Congo 10 – Simba

La secessione katanghese fu proclamata l’11 luglio 1960 e terminò il 14 gennaio 1963. Dopo l’assassinio di Lumumba, la comunità internazionale cambiò atteggiamento nei confronti di Tshombe e del nuovo Stato, manifestando tutto il suo disprezzo. Se il blocco comunista espresse repulsione, l’ONU decise di mostrare maggior fermezza e nessuno Stato riconobbe ufficialmente il Katanga, neppure Belgio e Stati Uniti.

Eppure Tshombe rimase al potere a lungo grazie all’apporto dei coloni belgi. L’Union Miniére lo finanziò versando le imposte non più a Léopoldville, ma al suo governo e i belgi fecero parte dell’infrastruttura militare, amministrativa ed economica. Ogni ministro katanghese fu affiancato da un consigliere belga. Gli stessi belgi scrissero la costituzione del Katanga, gestirono la Sicurezza nazionale e la banca centrale.

La Gendarmerie katangaise fu supportata da un gruppo di mercenari (chiamati les affreux, gli orribili) avventurieri provenienti dalla Rhodesia, dal Sudafrica, dall’Inghilterra, ex combattenti della Legione straniera. Gente rude, fanatici di destra, bestioni che si ubriacavano. Combattevano per i soldi, l’avventura, assieme a qualche vago ideale di white supremacy e vennero reclutati direttamente dagli ufficiali belgi. Costituirono la parte più temibile delle forze armate katanghesi. Il primo periodo affrontarono le Nazioni Unite esitanti a dare più forza al mandato, il malandato esercito congolese (impegnato anche contro il governo Gizenga a est) e i baluba armati di frecce avvelenate e machete, ma dopo l’uccisione di Lumumba l’ONU rispose con più fermezza.

 

Aerei delle Nazioni Unite nella base di Kamina, gennaio 1963.

 

Prima ricorse alla via diplomatica con diversi incontri, dove puntò ad un Congo federale o confederato, ma nonostante il Belgio fosse d’accordo, i consiglieri belgi katanghesi boicottarono ogni proposta. Quando finalmente si fu prossimi a un accordo nella conferenza di Léopoldville, all’ultimo Tshombe si ritirò e le Nazioni Unite decisero di usare la forza.

Dall’agosto all’ottobre 1961, i caschi blu marocchini lanciarono pesanti offensive. I mercenari ripiegarono in Rhodesia e da lì ripresero i combattimenti. L’intervento fu drammatico: vennero colpite ambulanze, bombardati ospedali e uccisi molti civili. Trentamila baluba fuggirono per paura di rappresaglie da parte di Tshombe e vennero ricoverati nel primo campo profughi eretto in Congo.

Il Segretario Generale dell’ONU Dag Hammarskjöld, intenzionato a metter fine allo Stato neocoloniale del Katanga, decise di intensificare l’opera di mediazione, così il 18 settembre 1961 volò verso Ndola, in Rhodesia, per incontrare Tshombe, ma l’aereo precipitò senza superstiti in circostanze misteriose. Anni dopo, diverse commissioni d’inchiesta sostennero la tesi che l’aereo fu abbattuto.

 

Il campo profughi dei baluba a Jadotville – 1961

 

Da ricordare i tredici aviatori italiani della 46a Aerobrigata di Pisa, facente parte del contingente ONU, che scambiati per mercenari al servizio del Katanga, vennero barbaramente uccisi a Kindu l’11 novembre 1961.

Sembrava un conflitto senza fine, tuttavia fra dicembre 1961 e gennaio 1962, Mobutu riuscì a riconquistare il Kasai secessionista e rovesciare Gizenga nell’est. Il Nuovo Segretario delle Nazioni Unite U Thant cercò per tutto il 1962 una soluzione diplomatica, ma alla fine Kennedy perse la pazienza e con l’Operation Grand Slam, concesse un notevole supporto all’ONU e nel giro di due settimane il Katanga fu riannesso. La Gendarmerie katangaise e i mercenari fuggirono in Angola, colonia di Salazar, mentre Tshombe si rifugiò nella Spagna di Franco. I belgi rimasti continuarono a nutrire una forte ostilità nei confronti di Kennedy e degli americani, tanto che alcuni festeggiarono il suo assassinio.

 

Joseph Mobutu con il Presidente John F. Kennedy durante una visita alla Casa Bianca nel 1963

 

All’inizio del terzo atto della Prima Repubblica fu Kasavubu a uscirne vincitore con Lumumba morto, Tshombe esiliato mentre Mobutu aveva fallito nella liberazione del Katanga. Per la prima volta governò sull’intero Paese, ristabilì le relazioni con il Belgio, rafforzando quelle americane. Si impegnò a scrivere la nuova Costituzione per sostituire la provvisoria Loi Fondamentale, successivamente sottoposta a un referendum. Il nuovo Congo venne reso uno Stato decentralizzato, le Province ottennero più autonomia e dalle sei coloniali diventarono ventuno. Inoltre furono assegnati più poteri al capo di Stato. Kasavubu poteva ritenersi in una botte di ferro: il Paese composto da piccoli blocchi, il Katanga frantumato in tre Province mentre lui deteneva un potere più fermo che mai. Divide e impera.

Ma nuove nubi scure gli si stavano profilando all’orizzonte. Il 19 novembre 1963 vennero arrestati due diplomatici russi in possesso di documenti compromettenti. Arrivavano da Brazzaville, che era diventata rifugio dei lumumbisti, dove avevano avuto contatti con l’ex ministro dell’Interno del governo Lumumba, Christofe Gbenye. I documenti facevano riferimento a un movimento rivoluzionario, il Comité National de Libération con a capo lo stesso Gbeyne, dove il Comité chiedeva sostegno all’URSS per l’addestramento di giovani, sollecitando l’invio di stazioni radio, registratori compatti, macchine fotografiche di piccole dimensioni con altri apparecchi per lo spionaggio. Era finita la serenità di Kasavubu.

Altre turbe gli arrivarono da Pierre Mulele, ex ministro dell’Istruzione e delle Belle Arti nel governo Lumumba e compagno di Gizenga, che pur non facendo parte dei cospiratori di Brazzaville, era sulla stessa lunghezza d’onda. Mulele, nel caos iniziale, fuggì in Cina, dove apprese l’ideologia della rivolta contadina di Mao, esercitandosi nelle tecniche di guerriglia. Rientrato clandestinamente, cominciò dalla sua Provincia natale ad aizzare i contadini contro i nuovi governanti congolesi, preoccupati più per i loro giochetti di potere e di arricchirsi, che di servire il popolo. I contadini annuivano borbottando, in effetti non è che avessero visto cambiamenti dopo l’indipendenza, chiedendo una nuova “dipenda“.

 

Guerrieri Simba

 

Mulele con idealismo e disinteresse, diede il via alla prima rivolta contadina in Africa. Insegnò le idee rivoluzionarie nei villaggi e nelle capanne con principi ispirati agli scritti di Mao. I combattenti della rivoluzione dovevano rispettare tutti, anche i prigionieri di guerra. Era proibito rubare e pregare. Ciò che veniva distrutto doveva essere risarcito e dovevano rispettare le donne. Nella sua rivoluzione anche le donne ricevevano una formazione. Non volendo dipendere da potenze straniere, c’erano poche armi e si combatté con vecchi fucili, frecce avvelenate e coltelli. Ma nonostante le regole di condotta, furono bruciate scuole, saccheggiate stazioni missionarie e perpetuati massacri con centinaia di morti. La rivolta muleista fu breve, da gennaio a maggio 1964 e non si espanse oltre la sua Provincia, ma ebbe grande valenza simbolica: il pensiero di Lumumba era ancora vivo e minacciava Kasavubu.

Allo stesso tempo il Comité de Libération di Gbeyne programmò incursioni da est, dopo aver ricevuto in Burundi un addestramento alla guerriglia da specialisti cinesi. Anche l’URSS fornì il suo aiuto. Nel Kivu del Sud i guerrieri erano guidati da un certo Gaston Soumialot, mentre nel Katanga del Nord da un giovane Laurent-Désiré Kabila. Erano adolescenti, a volte anche bambini, che si fecero chiamare Simba, leoni. Ogni guerriero veniva iniziato al combattimento da una fattucchiera con riti e talismani, e cosparsi di sostanze per immunizzarli dal nemico. Il sesso era proibito, farsi prendere dal panico era proibito, guardare dietro o nascondersi era proibito. Dovevano gettarsi contro il nemico urlando: Simba, simba! Mulele mai! Mulele mai! Lumumba mai! Lumumba oyé! (Leone, leone, acqua di Mulele, acqua di Lumumba, viva Lumumba). Con queste parole i proiettili si sarebbero trasformati in acqua.

Armati di lance, randelli e machete, convinti di essere invincibili, affrontarono l’esercito di Mobutu che possedeva anche mitragliatrici. Il paradosso fu che non solo i Simba credevano nel loro potere magico, ma anche i soldati dell’esercito avevano una gran paura di quei pazzi isterici e drogati, che gli andavano incontro urlando con gli occhi sgranati, così gran parte delle volte scapparono.

 

La zona conquistata dai Simba e la rivolta contadina di Mulele
La zona conquistata dai Simba e la rivolta contadina di Mulele

 

Nel maggio 1964 i Simba presero due importanti città sulla sponda congolese del Tanganica, conquistarono l’est del Congo, svuotando negozi e sequestrando automobili. Si armarono raccogliendo i fucili che l’esercito regolare abbandonava in preda al panico e si diressero verso Stanleyville penetrando nella foresta, una marcia di diverse settimane.

Attraversando villaggi e cittadine, altri giovani adolescenti si unirono a loro. Tutti odiavano l’indipendenza perché, a causa dei pasticci dei governanti, diverse migliaia di ragazzi a est non poterono più studiare in quanto gli insegnanti non venivano più pagati. Inoltre l’insegnamento secondario, unico mezzo per migliorare la propria posizione sociale, non esisteva più. La parola revolution portò in loro più promesse della parola indépendance. Grandi sconfitti dall’indipendenza, avendo una causa, divennero terribili macchine di morte.

All’inizio agosto 1964 conquistarono Stanleyville, il baluardo di Lumumba e Gizenga, cercando coloro che avevano sperperato l’indipendenza: évolué, intellettuali e ricchi. Davanti al memoriale di Lumumba vennero trucidate circa 2.500 persone e diedero prova di efferata crudeltà. Erano antiamericani, antibelgi, anticattolici e odiavano i bianchi. Il 5 settembre 1964, con quasi metà del Paese nelle loro mani, i ribelli annunciarono la formazione di un nuovo Stato: la République Populaire du Congo. Le diverse milizie si fusero formando L’Armée Populaire de la Libération e Christophe Gbenye ne divenne presidente con Gaston Soumialot ministro della Difesa.

 

Il memoriale a Lumumba di Stanleyville, composto da una fotografia a grandezza naturale dentro una teca vetrata, 1964
Le rovine del memoriale di Lumumba a Stanleyville nel 1965, saccheggiato prima dall’esercito di Mobutu, poi dalla Gendarmerie katangaise e infine fatto saltare con la dinamite dai soldati belgi.

 

Fu un vero affronto per Kasavubu e un’umiliazione per Mobutu che vedeva le sue truppe squagliarsela. Cercò di riformare l’esercito ottenendo anche l’aiuto di piloti da combattimento cubani, fuggiti dal regime di Castro, ma non riuscì a modificare gli eventi. Così proposero a Tshombe di tornare, l’unico che poteva mobilitare la Gendarmerie katangaise e i mercenari, facendoli rientrare dall’Angola. Ma anche perché se si fosse schierato con i ribelli, Léopoldville sarebbe stata persa.

E con un grande voltafaccia, Tshombe si mise al servizio dei vecchi nemici formando una troika: Kasavubu Presidente, Mobutu capo delle forze armate e Tshombe Primo ministro. Oltre ai mercenari e i katanghesi, Tshombe aveva un’altra carta da giocare contro il pericolo rosso: l’esercito americano. Gli Stati Uniti misero a disposizione tredici aerei da combattimento T-28, cinque bombardieri B-26, tre aerei da trasporto C-46 e due piccoli bimotore. Residuati della II guerra, ma in grado di combattere ragazzini male armati. I mercenari, i katanghesi, i belgi e l’esercito congolese attaccarono da terra, mentre gli americani dal cielo, facendo perdere posizioni ai Simba.

 

Paracadutisti belgi sulla pista dell'aeroporto di Stanleyville.
Paracadutisti belgi sulla pista dell’aeroporto di Stanleyville.

 

La reazione fu furiosa, i Simba catturarono centinaia di europei tenendoli in ostaggio al Victoria Hotel di Stanleyville minacciando di sterminarli tutti. Fu l’inizio di una massiccia operazione congiunta belga-americana con un’offensiva terrestre chiamata operazione Ommegang e una aerea denominata Dragon Rouge. Il 24 novembre 1964, trecentoquarantatre paracommando belgi atterrarono a Stanleyville occupando l’aeroporto, mentre gli aerei bombardarono la città. Liberarono ed evacuarono duemila europei, un centinaio morì nell’operazione. Come rappresaglia nei giorni seguenti i Simba uccisero 90 religiosi nell’entroterra, non fu mai stabilito il numero dei morti congolesi.

Ma la guerra civile proseguì, anche se Léopoldville guadagnava terreno. Nel momento di maggior debolezza, i ribelli ricevettero un aiuto inaspettato: nell’aprile del 1965 sulle rive del lago Tanganica, portandosi dietro un centinaio di uomini ben addestrati, arrivò Che Guevara. Ma ben presto si accorse che non c’era spirito rivoluzionario in quei ragazzi. Danzavano e cantavano negli accampamenti, non c’era disciplina e non volevano saperne, non volevano scavare trincee, non erano interessati a imparare a sparare, lo stesso Kabila se ne restò tutto il tempo in Tanzania, facendo nascere molti dubbi nel Che sulle sue qualità e dopo sette mesi se ne andò.

 

Ernesto Che Guevara in Congo

 

Tshombe trionfò, la ribellione venne domata con l’aiuto dei suoi mercenari e dei suoi gendarmi. Oltre alla vittoria militare, registrò una grossa vittoria diplomatica. A Bruxelles iniziò i negoziati per il pacchetto azionario di cui i belgi s’erano appropriati poco prima dell’indipendenza, convincendoli che spettava allo Stato congolese, riportandolo a casa. Nel 1965 diventò il politico più popolare del Congo.

In quell’anno si tennero le elezioni legislative e Tshombe le vinse in modo schiacciante, aggiudicandosi 122 seggi su 137, preoccupando non poco Kasavubu. Capendo che rappresentava un pericolo, ripeté la mossa fatta con Lumumba e il 13 ottobre lo destituì proponendo al parlamento un suo lacché. Tutto era ritornato al punto di partenza. Così il 24 novembre 1965 (una data che i congolesi ricordano bene) Mobutu convocò i vertici delle forze armate. Visto che Kasavubu aveva ripetuto le manovre di cinque anni prima, lui avrebbe ripetuto il colpo di stato, non per cinque mesi, ma per cinque anni (che diventarono trentadue). Tre ore dopo la radio diffuse la notizia e per tutta la giornata trasmise musiche militari. La Prima Repubblica finì senza sparare un colpo.

Durante la Prima Repubblica la vita dei congolesi peggiorò. L’inflazione salì alle stelle: nel 1960 un chilo di riso costava nove franchi, nel 1965 novanta. Con la disoccupazione aumentata, chi lavorava doveva mantenere anche i parenti e molti avevano fame. Crollò il potere d’acquisto e l’istruzione calò bruscamente. Tornarono malattie che si pensava sotto controllo come la tbc e la malattia del sonno, mietendo numerose vittime.

 

Fonti:

Congo” di David Van Reybrouck – Feltrinelli Editore

Storia del Congo” di Fortunato Taddei

Eccidio di Kindu” di Paolo Farina – Rivista Aeronautica