Autunno significa poter dire “Oggi faccio gli gnocchi di zucca!”

Autunno, tempo di zucca eqquindi tempo di gnocchi con la medesima, perciò eccovi un parziale reportage per la preparazione di questa squisitezza che non manco mai d’apprezzare.
Il punto di partenza è ovviamente una zucca (non di quelle da minestra, per carità, ché quelle hanno la polpa molto morbida ed acquosa eqquindi non vanno assolutamente bene per gli gnocchi), una bella zucca verde come questa:

oppure come la zucca marina di Chioggia, per la quale però la stagione è ormai troppo avanzata.
Si inizia tagliandola a metà:

e scoprendo in quel momento se si è scelta una bella zucca matura con tanta polpa (nel caso in cui non sia stato così, conviene ripiegare su un meno impegnativo risotto).
Poi la si taglia in quarti:

e a questo punto l’omo, che avrebbe dovuto documentare fedelmente ogni passo della procedura, se n’è andato per i fatti suoi (ve l’avevo detto che il reportage era parziale, vero?) eqquindi manca la documentazione del taglio a metà, nel senso della larghezza, di ciascuno spicchio, della rimozione dei semi e del tessuto fibroso tra i medesimi, del posizionamento nella pentola a pressione con opportuno cestello per la cottura a vapore, della rimozione della ‘buccia’ verde dagli spicchi cotti e dello schiacciamento della polpa con il fedele schiacciapatate.
Inoltre manca la documentazione dell’aggiunta di sale (con relativo assaggio per sentire se la polpa schiacciata va bene di sale) e dell’aggiunta dell’uovo (sì, il reprobo è stato via un bel po’); è da notare che, nonostante l’umanità, dal punto di vista degli gnocchi di patate, si divida in quelli che dicono che ci vuole l’uovo e in coloro che affermano che non ci vuole, quando si tratta di gnocchi di zucca non ci sono divisioni di sorta, ché è impossibile convincere gli gnocchi di zucca a stare uniti senza metterci l’uovo.
Ma insomma, defezioni dell’omo a parte, alla fine quello che si ottiene è questa roba qua:

e almeno l’omo è arrivato in tempo per documentare la parte più delicata dell’operazione, cioè l’aggiunta della farina, la cui quantità dipende da una serie di fattori, tutti riconducibili alla quantità di umidità presente nella polpa della zucca.
Per fortuna, stavolta avevo scelto una pregevole cucurbitacea la cui polpa era quasi affatto priva di acqua, eqquindi la quantità di farina necessaria non è stata molta; in ogni caso, per sicurezza, di solito inizio mettendo tre o quattro cucchiai colmi di farina eppoi eventualmente aggiungo.
Come che sia, l’aggiunta di farina all’impasto va fatta utilizzando l’opportuno setaccio che evita che la farina formi grumi:

Come vedete, l’aggiunta di farina modifica il colore e la consistenza dell’impasto:

e a questo punto è bene, per sicurezza, fare la prova su un unico gnocco, per vedere come sarà la resa una volta cotto.
Si butta quindi, con un cucchiaino, un po’ d’impasto in acqua bollente salata:

si aspetta che quello risalga in superficie e lo si lascia un po’ a completare la cottura, dopodiché lo si estrae con opportuna schiumarola:

Appare subito evidente che l’impasto non è sufficientemente ‘robusto’ da reggere la cottura e la successiva estrazione senza che lo gnocco si disfi:

eqquindi si procede ad aggiungere un altro paio di cucchiai di farina all’impasto, e stavolta la ‘prova cottura’ dà esito positivo:

Guardate che differenza tra la resa dell’impasto povero di farina:

e quella dell’impasto finale:

A questo punto si può partire con la cottura vera e propria: si mette a fondere il burro con la salvia che servirà per il condimento:

e si buttano cucchiaini d’impasto in acqua (non più di una trentina alla volta, altrimenti si corre il rischio che si appiccichino gli uni agli altri prima di cuocersi), lasciandoli cuocere un po’ dopo che saranno venuti a galla.
Nell’infrattempo il burro è pronto:

così quando s’è finito di cuocere gli gnocchi li si condisce con il burro e li si porta a tavola:

ove si provvede a mangiarseli con grande soddisfazione.
Buon appetito!

 

Pubblicato da Bee

Ape per scelta e antigrillista per DNA, ama parlare di sé in terza persona, spargere serenità e buffezza e raccontare le meraviglie del mondo che ci circonda.