Gorilla

 

Nel nord del Rwanda la catena dei monti Virunga segna la frontiera con l’Uganda, mentre a ovest quella con la Repubblica Democratica del Congo. Fa parte del Rift Albertino, ramo occidentale della Grande Rift Valley, ed è composta da otto vulcani, alcuni dormienti, salvo il Nyamuragira e il Nyiragongo che svetta sopra Goma, nella R.D.C., città martoriata per anni da catastrofi naturali dovute alle sue eruzioni, da milioni di rifugiati del genocidio rwandese, conflitti e bande di ribelli rimaste dopo le guerre del Congo. Fra gli anni ’90 e 2000 non ci fu città che avrebbe potuto essere più paragonata all’Inferno come Goma, fra epidemie, milioni di rifugiati, eserciti ribelli, bande di assassini e colate laviche.

 

Paesaggio rwandese con i monti Virunga sullo sfondo
Lo splendido paesaggio rwandese con i monti Virunga sullo sfondo

 

Il Karisimbi, con i suoi 4507m è la punta più elevata, mentre sulla cima del suo vicino, il Visoke (o Bisoke) a 3711m di altezza, all’interno del cratere si è formato un lago. Lo scalai fino alla vetta come un gitante domenicale, e imparai per prima cosa che un vulcano è un cono con pendenza costante, si sale in linea retta facendo una fatica enorme (per non parlare della discesa). Secondo, che pur trovandomi presso l’Equatore, lassù con la maglietta a maniche corte non era il caso… Nonostante ciò è stata un’esperienza entusiasmante.

 

Tutta l’area vulcanica è protetta e destinata a parco nazionale nei tre Paesi di cui fa parte. Il “Virunga National Park“, sul territorio congolese, si estende fino ai monti Rwenzori, meglio conosciuti come i Monti della Luna, che sono stati il primo parco nazionale protetto realizzato in Africa nel 1925. La vegetazione del territorio dei monti Virunga è costituito da foresta pluviale e bambù, habitat naturale per diversi animali come il cercopiteco, si trova anche il bufalo e la iena, ma soprattutto il gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei) o almeno gli ultimi esemplari rimasti, circa 700, suddivisi fra i parchi dei tre rispettivi Stati. La maggior parte vive nel “Bwindi impenetrable National Park” in Uganda (inserito nel World Heritage Site per la sua enorme varietà di flora e di fauna). Stimando i gruppi a circa 30 unità, le varie famiglie dislocate sui vulcani sono poco più di una ventina.

 

Il gorilla di montagna ha il pelo più lungo e più scuro degli altri gorilla e il maschio è chiamato silverback perché si distingue dal pelo grigio argento sulla schiena. Può arrivare a pesare fino a 200 kg mentre le femmine sono più piccole e pesano in media 100 kg. A dispetto della fama che si è creata nei suoi confronti, resta un animale timido e gentile.

 

È il primate più grosso al mondo e in alcuni punti il suo genoma si avvicina più a quello dell’uomo di quello dello scimpanzé. Il 70 per cento del genoma umano è simile a quello dello scimpanzé, ma un buon 15 per cento somiglia a quello del gorilla, secondo Aylwyn Scally del dipartimento di genetica presso l’Università di Cambridge. Dalle ricerche sembra che la linea evolutiva che ha portato al gorilla, si è separata da quella dell’antenato comune circa 10 milioni di anni fa. Dopo altri quattro milioni di anni quella stessa linea si è ulteriormente divisa in due rami, che rispettivamente avrebbero portato allo scimpanzé e all’uomo. Quindi potremmo considerarlo e apprezzarlo come un nostro “nonno”.

 

Silverback
Silverback

 

La visita a una famiglia di gorilla nel Parco dei Vulcani è stata una delle esperienze più emozionanti del mio soggiorno in Africa. Il gorilla può mangiare fino a 40 kg/giorno di vegetali nutrendosi soprattutto di germogli e foglie fresche, quindi ogni famiglia abbisogna di territori estesi per procurarsi quotidianamente il cibo e si sposta continuamente. Per raggiungerli e trovarli si marcia per ore nella foresta pluviale sui pendii ripidi dei vulcani, in un’avventura d’altri tempi.

 

Ma alla fine, trascorrere del tempo in mezzo ad una famiglia di gorilla è impagabile. Le raccomandazioni furono di non guardare il maschio fisso negli occhi (come atto di sfida) e di non correre e scappare nel caso dimostrasse segni di aggressione (figuriamoci!) ma assumere un atteggiamento di sottomissione. Lui (il silverback dominante) era in alto su un albero che osservava tutto e nonostante le raccomandazioni ci siamo guardati negli occhi. Più che innervosito ricordo due occhi attenti e un po’ rassegnati.

 

Il gorilla è poligamo, il maschio alfa domina su diverse femmine e in quell’occasione ebbi un incontro ravvicinato con una di queste, in mezzo a un gran numero di gorillini che saltavano dappertutto. Ci siamo incrociati come due persone sul marciapiede di una qualsiasi città, non sapendo chi passare per primo, con la differenza che non avrei saputo valutare se ha avuto più paura lei o io.

 

Oggi le visite alle famiglie di gorilla hanno costi altissimi (un permesso costa 1.500 $ in Rwanda) probabilmente per ridurre il turismo di massa, perché fra le cause della sua estinzione (per il momento scongiurata attraverso programmi di protezione) oltre al bracconaggio, alla riduzione dei loro territori naturali convertiti in coltivazioni agricole, ci sono anche virus e batteri portati dall’uomo, innocui per noi, ma mortali per loro.

 

Sono intelligenti e possiedono una struttura sociale complessa ed affascinante. Anni fa lessi della morte di Titus, in Rwanda, alla precoce età di 35 anni. Non un gorilla qualsiasi, ma un leader nella sua comunità che portò in salvo il suo branco durante il genocidio rwandese. Pur essendo stato detronizzato da un figlio, rimase nel gruppo e alla sua morte la famiglia organizzò una veglia funebre che durò diversi giorni, alla quale neppure i guardaparco, pur conosciuti e accettati, furono ammessi.

 

Diane Fossey
Dian Fossey

 

Fra il monte Visoke e il Karisimbi, trascorse gran parte della sua vita la zoologa e naturalista Dian Fossey dedicandosi allo studio e alla protezione di questi incredibili primati, fino alla sua morte, quando fu assassinata nel 1985. Ho trascorso alcuni mesi a Ruhengeri, piccola cittadina ai piedi di quei vulcani e lì si parlava di lei come di “quella matta americana che vive con i gorilla“, raramente si faceva vedere e scendeva solo per le provviste. Sigourney Weaver l’ha ottimamente interpretata nel film “Gorilla nella nebbia” del 1888 che è stato girato nel verde dei monti Virunga. Di lei è rimasto il Karisoke Research Center situato lassù dove ha vissuto, che si occupa della protezione di questa specie e continua a funzionare anche dopo la sua morte attraverso la Gorilla Found.