Autismo in età adulta. I dimenticati.

2 Aprile:  Come ogni anno, ormai da 11 anni, si celebra la Giornata Mondiale della consapevolezza sull’autismo istituita dalle Nazioni Unite nel 2007.
L’obiettivo della giornata è quello di far luce su questa disabilità, promuovendo la ricerca e il miglioramento dei servizi, contrastando la discriminazione e l’isolamento di cui ancora sono vittime le persone autistiche e i loro familiari. Forse quest’anno sarà un po’ in sordina perchè coincide con il giorno di Pasquetta e i telegiornali si atterranno soprattutto al solito, mi verrebbe da dire autistico,  clichè del ‘Come hanno trascorso questa giornata le famiglie italiane’ o sulle migliori ricette per il giorno di Pasquetta.

Sicuramente faranno sì menzione dell’argomento ma parlando di ‘autismo infantile’ e propinandoci i soliti autistici geniali che non sono verbali ma messi davanti alla tastiera di un computer, con l’opportuno quanto indispensabile ausilio di un ‘facilitatore’, diventano dei novelli Dante Alighieri, esprimendo pensieri che implicano consapevolezza della propria condizione e capacità di empatia (bufala della comunicazione facilitata).  Capacità entrambe che alle persone autistiche, per la natura stessa del disturbo, mancano completamente.

Per chi non ne fosse a conoscenza, al fine di formulare una diagnosi di autismo, occorre la presenza di queste caratteristiche (la cosiddetta triade autistica):

1) Alterazione e compromissione della qualità dell’interazione sociale

2) Alterazione e compromissione della qualità della comunicazione

3) Modelli di comportamento e interessi limitati, stereotipati e ripetitivi.

Sempre più spesso, comunque, si parla di ‘spettro autistico’ nel quale sono inserite anche forme leggere di autismo e anche diagnosi affrettate che, con lo sviluppo, fanno gridare al miracolo della ‘guarigione’ di un disturbo che in realtà non esisteva.

Sicuramente non sentirete parlare di adulti autistici. Sembra che chi ha questo disturbo debba rimanere per sempre bambino. In realtà, anche loro come tutti diventano adulti, ma al raggiungimento della maggiore età scompaiono dai radar. Il motivo è semplice. Fino a che sono in carico al Servizio di Neuropsichiatria Infantile vengono forniti vari servizi. Intanto c’è la scuola con, se si è fortunati, l’insegnante di sostegno (che, contrariamente a quanto si pensi, non è di sostegno al bambino ma alla classe che frequenta) e l’assistente all’autonomia. Nel caso di autismo severo si può raggiungere una buona capacità di letto-scrittura, ma quando si affrontano materie come la storia, la geografia, la filosofia o si svolgono i compiti in classe, solitamente il ragazzino finisce isolato nell’aula di sostegno a fare puzzle.

Perchè, lasciando da parte l’ipocrisia dell’inclusione scolastica, questi ragazzini avrebbero bisogno di un’educazione specifica, tarata sulle loro capacità di apprendimento perchè del teorema di Pitagora, ad esempio, non gliene può fregare di meno. Avrebbero bisogno che si insegnasse loro, per dirne una, ad allacciarsi le scarpe, a vestirsi autonomamente. Oltre la scuola c’è la logopedia, la psicomotricità (fornite dalla A.S.L. dopo lunghi periodi di attesa) la terapia comportamentale che è a totale carico delle famiglie, e se si è fortunati qualche attività estiva organizzata dal Comune di residenza.

Al compimento dei 18 anni si passa attraverso le forche caudine di due nuove visite collegiali, una da parte della A.S.L. e una da parte dell’INPS, per accertare la sussistenza dei requisiti e vedere se magari, nel frattempo, si è verificato ‘o miracolo della guarigione e lo stato possa risparmiare i 270 euro circa di pensione previsti per i maggiorenni. Poi bisogna che tutta la famiglia si presenti in Tribunale dal Giudice Tutelare per richiedere la nomina di un Amministratore di sostegno o per l’interdizione, affinchè il ragazzo sia rappresentato legalmente (solitamente da un familiare).

Da quel momento in poi si spalanca il baratro. Il ragazzo autistico viene preso in carico dal Centro di Salute Mentale per il quale la peculiarità del disturbo non esiste più. I disturbi del comportamento, dovuti soprattutto all’incapacità di comunicare, vengono trattati con farmaci antipsicotici. Il problema è che questi farmaci non hanno tra le indicazioni la parola ‘autismo’ per il semplice fatto che di questo disturbo, allo stato attuale, non si conoscono le cause e quindi nemmeno una ‘cura’.

Con la diagnosi di autismo i farmaci antipsicotici sarebbero a totale carico delle famiglie, con un costo rilevante.

Quindi, che si fa? Si cambia la diagnosi da ‘autismo’ a ‘psicosi’ e si prescrivono a carico del S.S.N.

Ergo, gli autistici adulti non esistono. Si tenta di contrastare i sintomi con i farmaci, che spesso hanno effetti collaterali devastanti o che addirittura hanno il cosiddetto effetto paradosso, creando stati di grande agitazione o disturbi fisici che questi ragazzi non sono in grado di spiegare a parole e ai quali reagiscono con aggressività o autoaggressività. La risposta dei medici è che bisogna provare e riprovare perchè si va per tentativi in quanto la risposta è soggettiva.

Nel frattempo cresce l’isolamento sociale della persona autistica e della famiglia. Nessuna possibilità di riprendere fiato perchè sono quasi inesistenti le strutture in grado di accoglierli anche per brevi periodi così da dare alle famiglie la possibilità di ricaricarsi di energia. Le giornate di festa sono le più difficili da affontare perchè in pratica non hai un attimo di respiro, mentre tutti festeggiano e riposano tu devi badare giorno e notte alla sicurezza, alle necessità igieniche, alimentari, all’incolumità, o affrontare le crisi più improvvise e svariate di un ragazzo o ragazza non autosufficiente,  che non ha alcuna consapevolezza del pericolo e che urla perchè magari ha mal di denti o di stomaco e non sa spiegarti qual è il problema.

Gli anni passano e si fa sentire, ogni giorno di più, la stanchezza dello stress continuo e delle  preoccupazioni. Quando si parla di diritti civili ci si dimentica sempre degli ultimi tra gli ultimi, gli invisibili, quelli che vengono sistematicamente ignorati da tutti: parenti, amici, conoscenti. Cresce la preoccupazione per il futuro di tuo figlio, pensi con terrore alla possibilità che una malattia possa impedirti di occuparti di lui, pensi al suo destino senza di te che sai come aiutarlo. Il Dopo di Noi è un’utopia, esistono Istituti che sono delle vere e proprie discariche umane, dei quali si occupa spesso la stampa quando si scoprono maltrattamenti di ogni genere.

Essere autistici, nella forma più severa, significa essere ‘ciechi sociali’ e pertanto totalmente indifesi.

Quando si accenderanno le luci blu e voleranno i palloncini, quando la tv ed i giornali mostreranno i bambini autistici geniali o i film con ‘autistici’ che si sposano e conducono una vita normale, ricordatevi delle famiglie che vivono in condizioni di prigionia, isolate da qualunque forma di vita sociale.

Pensate a chi deve affrontare ogni giornata con enorme fatica, aspettando solo che arrivi la notte.

A chi vive nel terrore di ammalarsi. A chi non avrà mai amici con i quali uscire, a chi non avrà mai una ragazza, a chi vive in un’altra dimensione.

Anche nella disabilità esistono le discriminazioni perchè, normalmente, anche coloro che per lavoro si occupano di disabili danno la preferenza ai disabili ‘tranquilli’. Il paradosso, quindi, è che più hai bisogno di aiuto e più ti vengono sbattute le porte in faccia. Le strutture, solitamente private, danno la preferenza ai disabili meno impegnativi e naturalmente puntano al massimo guadagno con la minima spesa, con personale insufficiente, spesso non adeguatamente formato e perciò incapace di affrontare le dinamiche che un disturbo così complicato come l’autismo comporta. Il disturbo del comportamento altro non è che una richiesta di aiuto da parte di chi non ha altri mezzi per esprimersi e bisogna saper cogliere i segnali che queste persone mandano. Perchè un autistico è quello che è stato efficacemente definito da Temple Grandin, una donna con autismo ad alto funzionamento, “un antropologo su Marte”.

In tutta questa situazione lo Stato latita. Non riconosce, a differenza credo di tutti i Paesi europei, la figura del care-giver familiare e non si occupa di creare strutture per il “Dopo di Noi”.

Ricordatevi che autismo è solitudine, isolamento, discriminazione.

E’ una vita di trincea per la quale non è previsto un armistizio e che raramente concede brevi tregue.

Non ce ne frega niente di tutte le belle parole, delle luci blu, dei palloncini colorati di tutti voli pindarici
dell’ipocrisia dilagante di chi conduce una vita accettabile, di chi ha tutto ma non ride mai, e si lamenta delle piccole sciocchezze.

Abbiamo bisogno di avere fiducia nel futuro, abbiamo bisogno di vincere la paura.