Come nasce una leggenda

Tutti più o meno sappiamo che ogni epoca reinterpreta il passato per dimostrare qualcosa a sé stessa.
Accade sia per grandi avvenimenti storici che per fenomeni di costume, e si creano suggestioni diffuse che ammantano di un certo sapore un’ epoca passata,e hanno come refrain sottinteso che quell’epoca era migliore o peggiore di quella in cui si vive.
Non è un fenomeno moderno, ma sempre accaduto e documentato; per fare un esempio famoso, i romani si erano inventati un ‘Antico Egitto’ tutto sapienze recondite e meravigliose, e pieno di maghi ‘magicissimi’ ma anche di abitudini truculente o macabre o grottesche; e altrettanto avevano fatto per gli etruschi.
Quella che voglio raccontare adesso è la curiosa vicenda delle ‘Frozen Charlotte’.
Cosa sono?
In realtà nulla, e dopo vedremo perché, ma prima vediamo gli ingredienti di questa ‘ricettina storica’.

1) Esisteva sin dalla fine del ‘700 una bambola di porcellana o ceramica, senza snodi per gambe e braccia, quasi sempre piccolissima, cioè con dimensioni dai due centimetri ai dieci o quindici, completamente bianca,nuda e con il viso dipinto a sommariamente caratterizzare i tratti.
Nel corso dell’800 veniva prodotta in serie,se ne vendevano continuamente ovunque, anche se la produzione originaria era tedesca.
Avevano uno straordinario successo anche perché erano usate come giocattolo per il bagnetto dei bambini, in quanto galleggiavano, ed erano nude; ma servivano anche alle bambine per imparare a cucire, ed esse con gli scarti di tessuto delle mamme e nonne ( si cucivano gli abiti in casa, allora), si ingegnavano a fare loro i vestitini
Il loro nome in inglese era Penny Dolls, per il loro costo irrisorio, o BadenKinder in tedesco, per la funzione che assumevano spesso.
L’uso e la vendita era diffuso anche negli Stati Uniti.
Nude o a volte vestite, e nacque anche la versione maschile.

2) Nel 1840 circa i giornali americani fecero a gara per raccontare la tragica e forse falsa vicenda di una giovane fanciulla che volle andare ad un ballo di Capodanno senza vestirsi,sulla slitta scoperta del fidanzato, per mostrare la sua mise elegante, ma arrivò al ballo congelata e morta.
Sulla prima pagina del New York Observer dell’8 febbraio 1840, sotto il titolo “Religious”, apparve un lungo e macabro aneddoto.
Descriveva eventi che si dicevano accaduti nello stato di New York appena un mese prima, nel “freddo pungente” di Capodanno.
Una giovane coppia si era fatta strada attraverso la campagna viaggiando in una slitta aperta, diretta a un ballo di Capodanno a circa 20 miglia di distanza. La donna diretta al ballo

era allegra e nel fiore degli anni, e il fascino della sua giovinezza e della sua bellezza non erano mai stati così splendenti come il giorno in cui si era preparata per quel ballo di Capodanno. Naturalmente era vestita troppo poco per quella stagione, e soprattutto per quella sera terribile, e non era passato molto tempo prima che cominciasse a lamentarsi di avere freddo, molto freddo; ma la loro fretta di giungere in orario alla meta per essere presenti all’apertura delle danze li indusse ad affrettarsi senza fermarsi per strada. Non molto tempo dopo queste lamentele, la giovane disse che si sentiva perfettamente a suo agio, che in quel momento aveva abbastanza caldo e che non c’era bisogno di indugiare per lei. Raggiunsero finalmente la casa dove stavano arrivando gli invitati; il giovane balzò dalla slitta e tese la mano alla compagna per aiutarla, ma lei non rispose; era morta – stecchita – congelata: un cadavere sulla strada per il ballo.

Ne nacque un tam tam causa il quale la notizia o l’aneddoto vennero pubblicate in molti giornali americani e anche in Europa, sempre però con uno scarso contesto e senza definire nessun nome.
Nel corso degli anni successivi la vicenda attirò l’attenzione anche di letterati e intellettuali, ne nacque un poema,attribuito a “Mrs. Seba Smith” (Elizabeth Oakes Smith, nata Prince), scrittrice americana e prima femminista, e anche una canzone popolare che fu famosissima e molto cantata e diffusa, e la fanciulla morta assunse anche un nome,’Charlotte’.

Molto spesso il punto interessante era la punizione della giovane che aveva voluto non ascoltare i genitori, o era così vanitosa da morire per mostrare la sua bellezza, e questo racconto si faceva ai bambini e fanciulle quindi, appunto per metterli in guardia dal non proteggersi dal freddo, o essere vanitosi.

3) Nel ‘900 , nel contesto del secondo dopoguerra, tutta l’epoca ‘vittoriana’ divenne il luogo di romantiche ma anacronistiche immagini e manie, e molte accademie ed università esplorarono l’immaginario letterario e di costume di quell’epoca; ricordiamo gli studi su Poe, e tutta la produzione cinematografica ai racconti di Poe collegata.
Progressivamente quindi quasi ogni vivente nel ventesimo secolo nell’epoca della ‘corsa allo spazio’ e della rivoluzione sessuale, finì ad immaginarsi un ‘vittoriano’ come qualcuno che adorava il mortifero, senza alcun senso dell’umorismo, bacchettone e ‘gotico’.
A parte il senso dell’humour, che non hanno poi mai così tante persone…era anche vero.
Basti ricordare le fotografie di morti atteggiate come se fossero vivi, il culto delle reliquie di capelli dei cari defunti (con cui si facevano anche collane e monili), la diffusa passione per lo spiritismo…e persino l’esistenza di vibratori non considerati oggetti sessuali perché non si conosceva la sessualità femminile, e certe stimolazioni ‘anti isteria’ non potevano, per statuto, produrre orgasmi 🙂



Ma non era poi così assente anche il sense of humour macabro; c’erano le microbambole, ma c’erano anche le piccole bare ‘da scrivania’
Sembra che servissero da monito per chi stava seduto di fronte al proprietario, e spesso c’era su scritto ‘mi hai convinto a morte’.
Spesso erano parte del corredo di chi voleva canzonare le arringhe degli avvocati, o le prolusioni degli accademici paludati.

4) Negli anni ’50 e ’60 del ventesimo secolo, specie nel mondo anglosassone, si sviluppa anche una vera frenesia del collezionismo di anticaglie ottocentesche; le bambole tra gli oggetti da collezionare sono sempre gettonatissime, e il mercato delle bambole vintage era fiorente.

Accadde che, alcuni collezionisti, con la suggestione della nota ballata, di fronte all’aspetto bianco e rigido delle bamboline, e forse richiamando un collegamento fatto anche all’epoca ( ma di documentazione non ce n’è o non c’è più), cominciassero a chiamarle ‘Frozen Charlotte’, e apparvero nei cataloghi di bambole da collezione anche inserite in queste piccole bare.
Ecco nata ‘la bambola morta nella bara’.



Era troppo appetibile come argomento, per non diventare ‘un fatto’, e perché non avvenisse che narrazioni sulle curiosità dell’era vittoriana non citassero tali bambole come inserite nei normali regali che si facevano ai bambini, poverelli, educati quindi al culto della morte sin da piccoli!

Di queste bambole nella bara però non v’è menzione in nessun documento…ma sono quisquilie, no?
Non è detto non vi fossero, e forse mai lo sapremo, ma quel che sappiamo è che sicuro qualcuno le ha inventate, non si sa però se nel ventesimo secolo, o nel diciannovesimo.

P.S.: Questa bamboline venivano invece spesso messe nel Pudding di Natale o in torte per le festività o le cerimonie, come beneauguranti.

Raccontato questo…il catalogo delle passioni macabre vittoriane è ben lungi dall’essere breve anche se magari dobbiamo espungere le ‘Frozen Dolls’.

E a proposito; presente ‘Frozen’ di Disney? 🙂