovvero uno studio di una testa. Ma chi se ne importa.

 

7) James McNeill Whistler – Arrangiamento in grigio e nero, ritratto n. 1

James McNeill Whistler, Arrangiamento in grigio e nero, ritratto n. 1 (1871), 144×162 cm, Museo d’Orsay, Parigi

Più conosciuta con il nome “La madre di Whistler” il dipinto è un’icona dell’epoca Vittoriana. L’artista, americano, realizzò l’opera a Londra, quando viveva con la Madre e nel 1891 fu acquisita, primo caso di opera americana, dalla Francia e tuttora viene considerato il dipinto americano più importante al di fuori degli Stati Uniti.
Ciò che colpisce è l’austerità generale del quadro, con tante tonalità scure dove però risalta il volto della donna, apparentemente rivolto ad osservare il nulla, ma con quell’espressione determinata e allo stesso tempo amorevole, che nel corso degli anni ha assunto il ruolo di simbolo di devozione e forza interiore delle madri americane, tanto da riapparire in francobolli, statue, film. Da notare anche la distorsione spaziale (oppure era una mamma con le gambe molto lunghe!).
L’artista, si dice, dipinse la madre perché un altra modella non si presentò all’appuntamento: quando il caso ci mette lo zampino a volte i risultati sono spettacolari.

8) Vincent Van Gogh – Autoritratto con cappello di feltro grigio

Vincent van Gogh, Autoritratto con cappello di feltro grigio (1887), 44×37 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam

Eravamo rimasti a Rembrandt e alla sua mania degli autoritratti, ma nemmeno questo tale Vincent Van Gogh voleva essere da meno, così riuscì a dipingerne 37, però nell’arco di soli 4 anni (poi come noto si suicidò, chissà se avrebbe proseguito). In effetti il povero Vincent era anche povero materialmente e non poteva permettersi di avere a disposizione tanti modelli/e, per cui ripiegò su uno sempre disponibile e gratis: se stesso. E il forte sentimento di solitudine deve avere contribuito.
Ad ogni modo nel caso di Van Gogh gli autoritratti che hanno fatto breccia sono quelli contraddistinti dal suo inconfondibile stile ad ampie pennellate e geometrie parallele. Alcuni, come quello che ho scelto, possiedono uno sguardo profondo, peraltro particolarmente esaltato nella vivida scelta dei colori, che nel suo caso erano lo specchio del proprio stato d’animo.

9) Gustav Klimt – Ritratto di Adele Bloch-Bauer I

Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch-Bauer I (1907), 138×138 cm, Neue Galerie, New York

Probabilmente l’espressione per antonomasia del periodo d’oro (inteso come colore) di Klimt, il ritratto di Adele Bloch-Bauer è uno dei dipinti più complessi realizzati dal maestro austriaco, che impiegò 3 anni per completarlo. La rappresentazione della figlia dell’imprenditore Maurice Bauer è sicuramente singolare, sia per la complessa texture dorata carica di simbolismi (si può notare l’occhio di Horus più volte dipinto tra le pieghe dell’abito), sia per la somiglianza, in chiave moderna, ai mosaici presenti nelle chiese bizantine di Ravenna, ai quali Klimt sembra essersi ispirato.
Il dipinto ebbe una storia complicata, tra sequestri nazisti e ingerenze dello stato austriaco contro il volere della famiglia Bloch-Bauer, che alla fine però riuscì a spuntarla. Il quadro finì nelle mani di una nipote americana, che vendette il quadro (che non poteva esporre a casa sua) in un asta plurimilionaria, per poi finire alla Neue Galerie di New York, dove è tuttora esposto permanentemente.

10) Grant Wood – Gotico Americano

Grant Wood, Gotico Americano (1930), 78×65 cm, Art Institute of Chicago

Dipinto dall’allora sconosciuto Grant Wood, il dipinto partecipò ad un concorso istituito nel 1930 dall’Art Institute of Chicago, e, sebbene si classificò solo terzo, il museo lo acquisì e, complice la circolazione sui giornali dell’epoca, conobbe immediatamente un enorme successo.
L’opera rappresenta, in un mix di satira e rappresentazione di forte spirito americano (necessario negli anni della Grande Depressione), un contadino dell’Iowa e sua moglie (qualcuno dice la figlia), in uno stile a metà tra il realismo americano e il rinascimentale nordeuropeo (Wood ebbe modo di avere una formazione artistica in Europa).
Il dipinto in realtà fu realizzato in fasi distinte, la prima delle quali fu dipingere lo sfondo con il cottage dell’Iowa, mentre in momenti successivi pose su tela (anzi, su un pannello in fibra di legno) prima l’uomo (in realtà il suo dentista) e poi la donna (sua sorella). Quel che è certo è che, almeno inizialmente, gli abitanti dell’Iowa non presero bene il fatto di essere illustrati come persone lugubri o da cristiani fondamentalisti.

Menzioni Onorevoli

Eh, lo so che state pensando “ma perché non hai messo…”. Si, ce ne starebbero tanti altri e legittimamente. Ma lo spazio e il tempo sono quelli che sono. Alcuni autori già menzionati meriterebbero ulteriore spazio (Leonardo con la Dama con l’Ermellino, Rembrandt con il Ritratto di Jan Six), altri potevano a loro volta fare parte di questa rassegna, tra cui Anthony van Dyck (famosi i suoi ritratti di corte, specie il Triplo Ritratto di Carlo I, peraltro anche lui fece un ritratto equestre a Carlo V), i ritratti di Raffaello, Thomas Gainsbourough e il suo Ragazzo Blu (che avrebbe anche avuto il pregio di smorzare il salto temporale da Vermeer a Whistler, visto che è stato dipinto nel 1779),  gli uomini con la pipa di Cezanne, i ritratti cubisti di Picasso, fino ad arrivare alle Marilyn di Andy Warhol.

Ma naturalmente, anche voi potete dire la vostra!