Massimiliano e Carlotta – 3/6

 

Ignobile inganno

L’otto agosto 1863 arrivò a Miramare un telegramma dove si comunicava che un’assemblea nazionale a Città del Messico aveva nominato Ferdinando Massimiliano d’Absburgo imperatore. Tacendo che l’assemblea era stata eletta sotto la minaccia delle baionette francesi e non rappresentava tutto il Paese, in quanto fra i duecentocinquanta membri non c’era alcun liberale.

 

L’assemblea elesse tre reggenti: il generale Juan Almonte, un altro vecchio generale e il temibile Antonio Pelagio Labastida, vescovo di Puebla e arcivescovo di Città del Messico, rappresentante dell’ultramontanismo più rigido, con visioni politiche e un carattere di ferro tali da mettere in difficoltà i francesi e condurre Massimiliano alla rovina, perché nessun messicano si sarebbe mai messo contro il potentissimo vescovo.

 

Massimiliano e Labastida si erano già conosciuti l’anno precedente durante una sua visita a Miramare e non si erano piaciuti per niente. Per Massimiliano era un bigotto con atteggiamenti dittatoriali, mentre il clerico aveva provato un’immediata diffidenza per quel arciduca liberale.

 

Antonio Pelagio Labastida
Antonio Pelagio Labastida

 

I francesi dominavano la Capitale e la strada che la collegava a Veracruz, mentre Juàrez, dalla sua cittadina al nord, era ancora riconosciuto presidente, emettendo leggi draconiane contro tutti coloro che davano assistenza al nemico. Così intrapresero una campagna militare per occupare il resto del Paese e in meno di dieci settimane riuscirono a conquistare le grandi città; lo Yucatàn si dichiarò spontaneamente a favore della monarchia, mentre Juàrez fu costretto a fuggire ancora più a nord, a Monterey.

 

In ogni città conquistata veniva raccolta una lista imponente di firme di persone a favore dell’impero che veniva inviata a Parigi per convincere Massimiliano quanto il popolo messicano lo volesse. “Tre quarti dell’intero territorio e quattro quinti della popolazione sono per la monarchia” scrisse Almonte.

 

Ma solo un settimo del territorio messicano era in mani francesi e dei tre milioni che ci vivevano, solamente uno su venti nutriva sentimenti monarchici. Inoltre i 46.000 soldati erano pochi per tenere le postazioni, e quando l’abbandonavano venivano subito occupate dai soldati di Juàrez.

 

L'assedio di Puebla
L’attacco al forte San-Xavier durante l’assedio di Puebla

 

Nel frattempo i due giovani coniugi si recarono a Parigi dove vennero accolti con tale grandiosa ospitalità, da togliere a Massimiliano la possibilità di sfuggire alla sorte che lo attendeva. Ma oltre a banchetti e balli ufficiali, il ministro delle finanze di Napoleone era fermamente deciso affinché il prossimo governo messicano si fosse preso carico della spedizione militare. In pratica, il Messico le cui finanze erano nel baratro, avrebbe dovuto pagare duecentosessanta milioni di franchi per indennizzare l’esercito francese. A questo si aggiungeva l’enorme credito che la Francia doveva riscuotere. Tutte le clausole finanziarie che furono inserite nella Convenzione di Miramare condannarono il nuovo impero messicano alla bancarotta ancor prima di nascere.

 

Né suo fratello Francesco Giuseppe e neppure il genero Leopoldo I pensarono mai di mettergli accanto un consigliere finanziario per impedirgli di firmare documenti così disastrosi per lui e per il Messico. In cambio Massimiliano ottenne da Napoleone III l’impegno a far rimanere le truppe francesi per almeno tre anni, ritirandole gradualmente, con la Legione Straniera a disposizione per altri sei anni. E Napoleone III si impegnò a non abbandonare mai l’impero messicano, benché nel frattempo lo stesso Bonaparte ammise al duca di Sassonia che l’affare messicano “era una brutta faccenda” e che al posto di Massimiliano lui non avrebbe mai accettato.

 

Inoltre la corrispondenza con il comandante delle truppe in Messico dimostra che stava già progettando di ridurre gli impegni nel Paese, sconfessando le promesse fatte e rifiutando di adempiere agli obblighi firmati.

 

Spedizione francese in Messico
Spedizione francese in Messico

 

Il Patto di Famiglia

Francesco Giuseppe aveva spinto fin dall’inizio per allontanare Massimiliano, scendendo a compromessi con il suo acerrimo nemico Napoleone III. Quindi diede il suo consenso, concesse un esercito di volontari, offrì la fregata Novara per il viaggio in Messico, ma volle la rinuncia da parte del fratello di ogni pretesa al trono e la cessazione del vitalizio come arciduca d’Austria.

 

Per Massimiliano la casa d’Austria e la dinastia absburgica avevano grande valore e la pretesa si risolse in un ulteriore attrito tra i due fratelli, tanto che, se inizialmente la considerò in modo superficiale, quando si trovò con le spalle al muro prese la decisione di rinunciare al Messico e valutò di rendere pubblica la richiesta (considerando i suoi diritti ereditari) creando uno scandalo.

 

Napoleone III, venendo a conoscenza delle difficoltà in casa absburgica, gli inviò una lettera nella quale fece pressione sul suo senso dell’onore, a cui Massimiliano era molto sensibile, e alla parola data per un compito che non poteva più rifiutare. (Una lettera piena di ipocrisia, alla luce dei suoi pensieri di tradimento). Massimiliano chiese garanzie al fratello nel caso fosse stato privato del trono messicano, a cui Francesco Giuseppe rispose che in tal caso “avrebbe preso le necessarie misure, per quanto compatibili con gli interessi del Paese”.

 

E qui Carlotta, che non aveva abbandonato per un attimo il marito, temendo mettesse in pratica le sue minacce abbandonando ogni sua ambizione, decise di recarsi a Vienna. Il colloquio fra cognati durò tre ore e se Francesco Giuseppe temeva lacrime e recriminazioni, al contrario si trovò davanti una donna lucida e determinata, anche se tutto ciò che ottenne fu di mantenere la rendita annuale di centocinquantamila fiorini e recarsi personalmente a Miramare per far accettare al fratello quelle condizioni. Durante il colloquio Carlotta capì che il cognato imperatore era coinvolto nella faccenda messicana più di ciò che voleva ammettere.

 

SMS Novara
SMS Novara

 

Alle otto del mattino di sabato 9 aprile 1864, il treno imperiale arrivò alla stazione privata di Miramare. L’incontro fu amaro e la firma del Patto penosa per entrambi, tanto che l’atteggiamento raggiante di Carlotta strideva fra i visi seri dei due fratelli. L’addio alla stazione, dove probabilmente intuivano di non vedersi più, fu talmente doloroso, che le rispettive guarnigioni distolsero gli occhi quando videro Francesco Giuseppe abbracciare Massimiliano e le lacrime scendere sul viso di entrambi.

 

Ogni vincolo era superato e la bandiera messicana con l’aquila che morde il serpente, si innalzò sul castello di Miramare. L’impero del Messico era nato. All’ufficio telegrafico di Miramare arrivarono congratulazioni da tutto il mondo, ma fu Carlotta a leggere i telegrammi, a ricevere le delegazioni e fu sola a presiedere il pranzo di gala che inaugurava il loro regno. Mentre Massimiliano fu colto da un collasso.

 

Carlotta

Causa le tensioni dell’ultimo periodo Massimiliano non aveva retto, per cui la partenza fu rimandata. Si ritirò nel castelletto dove solo il suo medico personale poteva accedervi. Carlotta fece un solo tentativo, ma fu respinta con aggressività sentendosi urlare di andarsene e che non voleva sentir parlare di Messico, ritirandosi calma e silenziosa. La disciplina indotta fin dall’infanzia, il suo orgoglio e la forza di volontà, l’aiutarono a sostenere una situazione che avrebbe scosso molte donne. Anche Carlotta aveva alle spalle le giornate a Vienna, la tensione dell’incontro con l’irremovibile imperatore, ma soprattutto tutte le ore angoscianti nel cercare di vincere le indecisioni di Massimiliano, quando pareva voler rinunciare. In una lettera mai inviata dimostra che nonostante la sua fedeltà, era nettamente contraria alla decisione del marito di mollare tutto, continuando ad essere convinta che “Max aveva tutte le qualità per quel compito”. E alla fine aveva trionfato.

 

Partenza di Massimiliano e Carlotta
Partenza di Massimiliano e Carlotta

 

Mentre la sofferenza di Massimiliano era naturale per una persona sensibile e di animo delicato come lui, la forza di carattere di sua moglie, il suo maggior senso pratico (tale che successivamente in Messico gli ufficiali francesi si sarebbero trovati meglio a discutere con lei che con Massimiliano, sempre indeciso) la portarono a compiere i doveri di lui, oltre ai propri, sentendosi molto figlia di suo padre educata agli affari di Stato.

 

Ma dimenticò di essere altrettanto vulnerabile e fragile di nervi quanto la madre. La sua autodisciplina, l’orgoglio che le impedì di lasciarsi andare o di confidarsi con qualcuno, l’avrebbero portata alla rovina. Tante emozioni violente, tante delusioni e dolori vennero dissimulati e ignorati a lungo, al punto che in seguito la giovane e brillante imperatrice sarebbe crollata sotto l’enorme peso a cui si era sottoposta.

 

E in quei giorni, mentre tutti erano in lacrime per la partenza, fu l’unica a conservarsi calma e sorridente, mentre il 14 aprile 1864, tra le salve di tutti i cannoni dei castelli e degli spalti di Trieste, la fregata Novara, scortata dall’austriaca Bellona e la francese Thémis, presero il largo sulla via del Messico.

 

L’arrivo in Messico

A Veracruz nessuna autorità li attendeva e il primo impatto fu la sfuriata di un comandante della flotta francese al largo perché la Novara si era ancorata in un luogo “particolarmente infetto”, essendo la città più contagiosa del Messico per la febbre gialla. Solo verso sera arrivò Almonte e Veracruz si illuminò per festeggiare il nuovo imperatore. In città apparve il messaggio di Massimiliano dove giurava di consacrarsi al benessere del Paese, ma pur essendo le sue intenzioni sincere, il popolo vi lesse le stesse parole di Itùrbide, Santa Anna, Juàrez e Miramon.

 

Castello di Chapultepec
Castello di Chapultepec

 

Al mattino i reali vennero fatti scendere dalla nave, attraversare velocemente la città deserta a causa del pericolo di contagio, fino a una ferrovia costruita dai francesi per l’occasione, ma che dopo pochi chilometri finiva in un villaggio. Non fu rassicurante vedere le antiquate diligenze trainate da otto muli che avrebbero dovuto portare tutta la corte a Città del Messico per i successivi 400 chilometri. E mentre Massimiliano mantenne una calma esteriore, Carlotta non riuscì a trattenere le lacrime, pur consolata dagli ufficiali francesi.

 

Il viaggio fu massacrante, la strada dissestata spesso percorreva fiumi in secca pieni di pietre, dove la carrozza imperiale, portata dall’Europa, non resistette e gli assali cedettero. Ma Massimiliano era estasiato dalla natura, dai paesaggi e i villaggi che attraversavano, scoprendo che gli indios nutrivano un amore per le piante quasi uguale al suo. Anche Carlotta si era riempita di entusiasmo man mano che procedevano verso l’interno. Durante il viaggio, attraversando le varie città di Cordoba, Puebla (dove Carlotta festeggiò il suo 24mo compleanno) Cholula e Orizaba, furono accolti ovunque dagli indios con entusiasmo, e dopo tredici giorni estenuanti arrivarono nella capitale in festa.

 

Città del Messico era squallida e decadente. L’antica città degli aztechi venne distrutta dai conquistadores e sulle sue macerie fu costruita una città coloniale che dopo l’indipendenza venne lasciata cadere in rovina dai “liberatori”. Lo stesso imponente palazzo imperiale, dove la coppia reale avrebbe dovuto risiedere, era in dissesto. Massimiliano pensò subito a una generale ristrutturazione edilizia, mentre Carlotta scriveva che il Messico era tutto da rifare cominciando da zero. Su volere di Massimiliano trasferirono la residenza nel castello di Chapultepec, appena fuori città, che con i dovuti restauri e dimensioni più ridotte gli avrebbe ricordato Miramare.