Il lato oscuro della Russia

 

Dietro la facciata mondana di Putin, che qui tanto affascina i vari Salvini, Grillo e Berlusconi (tutti assieme rappresentano “spaventosamente” la maggioranza delle forze politiche italiane al punto da teorizzarlo come modello) c’è uno Stato a cui la nostra piccola Italia non ha nulla da invidiare. Non solo per le infrastrutture, l’industrializzazione, la libertà, i diritti civili, ma nel caso specifico la sanità. Un esempio che vorrebbe mostrare quanto dietro quel “grande” leader che vuole dominare, riscuotendo simpatie globali, anche (purtroppo) nostrane, ci sia molta incapacità mista a cecità, data l’inadeguatezza ad affrontare e risolvere gli enormi problemi sociali e sanitari interni causati, oltre che da motivazioni prettamente ideologico-religiose, da politiche disastrose e scientificamente errate.

 

Il breve resoconto che mi accingo a sintetizzare, è tratto da una grossa ricerca effettuata da una persona che ho conosciuto personalmente, dalla quale ho tratto (con il suo consenso) questo (pur lacunoso) riassunto da un sito dedicato all’hiv, dove l’esposizione completa, per chi fosse interessato ai (grossi) problemi nella Russia di Putin, è indubbiamente più dettagliata (00).

 

Dopo il disastro degli anni ’90, per incrementare il PIL, il governo russo ha puntato la crescita economica sulle materie prime e nella disciplina fiscale a discapito della spesa pubblica e gli investimenti socio-sanitari (senza sottovalutare l’incremento della spesa militare e la noncuranza per la piccola-medio impresa). Quindi l’organizzazione burocratica statale russa nell’ambito sanitario non è stata oggetto di alcuna riforma, rimanendo immobile, figlia diretta di quella dell’URSS, ricevendo un’eredità pesante dalla scienza ideologizzata sovietica (01) che permane tutt’ora per la scarsa conoscenza della letteratura scientifica internazionale, la poca dimestichezza con gli standard delle sperimentazioni, l’isolamento scientifico che persiste con il 95% di scienziati che non conoscono l’inglese (02) e la limitata diffusione di riviste scientifiche nelle università. Il tutto appesantito dalle varie censure nella rete da parte del governo (03). L’ovvia conseguenza per un Paese scientificamente isolato, è l’incremento di maghi, stregoni, ruffiani e pseudo-scienziati truffaldini che speculano sulla salute.

 

A trentacinque anni dalla sua scoperta e 24 dall’accesso alle terapie, oggi in Russia c’è un’emergenza AIDS fuori controllo, che viene sottovalutata (e nascosta) dal regime, con molti aspetti simili agli Stati africani degli anni ottanta/novanta e ai negazionisti del Sud Africa di Mbeki.

 

I miti, le credenze tradizionali e religiose, ma soprattutto un certo numero di pseudo-medici occidentali (alcuni scacciati dalla professione nei reciproci Paesi) dilagano le posizioni negazioniste con tacito assenso del governo, facendo di quel Paese un centro di complottari e negazionisti della scienza. Un problema menzionato in mezzo mondo (04), salvo che in Italia dove si ignora, come fosse cosa distante e “disinteressata”. I morti dovuti alla propaganda revisionista sull’AIDS, fra i quali tanti bambini (come da questo tragico elenco), aggiornato a due anni fa, figli di genitori che hanno seguito le idee negazioniste (esattamente quelle propagandate da Giuseppe Grillo e mai ritrattate) evidenziano concretamente la gravità della situazione.

 

 

Russia Today (RT) televisione satellitare finanziata dal Cremlino e integralmente filogovernativa, ha sempre posseduto un canale youtube dedicato ai maggiori negazionisti dell’AIDS (05). Ma la schizofrenia di quel regime si evidenzia dopo che la stessa rete filogovernativa ha recentemente pubblicato le parole del ministro della salute, la quale ammette che il dilagare dell’epidemia è dovuto al fatto che “solo il 37%” dei sieropositivi in Russia ricevono la terapia antiretrovirale (06). (Contro la copertura dell’80%, come in Italia e superiore a molti altri Paesi EU, del Rwanda o il 64% del Kenya, il 66% del Malawi, il 67% dell’Uganda e il 75% dello Zimbabwe (07) ) tanto che nelle grandi città russe sono attivi i “Buyers Club” (come negli USA degli anni ’80, illustrati nel film “Dallas Buyers Club”) al fine di procurarsi autonomamente i farmaci per la sopravvivenza. (08) (Con la differenza che nell’America dei primi anni ’80, la disperazione era dovuta al fatto che non esistevano farmaci, mentre per la Russia del 2018 ce ne potrebbero essere decine a disposizione.)

 

Nel 2014 l’UNAIDS ha considerato la Russia (assieme a Repubblica Centrafricana, R.D.C., Indonesia, Nigeria e Sud Sudan) succube di una “triplice minaccia“: alta prevalenza dell’infezione, bassa copertura terapeutica, nessun declino nelle nuove infezioni. (09)

 

La tossicodipendenza, uno dei maggiori fattori di diffusione dell’hiv in Russia (come nell’occidente degli anni ’80) continua ad avere un approccio repressivo (10) rendendo l’uso del metadone illegale, punibile con 20 anni di carcere. I tossici che lo Stato mette in galera vengono trattati a forza con antipsicotici come l’Haloperidol, in uso nell’epoca sovietica per addomesticare i dissidenti, per poi essere abbandonati al loro destino. (11)

 

Anni fa diverse ONG occidentali vennero espulse dalla Russia, in base a una legge che definisce “agente straniero” qualunque ONG che riceva finanziamenti dall’estero (12), quando cominciarono a diffondere dati diversi da quelli ufficiali e a denunciare condotte disumane nei confronti dei tossicodipendenti sieropositivi, arrestati e lasciati morire nelle prigioni. A tutt’oggi, nonostante la demagogia e i “buoni” propositi del governo, lo scetticismo delle ONG non è cambiato perché senza l’uso di metodi scientifici di riduzione del rischio, distribuzione di aghi puliti fra i tossicodipendenti, senza campagne di test fatte in modo capillare, i vaghi impegni di Medvedev (13) potranno ben poco.

 

 

Era il 2012 quando Putin si rivolse all’Assemblea Federale proclamando che nel Paese c’era una mancanza di “valori spirituali(14), discorso che sancì il matrimonio fra il regime e la Chiesa Ortodossa, delegando di fatto la Chiesa nel compito di sostenere lo Stato con le sue idee politiche. E fra queste si trova il “Concept” dedicato alla diffusione dell’hiv/aids, da cui si legge che: “la prima causa reale e la fonte del rapido diffondersi dell’epidemia è una crescita senza precedenti del peccato e della sregolatezza, una perdita dei fondamentali valori spirituali, delle tradizioni morali e delle linee guida della società“, che “le malattie e la sofferenza che esse implicano, compresi l’alienazione e il disprezzo sofferti dal malato da parte di chi gli sta intorno, sono conseguenze del peccato, dell’abbandono delle norme morali comandate da Dio e del disinteresse per il proprio prossimo“, e come soluzione strategica indica: “i valori della famiglia, la fedeltà, la castità e la compassione, il rifiuto delle droghe e di altre tentazioni peccaminose“, ecc. ecc. (15)

 

Ma la cecità ideologica del regime, in un report del “Russian Institute for Strategic Research“, è andata oltre, accusando i preservativi come concausa nella diffusione dell’hiv, aggiungendo l’accusa che le stime sul dilagare dell’infezione nel Paese fossero solo frutto della propaganda occidentale, parte della guerra di informazioni che l’Occidente conduce contro la “Santa Madre Russia”. (16) E non contenti, per rimarcare ciò, in Russia sono stati vietati i condoms della Durex. (17)

 

 

L’omofobia diffusa (di cui le cronache sono piene, anche se poco dettagliate) la penalizzazione della tossicodipendenza, l’odio e la discriminazione, hanno creato sacche di clandestinità dove l’hiv si trasmette imperterrito, mentre il carburante della sua diffusione è dovuto al dilagare del negazionismo. Una tragedia prevista da tempo dalle ONG, come disse Damon Barret della “Harm Reduction International” nel 2011 (sette anni fa) che l’impatto sarebbe stato catastrofico: “E’ un disastro umano che le autorità russe sono disposte a guardar svolgersi(18).

 

Infatti i numeri attuali sono impressionanti: secondo uno studio pubblicato su PLOS (19), nel 2016 in Russia ci sono state 103.000 nuove infezioni da hiv. con un incremento del 5% nel 2017. I casi accertati (esclusi coloro che non sanno di esserlo) sono 1.160.000. Secondo il “The Moscow Times“, in Russia ogni giorno 80 persone muoiono di Aids (quasi 30.000 all’anno) (20). Il ministro della salute Veronika Skvortsova ha ammesso che nel 2020 i sieropositivi in Russia potrebbero arrivare a 2,5 milioni. (21)

 

E il governo? Secondo le parole di Sergei Markov (consulente di Putin) riportate da Public Radio International (PRI) (22): “le autorità russe sono divise a metà, fra chi vuole aprire e parlare dell’AIDS e chi vuole ignorare il problema. (Chissà da quale parte sta Putin?) Per questo l’approccio è stato fallimentare”.

 

 

E mentre in Africa si sta contenendo la diffusione dell’hiv, con non pochi successi (anche se la strada rimane ancora in salita) l’AIDS di Putin dilaga ai confini della sonnacchiosa Europa, senza che nessuno se ne preoccupi. Con la differenza sostanziale fra la Russia e i Paesi africani, che quest’ultimi hanno finalmente accettato gli approcci scientifici per il contenimento dell’epidemia, senza paturnie ideologiche o morali, con il risultato di aver ridotto notevolmente le mostruose percentuali di contagi iniziali, mentre la Russia resta sempre ancora succube del suo passato ideologico di provenienza sovietica, a cui si aggiunge l’attuale dottrina della Chiesa Ortodossa abbracciata da Putin, che la rinchiude in un mondo scientificamente isolato, rifiutando ogni aiuto esterno, soprattutto Occidentale.

 

Una delle iniziative dei russi per far fronte all’epidemia, è stato un maggior controllo epidemiologico agli ingressi, mentre Putin esorta la popolazione a fare esercizio e adottare uno stile di vita più sano.

 

Come scritto all'inizio, per questi fatti, sconosciuti all'Occidente grazie alla censura di 
stampo sovietico, che la Russia e il suo presidente Putin continuano ad attuare, ringrazio la 
notevole ricerca di Dora, collaboratrice di uno dei siti italiani più informati sul tema HIV (23).