Massimiliano e Carlotta – 2/6

 

Il Messico

Prima dell’arrivo dei conquistatori spagnoli, nel 1519, il Messico era stato un impero fiorente, sotto la dominazione azteca a capo dell’imperatore Montezuma. Gli Aztechi furono un popolo ferocissimo che si affidava a sacrifici umani, ma al contempo coltivarono le arti e le scienze ed erano civili nella vita quotidiana. Gli spagnoli distrussero completamente quella civiltà creando la Nuova Spagna e con il trionfo della Chiesa Cattolica, gli dei aztechi si ritirarono nelle jungle più remote. La Chiesa si rivelò fin da subito una forza predominante quando i vescovi di Spagna si sostituirono ai sacerdoti aztechi, i roghi dell’inquisizione ai sacrifici umani di Huitzipolopochtli e gli indios trovarono una nuova dea nella Vergine di Guadalupe. Cortés incoraggiò la colonizzazione distribuendo vaste aree di terra, ma i viceré che lo seguirono non durarono mai più di dieci anni. Il governo fu interamente in mano agli spagnoli e l’esclusione dei nativi fomentò malessere e malcontento. La prima civilizzazione del Messico fu opera dei gesuiti e dei francescani che protessero la popolazione dalle brutalità dei dominanti.

 

Ma il potere genera corruzione e ci fu poca somiglianza fra i primi monaci e il clero messicano del Settecento. Le rivoluzioni francese, americana e le armate di Napoleone ebbero riverbero anche fra le popolazioni native messicane, tanto che un ufficiale creolo, Miguel Allende, coadiuvato da un eroico sacerdote, Hildago, nel settembre 1810 si rivoltarono contro gli odiati spagnoli, proclamando l’indipendenza del Messico, ma furono subito repressi diventando i primi martiri della rivoluzione messicana. Dieci anni dopo Augustìn Itùrbide si proclamò re del Messico, venendo fucilato due anni dopo dai suoi stessi compatrioti e a distanza di 40anni dall’indipendenza, il Paese era ancora sconvolto fra centralisti e federalisti, liberali che volevano la democrazia e conservatori appoggiati dalla Chiesa. In trent’anni ci furono trenta Presidenti.

 

Evoluzione del territorio messicano
Evoluzione del territorio messicano

 

L’Inghilterra fu la prima a riconoscere l’indipendenza del Messico, nella speranza di trovare nuovi mercati per la sua economia in espansione. La Francia la seguì ottenendo una quota cospicua del commercio messicano. Ma fra le potenze straniere, la più odiata fu il vicino nordamericano che si appropriò, fra il 1837 e il 1849, tramite guerre e annessioni, di quasi tre milioni di chilometri quadrati del territorio messicano: l’intero Texas, il Nuovo Messico e la California.

 

Antonio Lòpez di Santa Anna, chiamato il “Napoleone del nuovo mondo” fu uno degli uomini più disonesti del Messico e riuscì a farsi eleggere Presidente per sei volte uscendo vittorioso dalle guerre contro la Spagna e la Francia, sostenuto dalla Chiesa e dai grandi proprietari terrieri, ma fu responsabile di aver perso la guerra contro gli Stati Uniti, cedendo un terzo del territorio messicano.

 

Antonio Lòpez di Santa Anna
Antonio Lòpez di Santa Anna

 

Nel 1854 dopo un’ennesima rivoluzione, andarono al potere i liberali e Santa Anna fu costretto a fuggire dal Paese. Il nuovo governo era composto da persone inflessibili che volevano liberare il Messico dal feudalesimo e farne uno Stato moderno. Il più incorruttibile fu Benito Juárez e senza millanteria si resero più temibili e forti di tutti i predecessori. Si intuiva uno scontro ideologico fra liberali e conservatori, fra clericali e anticlericali, una battaglia feroce che avrebbe prosciugato il Paese distruggendo l’economia. Nella lotta il clero era in prima linea per cui, appena al potere nel 1855, i liberali tolsero alla Chiesa il diritto di possedere terre, dal momento che era il primo proprietario terriero possedendo un terzo del territorio. Poi ribaltarono la lunga tradizione messicana cercando l’alleanza degli Stati Uniti.

 

Dall’altra parte ci furono due presidenti conservatori, Zuloaga e Miramòn, che rivaleggiavano fra loro. Fu una guerra sanguinosa ed economicamente rovinosa, tanto che quando nel 1861 finì, Benito Juàrez si rese conto che le casse erano vuote, il Paese in rovina e pieno di debiti con l’estero, mentre il potente vicino americano, da cui sperava un aiuto, era alle soglie di una guerra civile che lo avrebbe spolpato. Nonostante le grandi ricchezze (il Messico forniva il 30% dell’argento nel commercio mondiale) Juàrez si rese subito conto che non poteva onorare il debito.

 

Benito Juàrez
Benito Juàrez

 

Infauste premesse

In tutto questo si inserisce un personaggio ambiguo e determinante, conservatore e molto religioso: José Maria Gutiérrez d’Estrada che per tutta la vita aveva sognato di instaurare una monarchia in Messico. Trascorse la maggior parte della sua esistenza in Europa, prima come ambasciatore a Vienna, poi a Roma dove si stabilì conducendo una vita sfarzosa grazie alle sue immense piantagioni nello Yucatàn. A Roma Gutiérrez d’Estrada era di casa al Vaticano e durante il conflitto vi trovò molti sostenitori fra i vescovi messicani espulsi dal potere liberale. Qui sposò la figlia di un precedente marito della contessa Lutzow, moglie dell’ambasciatore austriaco a Roma. La stessa contessa Lutzow che diversi anni dopo fu assegnata come maestra di casa a Carlotta dall’arciduchessa Sofia, madre di Francesco Giuseppe e Massimiliano, e viveva con la coppia nel castello di Miramare. Fu proprio durante il soggiorno di Massimiliano e Carlotta a Miramare che l’amabile e ingenua contessa Lutzow, animata dalle migliori intenzioni, scrisse una lettera al genero Gutiérrez d’Estrada, facendo partire il primo segnale che avrebbe successivamente imbarcato Massimiliano nella disgraziata avventura messicana.

 

Fu così che nell’ottobre 1861 il ministro degli esteri austriaco ricevette una lettera confidenziale dal suo ambasciatore a Parigi il quale lo informò della visita di Gutiérrez d’Estrada, vecchia conoscenza del principe Metternich, che si informava delle reazioni di Vienna qualora fosse stato offerto a Massimiliano la corona del Messico, in quanto c’era un “forte movimento monarchico che richiedeva un aiuto estero”. L’ambasciatore non lo avrebbe preso in considerazione se non avesse ricevuto una proposta simile anche da un altro diplomatico messicano, Juan Almonte, ex ambasciatore a Parigi. La risposta fu che l’intenzione non poteva essere presa in considerazione senza garanzie da parte di Francia e Inghilterra.

 

Ma in quel 1861 la situazione stava cambiando: il governo Juárez, vista l’impossibilità di far fronte all’enorme debito estero, chiese una moratoria di due anni sospendendo ogni pagamento. Il ché fece infuriare non poco le corti d’Europa che allertarono le rispettive basi militari nei Caraibi, mentre allo stesso tempo l’alleato americano, che non avrebbe mai accettato interferenze europee nell’area, era seriamente occupato con i guai a casa propria.

 

José Maria Gutiérrez d’Estrada
José Maria Gutiérrez d’Estrada
Juan Nepomuceno Almonte
Juan Nepomuceno Almonte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Napoleone III precedentemente reticente, cominciò ad interessarsi del Messico sapendo che con Juàrez non avrebbe mai recuperato il suo credito, tanto da inoltrare un invito direttamente all’imperatore Francesco Giuseppe, il quale, cogliendo l’occasione per sbarazzarsi del fratello sapendolo a migliaia di chilometri da Vienna, favorì a tal punto l’accordo, da inviare a Miramare il suo ministro degli esteri per raccoglierne il consenso. Fra i molteplici dubbi di Massimiliano, Carlotta, con la sua ambizione di sangue reale, ne fu così entusiasta al punto da convincere il marito. Tutto si svolse in modo così veloce da meravigliare non poco l’ambasciatore austriaco a Parigi, fulcro della faccenda, che da esperto diplomatico e conoscitore del mondo si chiese: “Chissà quanti cannoni ci vorranno per metterlo sul trono e chissà quanti altri per mantenercelo”.

 

E i cannoni erano già carichi. Le tre potenze del mare, Francia, Spagna e Inghilterra avevano stabilito un accordo per attaccare Veracruz, anche se appena firmato cominciarono a litigare fra loro. Arrivati con le rispettive truppe in Messico, nel 1862 gli alleati si mossero ognuno per conto proprio motivati da fini diversi. Gli inglesi volevano solo recuperare i soldi del loro credito, gli spagnoli riprendere la loro ex colonia mentre i Francesi (oltre che avere un enorme credito dal Messico con la sicurezza che Juàrez non lo avrebbe mai pagato) volevano espandere il loro dominio. Ma l’immagine rilanciata in Europa dai vari esiliati messicani, tutti interessati e in dissidio fra loro, che una gran parte del Paese fosse consenziente ad una monarchia conservatrice europea, si rivelò fin da subito infondata.

 

Napoleone III
Napoleone III

 

Le prime difficoltà

Trovarono solo ostilità, tanto che gli inglesi, attraverso l’ambasciatore americano che garantì un prestito cospicuo, si accordarono per conto loro con Juàrez e rientrarono dei soldi ritenendosi soddisfatti, gli spagnoli si resero conto dell’impossibilità dei loro scopi, essendo ancora odiati dai messicani ed entrambi si unirono per rovinare gli obiettivi francesi. Ma Napoleone III, fra delusioni, tradimenti e falsità, nel suo idealismo continuò a crederci, confidando sulla vittoria dei confederati negli Stati Uniti, tanto da consolidare le prime truppe inviate in un vero esercito che nonostante l’ostilità della popolazione, la perdita di un cospicuo numero di uomini tra febbre gialla e malaria, nel 1863 conquistò Città del Messico, mentre Juàrez spostò la sede del governo 500 km più a nord.

 

Ma tutto era contro, lo stesso Lincoln proclamò che non avrebbe mai accettato una monarchia in Messico, né alcuna intromissione europea in nord America, riconoscendo come unico governo quello di Juàrez. Nonostante l’ambizione di Carlotta per il trono come imperatrice del Messico, e le insistenze di suo padre Leopoldo I presso la nipote, la regina Vittoria, gli stessi funzionari e diplomatici inglesi si ritirarono e consigliarono di desistere dall’intrigarsi nel vespaio messicano. C’era abbastanza unanimità fra le diplomazie europee in tal senso. Lo stesso console americano a Trieste si recò a Miramare dove con parole minacciose disse a Massimiliano che se Napoleone III non avesse ritirato il suo esercito dal Messico, gli Stati Uniti avrebbero inviato le loro truppe.