Congo 17 – Terza Repubblica

Uno Stato debole come il Congo diventò una calamita per nuovi attori internazionali. Se durante la guerra fredda Francia, Belgio e Stati Uniti avevano contribuito a determinarne la sorte, ora si trattava di partner privati esterni, come grandi aziende, chiese, ma anche ONG. Sin dalla guerra le ONG avevano gestito grandi aree del Paese, adossandosi compiti che sarebbero spettati allo Stato. La ragione per cui il budget del presidente era otto volte quello dell’assistenza sanitaria, stava nel fatto che tanto alla salute ci avrebbero pensato le opere caritatevoli internazionali, con soldi stranieri. Lo stesso valeva per l’agricoltura e l’istruzione, settori prediletti dai donatori internazionali. Un aiuto impressionante, ma non senza conseguenze.

A causa della corruzione endemica, molte ONG preferirono gestirsi lontano dal governo e lavorare esclusivamente con partner locali. Ciò non permise di ristabilire un rapporto di fiducia fra amministrazione centrale e popolazione. Inoltre l’afflusso di denaro straniero, cominciò a creare una dipendenza dagli aiuti e gli stessi congolesi cominciarono a dubitare della loro autonomia. A Goma, che aveva visto ogni tipo di atrocità e violenze, nel 2008 c’erano decine di ONG solo per i diritti delle donne, delle quali molte fasulle che si arricchivano con soldi stranieri. I soldi delle donazioni passavano attraverso le Nazioni Unite, che si tratteneva una percentuale. Il fondo alimentare dell’ONU e l’UNICEF avevano budget enormi, ma il 60% se ne andava nella logistica fra locali lussuosi, alloggi, misure di sicurezza, indennità di rischio per i funzionari e pubbliche relazioni.

 

Trasporto di fusti vuoti per l’olio di palma a Kinshasa

 

Ancor prima che la guerra finisse, ripartì l’industria. La Bralima, diventata proprietà dell’Heineken, che produceva la birra Primus, già nel 2002 installò due catene di imballaggio ultramoderne a Kinshasa, con l’intenzione di conquistare il mercato. La Vodacom, operatore di telefonia sudafricano, aveva iniziato a posare i cavi a Bunia in piena guerra. Quando sparavano i lavoratori si nascondevano, per poi riprendere a scavare. In un Paese dove le infrastrutture telefoniche erano rotte da decenni, la domanda di cellulari stava incrementando. La stessa MONUC chiedeva migliaia di abbonamenti, ma anche i congolesi cominciarono a sognare un telefonino. La telefonia mobile è stata per l’Africa quello che fu la stampa per l’Europa, una rivoluzione che ha ridefinito la struttura della società.

La musica pop in Congo ha sempre avuto notevole importanza. Infatti ogni generazione ha conosciuto una rivalità: Franco e Kabasele negli anni cinquanta, Franco e Tabu Ley negli anni sessanta, Papa Wemba e Koffi Olomide negli ottanta. Ogni rivalità aveva i suoi fan che si dividevano fra le due marche di birra prodotte da Bracongo e Bralima, assumendo anche un forte valore politico. D’altronde negli anni cinquanta i sostenitori di Lumumba bevevano solo la Polar della Bracongo, mentre quelli di Kasavubu la Primus.

 

Werrason

 

Anche il legame fra musica e potere è sempre stato molto sottile, Kabasele era a Bruxelles con i capipartito quando aveva composto Indépendence cha cha, Franco fu coinvolto nella politica d’authenticité di Mobutu e Papa Wemba cantò le lodi al lancio della nuova moneta di Kabila. Alla fine degli anni novanta la contesa divenne più aspra tra J.B. Mpiana e Werrason. Inizialmente i due avevano una band chiamata Wenge Musica e assieme lanciarono il ndombolo, una danza che divenne subito popolare in Africa. Quando Kabila prese Kinshasa si ballò il ndombolo. Nel 1997 si divisero ed entrambi riempirono le sale da concerto allo Zenith e all’Olympia di Parigi, portando la rivalità anche in Europa, dove sorgevano quartieri pieni di congolesi a Parigi, Bruxelles e Londra. Per sfuggire alla miseria, erano emigrati a decine di migliaia.

Werrason all’epoca era sponsorizzato dalla Bracongo, che deteneva il 70% del mercato. Poi nel 2005 la Heineken gli fece una proposta milionaria e lui cambiò bandiera, passando alla Bralima. Ci furono speculazioni a non finire su quel contratto, perché la musica in Congo è come il calcio in Italia. Nel frattempo la popolarità di Werrason crebbe, fino a farlo diventare il cantante pop più popolare in tutta l’Africa. Allo stesso tempo anche la quota di mercato della Bralima incrementò raggiungendo il 70%, mentre la Bracongo, dovendosi accontentare di Mpiana, scese al 30%.

Con la Bralima Werrason guadagnò cifre enormi, perché le aziende avevano budgets superiori ad un ministero e raggiungevano più cittadini delle autorità. Così Kinshasa si ricoprì di cartelloni pubblicitari della Nestlé, Coca Cola, DHL, Vodacom e le televisioni trasmettevano più pubblicità che programmi. Nonostante l’estrema povertà, il Congo offriva ampi guadagni nel commercio di piccoli articoli, come schede telefoniche, bevande o latte in polvere.

La radio restò il mezzo di trasmissione più seguito nel Paese, mentre nelle città la televisione era onnipresente. Nel 2002 cominciò a trasmettere Radio Okapi, un’emittente voluta dalla MONUC, viste le pietose condizioni della radio nazionale. Con redazioni in dieci città, aveva portata nazionale e ingaggiava i migliori giornalisti stranieri e locali del settore. Kinshasa fu invasa da canali televisivi, ogni politico, uomo d’affari, pastore di un certo livello ne possedeva uno, ma più della metà era in mano a chiese pentecostali con una kimbanguista. Le chiese evangeliche avevano iniziato a diffondersi all’era di Mobutu, invitate dagli USA per contrastare la Chiesa Cattolica e in breve si formò un clero locale. Negli anni della transizione ci fu un vero boom: nel 2005 a Kinshasa c’erano circa tremila Églises de Réveil.

Le tanto attese elezioni libere si dovevano svolgere nel 2006, dopo 41 anni. In un clima dove aziende e chiese si erano impadronite degli spazi pubblici, la popolazione era composta più da consumatori e bigotti, che cittadini svegli e informati. C’erano 37 candidati, fra cui Gizenga, il vicepresidente Ruberwa e Nzanga Mobutu, figlio del dittatore, mentre Tshisekedi, lo storico capo dell’opposizione, si escluse. Ma i due favoriti, Kabila e il vicepresidente Bemba, l’ex comandante delle milizie che avevano commesso atti di cannibalismo, litigavano come le stelle del pop e si disputarono la contesa a colpi di congolité. Bemba accusava Kabila di essere ruandese, lui che era per un quarto europeo.

Sin dagli anni novanta, tra i musicisti s’era diffusa la pratica di inserire a pagamento dei nomi nelle canzoni. Erano soprattutto i politici che pagavano per una menzione. Si arrivò all’esagerazione con Werrason che in un testo ne aveva inseriti centodieci e Mpiana duecento. Werrason stava apertamente con Kabila, come Mpiana tifava Bemba, con tale faziosità che l’Haute Autorité des Médias (HAM) dovette intervenire, proibendo i media di trasmettere le loro canzoni no-stop tutto il giorno. Le chiese pentecostali stavano con Kabila e lo menzionavano nei sermoni. Musica, chiesa, politica e birra andavano di pari passo.

 

Jean-Pierre Bemba

 

Per l’organizzazione delle elezioni la Commission Électoral Indépendante (CEI) fece un grande lavoro. Il Congo non aveva più infrastrutture ed era impossibile attraversarlo in macchina, neppure fra i grandi centri. Si poteva viaggiare solo in aereo, elicottero o piroga. Inoltre non si conosceva il numero degli abitanti, nessuno aggiornava le nascite e nessuno aveva documenti. L’ultima forma di riconoscimento risaliva alla tessera di appartenenza al MPR di Mobutu. Ma un mese e mezzo prima delle elezioni, la CEI riuscì a registrare venticinque milioni di persone. L’Unione Europea formò una seconda forza di intervento, l’Eufor con 1.400 uomini, per vigilare sulla sicurezza a Kinshasa. Il sostegno finanziario dell’ONU e della UE fu di mezzo miliardo di dollari, gran parte europei. Le elezioni più costose organizzate dalla comunità internazionale. Cinquantamila seggi e quarantamila osservatori interni e internazionali per vigilare. I seggi furono trasportati da elicotteri, camion e motociclette. In alcuni luoghi remoti con piroghe e portatori. Si tramutava in realtà il desiderio della Conferenza Sovrana Nazionale e per il popolo divenne un momento magico.

Il 30 luglio 2006 sedici milioni di elettori si presentarono alle urne, non ci furono disordini e si svolsero con dignità. Per la presidenza ricevettero una grande scheda con 37 nomi, per il parlamento fu più complesso, c’erano diecimila candidati per cinquecento seggi, ripartiti fra più di duecento partiti. Una scheda di sei grandi fogli dove erano raffigurati i candidati in formato tessera, dato che un terzo del Paese non sapeva leggere. Per evitare brogli, lo spoglio fu fatto fin nel possibile in loco, ma non c’era la corrente e non tutti avevano i soldi per comperare candele. In diversi seggi la gente dormì vicino alle urne per assicurarsi che nulla andasse storto. Queste immagini, quasi commoventi, di scrutatori al lume di candela e persone che dormirono abbracciate alle urne, raffigurano che i veri vincitori delle elezioni furono i congolesi comuni. All’alba i primi risulati vennero comunicati telefonicamente, o tramite sms, al centro di calcolo. Nessun osservatore denunciò brogli e il 20 agosto furono enunciati i risultati. Kabila ottenne il 45%, Bemba il 20% e il vecchio Gizenga, senza aver fatto alcuna campagna, il 13%.

 

Secondo turno delle elezioni presidenziali 2006

 

Il risultato provocò disordini da parte dei sostenitori di Bemba, che accusarono la CEI di faziosità, mentre le truppe di Kabila aprirono il fuoco contro l’abitazione di Bemba, ma la pace tornò con l’intervento della MONUC e l’Eurofor. La frattura fra i voti coincideva pressapoco con la frontiera fra le zone di lingua lingala e quelle dello swahili, per cui si temette un conflitto macroetnico. Ma il 29 ottobre, al secondo turno, le elezioni furono tranquille. Kabila promise a Gizenga la carica di primo ministro e ottenne anche il sostegno di Mobutu jr. Vinse con il 58% dei voti e il 6 dicembre 2006 prestò giuramento come secondo presidente democraticamente eletto, dopo Kasavubu. Era nata la Terza Repubblica.

La fine della Seconda Repubblica era stata annunciata da Mobutu nel 1990, la transizione durò 16 anni. Sedici anni di fame, miseria, guerra e morte. Disperazione e mancanza di prospettive.

Fonti:

Congo” di David Van Reybrouck – Feltrinelli Editore

Storia del Congo” di Fortunato Taddei

“Wikipedia