Cavalli

Sono trascorsi tanti anni, per cui mi sfuggono molti dettagli, ma andare in Austria a cavallo con Fulvia, la dolce cavalla argentina, fu una splendida avventura. Un animale dolcissimo con un unico “difetto”, quello di scalciare chi si avvicinava da dietro (generalmente in questi casi si applica un fiocco rosso alla coda, come avvertimento, oppure fare sempre attenzione alle spalle).

Eravamo una decina e il tragitto durò sette giorni, durante i quali crebbe la sintonia fra me e lei (ma lo stesso nei miei compagni di viaggio). Naturalmente fu tutto organizzato, il viaggio voleva rievocare l’antica tradizione dello scambio di vino e sale fra Friuli e Austria, con altri cavalieri austriaci che scendevano da Salzburg (città del sale). Döllach doveva essere il punto di incontro con il loro gruppo. E mentre noi percorrevamo i prati, le colline e i monti, un auto che rimorchiava un trasporto per cavalli, riempito di tutto, dai ferri alle selle di riserva, ci aspettava ad ogni tappa.

 

Il percorso
Il percorso

 

Partimmo dal centro di Udine e le prime tappe non furono difficoltose, salvo quando abbiamo guadato il Tagliamento. L’acqua arrivava sopra la pancia dei cavalli, per cui bastava alzare le gambe per non bagnarsi. Ma poi, arrivati sul lato opposto, il nostro capoguida ci gridò di scendere o buttarci a terra. Infatti tutti i cavalli cominciarono a rotolarsi sulla sabbia in riva al fiume per asciugarsi. Uno spettacolo.

Dopo la tappa forzata per risistemare tutto (si erano rotolati con le selle e con noi sopra se non ci fossimo letteralmente “tuffati”) proseguimmo il tragitto sulle Alpi Carniche. Il programma iniziale del percorso era di attraversare il confine attraverso il Passo di Monte Croce Carnico, ma perdemmo la strada, ritrovandoci a seguire un sentiero in piena montagna. E qui ci fu il disastro. Eravamo tutti in colonna su uno stretto sentiero che attraversava un vallone tramite un ponticello di ferro. Il primo cavallo si spaventò dal rumore dei ferri degli zoccoli contro la piattaforma metallica, il secondo si spaventò dal primo ed entrambi crollarono nel dirupo.

 

Lungo le sponde del Tagliamento
Lungo le sponde del Tagliamento

 

Dietro, anche se eravamo oltre una curva del monte e non si capiva ciò che succedeva davanti, un’altro cavallo si innervosì, perse l’equilibrio e scivolò lungo la scarpata senza riportare (fortunatamente) alcun danno, solo paura (per far capire quanto siano sensibili i cavalli). [Edit] In quei tratti non si sta in groppa, eravamo tutti a piedi con il cavallo tenuto stretto alla briglia.

Restava il problema dei due cavalli caduti nel dirupo, per i quali chiamammo il soccorso alpino che attrezzatissimi, li legarono con delle fasce e li riportarono sul sentiero con un argano, entrambi salvi. Poveretti erano molto acciaccati ed altrettanto scossi, per cui li lasciammo in un maneggio poco distante per riprendersi (si ripresero e tornarono a casa guariti, nonostante la brutta avventura). Poi tutti facemmo marcia indietro e fu lì che vidi i cavalli voltarsi su un sentiero di 50 cm come le capre.

Dopo aver lasciato i due infortunati in mani sicure, proseguimmo il viaggio. Ormai la strada era stata persa, ci trovavamo sulle Alpi con pochi riferimenti (non esisteva ancora il GPS, solo la bussola). Ma avevamo una carta, per cui, piuttosto che cercare la statale per il confine, ma soprattutto perché l’incidente ci aveva ritardato (una mattinata intera per recuperare le due povere bestiole) abbiamo optato per la via diretta seguendo la bussola verso nord, ovvero arrivare in quota e scendere dall’altro lato. Così salimmo ad oltre 2.000 metri (con un grande spettacolo) finché sbattemmo contro una recinzione con filo spinato. Era lì dalla prima o seconda guerra, non so, probabilmente la prima, ma mai tolta come linea di confine (penso esista ancora, salvo il “buco…”)

Nello zaino il nostro capoguida (che era il proprietario del maneggio e dei cavalli) s’era portato un tronchesino, con il quale tagliò la rete. (Nel gruppo c’era anche una ragazza poliziotta della questura di Trieste, che si scandalizzò non poco). Così passammo il confine (commettendo un bel po’ di reati, dal danneggiamento di una proprietà statale, all’importazione clandestina di animali). Compreso l’ingresso in uno Stato da clandestini, dato che l’Austria non faceva ancora parte dell’UE.

 

Castello dépendance della locanda Schkiosswirt
Castello dépendance della locanda Schkiosswirt

 

Dall’alto si vedeva un villaggio a valle: era Mauthen, un paesello di 2.000 anime, già prevista come tappa. Trovammo una pista che scendeva, con la meta che sembrava raggiungibile in poco tempo, senza renderci conto quanto le distanze in montagna vengano sfalsate. Trascorsero ore e ore di discesa (lungo la serpentina che si vede sulla carta) prima che la raggiungessimo alle nove di sera. C’era stato insegnato che vengono prima i cavalli, poi le persone, per cui, dopo la faticosa discesa, li accudimmo (mangiare bere e pulizia) prima di pensare a noi. Cenammo per poi scoprire che nel paesello c’era una piccola discoteca. Cose che si fanno da giovani: dopo più di 12 ore in sella, invademmo la discoteca senza cambiarci, né lavarci, diffondendo dappertutto l’odore di stalla dei cavalli.

Al mattino ripartimmo di buon’ora (sempre nostalgico del fisico che avevo in quegli anni) verso Döllach (mancavano ancora due tappe) la nostra meta. Probabilmente l’iniziativa fu molto pubblicizzata e accolta in Carinzia, perché in ogni villaggio ci inseguivano offrendoci boccali di birra, tanto da ubriacarci. Costeggiammo un sentiero lungo la Drava con le dolomiti di Lienz che ci facevano da contorno. Posti meravigliosi, com’è splendida la natura in Austria.

 

L'incontro a Döllach
L’incontro a Döllach

 

Sette tappe, sette giorni fra passo, trotto e galoppo, circa 200 km per poi finalmente arrivare a Döllach incontrando gli altri cavallieri austriaci scesi da Salzburg. A differenza nostra, loro scesero a piedi, in abiti tradizionali, con le borse attaccate ai cavalli al seguito.

Secondo il programma saremmo stati alloggiati per qualche giorno a Dollach, per poi tornare in macchina, mentre i cavalli tornavano con un camion (anche se io sarei rientrato volentieri a casa con Fulvia). Döllach non offriva nulla, è solo un piccolo centro termale, per cui, con pochi compagni, sellato i cavalli (all’insaputa del capo guida) e galoppando verso nord, abbiamo raggiunto il Großglockner, al confine fra Carinzia e Tirolo, dove si trova il più grande ghiacciaio delle Alpi Orientali. (L’euforia era tale che avremmo anche potuto arrivare a Salisburgo).

Fummo seguiti da un giornalista (a piedi, con l’attrezzatura fotografica a tracolla) lungo tutto il percorso, che collaborava con una rivista di viaggi (attualmente non più in commercio). Le fotografie sono tutte sue. Non sempre ci stava dietro, difficile nei tratti che percorrevavamo al galoppo, spesso approffittava della macchina di supporto, comunque s’è fatto un gran c. fatica per starci dietro.

Ma soprattutto la sintonia con Fulvia: otto giorni assieme (ci aggiungo anche la cavalcata verso il Großglockner) ci hanno legati reciprocamente, particolarmente negli attimi di difficoltà con una fiducia reciproca.

Fulvia
Fulvia

 

Ma oltre a questa gioiosa settimana, che fu pianificata, ci furono molti week end dove facemmo escursioni, sempre molto rustiche, allo sbaraglio sulle Alpi orientali, con vari inconvenienti. Ma avevamo appreso a cavalcare senza sella, per cui non ci spaventava nulla. Poi successivamente conobbi i focosi cavalli arabi, in Algeria e in Tunisia. (Dicono che siano talmente “generosi” da galoppare finché non gli scoppia il cuore). Abituato ai pacifici ed equilibrati cavalli nostrani, mi ha impressionato vedere un cavallo arabo inseguire una persona per morderla.