Congo 2 – Stanley

Nel XIX secolo, a sud della foce del Congo, il portoghese restava ancora la lingua commerciale più parlata dai bianchi e dagli africani, nonostante l’Angola e lo stesso Portogallo non brillassero più come un tempo e nelle terre a valle del fiume sin dal XVII secolo gli inglesi si fossero sostituiti ai portoghesi, con insediamenti francesi e olandesi. Nessun europeo si inoltrava all’interno, ma attendeva sulla costa le carovane di mercanti africani che arrivavano con i loro carichi di avorio, olio di palma, arachidi, caffé, corteccia di baobab e schiavi. Nonostante la tratta cominciasse ad essere proibita un po’ dovunque in occidente, continuava clandestinamente. I bianchi pagavano le merci con stoffe, polvere da sparo, moschetti, oggetti in rame, e come moneta venivano usate perle o piccole conchiglie rare, essendo facilmente trasportabili, facili da contare e difficilmente falsificabili.

L’interno rimaneva un mondo chiuso che non conosceva ancora i bianchi, dove gli scambi commerciali avvenivano attraverso i villaggi, soprattutto fra pescatori rivieraschi e contadini che vivevano lontano dal fiume, ignari dei grandi sconvolgimenti che si stavano approntando più di mille chilometri a est e a nord: verso il 1850 la foresta dell’Africa Centrale cominciò ad interessare i mercanti arabi di Zanzibar, quelli della costa orientale africana e pure dall’Egitto. Il motivo era l’avorio, abbondante e di buona qualità nell’entroterra africano. Una riserva apparentemente inesauribile che divenne oggetto di uno sfruttamento sempre più intenso.

 

Le rotte dei mercanti arabi di schiavi
Le rotte dei mercanti arabi di schiavi

 

Nel nordest l’intero commercio finì poco a poco nelle mani di Al-Zubayr, un potente mercante che da una provincia dell’Egitto estese il suo potere dal nord del Congo al Darfur, formandone un impero. Ma fu l’insediamento del sultano dell’Oman a Zanzibar nel 1832, che contribuì a farla diventare un centro nevralgico per il traffico di schiavi e avorio verso la Cina, l’India e il Medio Oriente, a sconvolgere maggiormente la regione, man mano che i suoi mercanti si inoltravano nell’entroterra. Alcuni erano arabi, altri africani islamizzati o di sangue misto. Contribuirono a propagare lo swahili (lingua bantù con molte influenze arabe) in tutta l’Africa Orientale e attraversato il lago Tanganica, avanzarono sempre più a ovest, nell’attuale Congo.

Anche qui le aree di influenza economica si trasformarono in entità politiche. A sudest del Katanga, Msiri, un mercante della costa orientale, divenne sovrano del vecchio regno del Lunda, ormai smembrato. Più a nord operò Hamed ben Mohammed el-Murjebi, chiamato Tippo Tip, un malfamato mercante di schiavi e avorio afro-arabo di Zanzibar. Inizialmente alle dirette dipendenze del sultano, diventò potente e temuto impadronendosi di tutto il Congo orientale, per poi diventare governatore nel futuro Stato Libero del Congo. Iniziò stringendo alleanze con i capi locali praticando il baratto, poi diventando sempre più avido passò al saccheggio di interi villaggi.

Da est e da ovest i mussulmani afro-arabi e i cristiani europei erano in procinto di aprirsi un varco fin nel cuore dell’Africa Centrale. Ciò fu reso possibile dalla frantumazione delle strutture di potere locali, causata fra l’altro dalla tratta degli schiavi europea dei secoli precedenti. Il vuoto politico offrì agli stranieri nuove prospettive economiche, in un clima di anarchia, ingordigia e violenza.

 

Hamed ben Mohammed el-Murjebi chiamato Tippo Tip
Hamed ben Mohammed el-Murjebi chiamato Tippo Tip

 

Dopo aver ritrovato, nel 1871 sulla riva del lago Tanganica, il medico esploratore David Livingston, Henry Morton Stanley intraprese fra il 1874 e il 1877, su incarico del New York Herald e il Daily Telegraph, la traversata dell’Africa Centrale da est a ovest. Partì da Zanzibar portandosi dietro il suo battello in metallo (la Lady Alice) che poteva essere smontato e rimontato. Esplorò scrupolosamente il lago Vittoria e il lago Tanganica, poi marciò verso ovest. Nel 1876 arrivò nella regione di Tippo Tip con il quale proseguì il viaggio cercandone la protezione e Tippo Tip ne approfittò per penetrare in nuovi territori da sfruttare. Dato che nessuno sapeva cos’era un esploratore, Stanley fu scambiato per l’ennesimo mercante, per cui venne spesso ricevuto con una pioggia di frecce avvelenate, la cui frequenza indica fino a che punto la tratta araba degli schiavi avesse sconvolto la regione.

Arrivò ad un fiume misterioso che navigò fino al punto dove deviava a ovest, in una località che chiamò Stanley Falls (presso la futura Stanleyville, oggi Kisangani). Qui si congedò da Tippo Tip e prosegui attraverso una regione che non aveva mai conosciuto alcun mercante arabo o europeo. Un giorno chiese per l’ennesima volta come si chiamasse quel fiume e quando gli fu risposto “Ikuti ya Congo” (Questo è il Congo) ebbe finalmente la certezza che non sarebbe arrivato in Egitto, ma sull’Atlantico. Ci arrivò stremato il 9 agosto 1877 e fu il solo bianco sopravvissuto dei quattro che partirono. Dei 224 membri iniziali della spedizione ne arrivarono solo 92. Fu un viaggio epico con enormi conseguenze future: in tre anni aveva mappato due laghi giganteschi, svelato la complessa idrologia del Nilo e del Congo, determinato lo spartiacque dei due fiumi, mappato accuratamente il corso del Congo e aperto una strada attraverso l’Africa Equatoriale. Il mondo non sarebbe stato più lo stesso.

 

Henry Morton Stanley 1884
Henry Morton Stanley 1884

 

Con il Congresso di Vienna del 1815 si sentì l’esigenza di uno Stato cuscinetto fra la Prussia e la Francia, per cui venne creato il Regno Unito dei Paesi Bassi, dal quale nel 1930 si staccò il Belgio dove le potenze europee ci misero a capo re Leopoldo I, uomo malinconico che accettò con sollecitudine la corona. Ma ebbe un figlio avido, ingordo e dall’ambizione smisurata, il futuro re Leopoldo II, al quale il piccolo Belgio non bastava. Già prima di salire al trono si interessò per accaparrarsi pezzi dell’Oriente e del Mediterraneo, ma nel 1875 cedette al fascino dell’Africa Centrale, divorando resoconti degli esploratori e sognando un’impresa eroica. Il continente africano nel 1800 era il meno conosciuto, tuttavia settantacinque anni dopo i cartografi europei furono in grado di disegnare mappe più o meno precise dell’Africa, ma rimaneva una macchia bianca nel centro: la foresta equatoriale.

Nello stesso giorno in cui Stanley trovò il fiume misterioso, a Bruxelles venne fondata l’AIA (Association Internationale Africaine) formata da comitati nazionali e presieduta da Leopoldo, con lo scopo di rompere l’isolamento di quei luoghi. Quando poi la notizia della traversata di Stanley arrivò in Europa, ebbe l’effetto di una bomba e Leopoldo si rese conto che era l’uomo giusto per poter realizzare le sue ambizioni.

Stanley tornò in Africa nel 1879 per altri cinque anni a spese di Leopoldo e per conto dell’AIA, con lo scopo di formare piccole stazioni risalendo il Congo. Per fondare una stazione Stanley e i suoi assistenti stipulavano dei contratti con i capi locali, come si faceva da secoli, elargendo una somma periodica in cambio di un insediamento, in pratica un affitto. Convenzioni che spesso richiedevano giorni di trattative. Ma dal 1882 Leopoldo (che nel frattempo aveva trasformato la sua associazione filantropica in una impresa commerciale privata con capitali internazionali: il Cehc, Comité d’Etudes du Haut-Congo) cambiò le direttive: i contratti dovevano essere più veloci, più numerosi e definitivi. Non più affittando piccoli lotti, ma acquistando intere regioni e soprattutto ottenere tutti i diritti su di esse.

Così in quattro anni vennero stipulati 400 contratti in francese e inglese, lingue che i capi locali non conoscevano. Pensavano di consolidare legami di amicizia, invece ponendo quella croce in fondo al foglio rinunciavano alle loro terre, quindi ai diritti sui sentieri, la pesca, il versamento di pedaggi e il commercio. In cambio ricevevano balle di stoffa, casse di gin, mantelli militari, berretti, coltelli e una collana di corallo. Da quel momento la bandiera di Leopoldo avrebbe sventolato sui loro villaggi: una stella gialla (rappresentante la luce della civiltà) in campo blu (che raffigurava l’oscurità in cui vivevano gli indigeni). A tutt’oggi i colori dominanti nella bandiera della R.D.C.

 

Bandiera della Association Internationale Africaine, poi dello Stato Libero del Congo e del Congo Belga
Bandiera della Association Internationale Africaine, poi dello Stato Libero del Congo e del Congo Belga

 

La fretta di Leopoldo per acquisire i territori fu dovuta al timore di farsi precedere: mentre a sud i portoghesi continuavano a rivendicare la loro vecchia colonia, a nord Pietro Savorgnan di Brazzà dal 1880 cominciò a stipulare contratti simili. Brazzà era un ufficiale italiano al servizio dell’esercito francese, incaricato di fondare due stazioni scientifiche sulla riva destra del Congo. La Francia era membro dell’AIA e le stazioni dovevano essere il suo contributo. Ma Brazzà era un fanatico filofrancese e voleva fondare una colonia per la Francia (la futura repubblica del Congo-Brazzaville). Nel maggio del 1884 attraversò il fiume per cercare di guadagnare Kinshasa facendo una proposta migliore al capo villaggio, ma si scontrò con l’agente della stazione locale e finì in rissa con la ritirata di Brazzà.

L’incidente fu cruciale per il futuro dell’area: la regione a nord e a ovest del fiume sarebbe diventata colonia francese, quella a sud proprietà di Leopoldo. Mise anche in luce una grossa debolezza: Stanley armato di cannoni Krupp avrebbe potuto respingere facilmente Brazzà, ma non poteva usarli finché i suoi insediamenti non venivano riconosciuti dalle potenze europee. Leopoldo se ne rese conto ed avviò una iniziativa diplomatica unica: il riconoscimento internazionale per la sua impresa privata. Propose alla Francia (la quale nel frattempo aveva accettato le annessioni personali di Brazzà) che se gli fosse stato concesso campo libero, avrebbe avuto il diritto di prelazione sui territori che Stanley aveva reso accessibili in caso di fallimento. I francesi accettarono, soprattutto perché le possibilità che Leopoldo fallisse erano elevate. In seguito a tale accordo il Portogallo abbassò la cresta non volendo trovarsi la potente Francia come vicino, mentre ai britannici assicurò il libero mercato nei suoi territori.

 

Leopoldo II del Belgio
Leopoldo II del Belgio

 

Ma la concorrenza delle nazioni europee in Africa imponeva regole, per questo Otto von Bismarck, a capo dello Stato più giovane, ma potente, riunì le potenze nella Conferenza di Berlino fra il 1884 e il 1885. Anche se viene considerato la spartizione dell’Africa, in realtà lo scopo del summit era quello di aprire l’Africa al libero commercio e alla civiltà con nuovi accordi internazionali. Qui furono stabiliti due importanti principi: primo, se uno Stato rivendicava un territorio doveva esserci un’effettiva occupazione. Secondo, ogni nuovo territorio doveva restare aperto allo scambio internazionale, senza tasse o diritti di transito. In pratica la colonizzazione sarebbe diventata più onerosa, obbligava a investire per l’occupazione effettiva accordando accesso libero e gratuito ai mercanti degli altri Paesi. Non era ancora arrivata la spartizione, ma “l’occupazione effettiva” ne accelerava il processo.

Durante la Conferenza vennero presi molti accordi bilaterali e la diplomazia di Leopoldo ne uscì vittoriosa. Gli Stati Uniti (se pur ininfluenti all’epoca) avevano già accettato le sue rivendicazioni, ma il riconoscimento più importante arrivò dalla Germania. Bismarck riteneva il piano di Leopoldo completamente folle: da una parte reclamava un territorio grande come l’Europa Occidentale, dall’altro possedeva una manciata di stazioni sul fiume, per cui non c’erano i presupposti per l’occupazione effettiva. Ma pensò che Leopoldo era sovrano di un Paese piccolo e innoquo, non gli mancavano i mezzi finanziari, assicurava il libero commercio (cosa non sicura con Francia e Portogallo) e avrebbe protetto i mercanti tedeschi nella regione. Poteva anche diventare un’area cuscinetto fra le pretese francesi, portoghesi e britanniche, così Bismarck firmò il suo assenso e gli altri seguirono a ruota. Dei quattordici Stati presenti, solo la Turchia non firmò.

 

Lo Stato Libero del Congo
Lo Stato Libero del Congo

 

Mentre l’AIA era stata un’associazione scientifica e filantropica, la Cehc commerciale, la nuovissima associazione di Leopoldo AIC (Association Internationale du Congo) divenne puramente politica, ottenendo un riconoscimento internazionale come autorità sovrana. Durante la sessione di chiusura della Conferenza, Bismarck salutò l’opera di Leopoldo con i migliori auguri “per un suo profiquo sviluppo e per la realizzazione delle nobili aspirazioni del suo illustre creatore”. La sala si alzò in piedi e con un applauso sancì la creazione dello Stato Libero del Congo.

 

Fonte: “Congo” di David Van Reybrouck – Feltrinelli Editore