Massimiliano e Carlotta – 6/6

 

La pazzia

Carlotta sbarcò a St. Nazaire, un piccolo villaggio di pescatori diventato città commerciale grazie ai commerci con il Messico, senza nessuna autorità ad attenderla. Il fatto che durante il tragitto verso Parigi fosse stata informata del precario stato di salute di Napoleone, non le impedì di inviargli un telegramma informandolo del suo arrivo. Il telegramma fu come una bomba e Napoleone III si ritirò a letto a tempo indeterminato dandosi ammalato informandola di non poter riceverla, mentre Carlotta, in risposta, telegrafò che sarebbe giunta a Parigi il giorno seguente, creando disorientamento e confusione a corte.

 

Fu ospitata al Grand Hotel dove ministri, diplomatici, banchieri e generali le fecero visita, compresa l’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone, a cui fece appello per sue rimostranze, ottenendo in cambio un continuo spostare la conversazione su argomenti frivoli e mondani. Un vero insulto per il suo onore, al punto che le disse: “se l’imperatore rifiuta di vedermi, farò irruzione nei suoi appartamenti”. E nessuno dubitò di quelle parole.

 

L’undici agosto 1886, l’imperatrice del Messico arrivò a St. Cloud dove si trovò faccia a faccia con l’uomo da cui dipendeva il suo avvenire.

 

L’incontro si svolse a porte chiuse e nonostante i racconti romanzati, resta solo lo scritto che inviò a Massimiliano dove diceva: “ho fatto tutto quanto era umanamente possibile”. Senza ottenere nulla. Durante il colloquio furono interrotti da un cameriere che portò dell’aranciata, al ché la sua mente ormai distorta cominciò a urlare che stavano tentando di avvelenarla. Il colloquio finì evasivamente con la promessa di Napoleone di consultare i suoi ministri. Rifiutando a darsi per vinta i giorni seguenti convocò i membri del governo per convincerli, ma fra la grande cortesia, mantennero tutti un atteggiamento vago, nonostante a Parigi si fosse conquistata l’universale ammirazione per la sua tenacia.

 

Al secondo incontro con Napoleone III si presentò come una furia scatenata, rammentandogli le promesse e gli impegni disattesi, costringendolo a rileggere la lettera inviata a Massimiliano nel 1864, facendolo vergognare di sé stesso e perdendo lei stessa il controllo insultando i ministri della guerra e delle finanze, che nel frattempo erano intervenuti.

 

Il 14 agosto il consiglio dei ministri francese, con voto unanime, decise l’evacuazione immediata di tutte le truppe dal Messico.

 

Il 20 agosto uno sconvolto Napoleone III incontrò ancora l’imperatrice del Messico che lo riempì di nuove e stravaganti proposte a cui infine, esausto, rispose che la Francia non voleva più sentir parlare di Messico. Il giorno successivo l’imperatore francese inviò a Massimiliano una lettera nella quale scrisse che la Francia non lo avrebbe più sostenuto e contemporaneamente Carlotta gli inviò un telegramma: “Todo es inùtil”.

 

La famiglia imperiale, Napoleone III, l’imperatrice Eugenia e Napoleone Luigi - 1865
La famiglia imperiale di Francia: Napoleone III, l’imperatrice Eugenia e Napoleone Luigi – 1865

 

Carlotta partì da Parigi il 23 agosto diretta a Miramare, con un odio verso Napoleone dai caratteri patologici, paragonandolo al demonio, mentre l’imperatore si prodigò di attenzioni mettendogli a disposizione un treno imperiale. Il suo umore migliorò solo dopo aver lasciato la Francia, e passato il Moncenisio arrivò alla villa del padre sul lago di Como completamente sfinita. Il medico le somministrava quotidianamente una dose di bromuro nel caffè per tranquillizzarla e la consigliò di riposare qualche giorno, ma volle subito ripartire verso Miramare per avere notizie dal Messico, viaggiando tra Lombardia e Veneto fra tutti gli onori, compresa la visita personale di re Vittorio Emanuele II.

 

Dopo aver compiuto la traversata da Venezia a Trieste, qui trovò ad attenderla la flotta austriaca con tutti gli equipaggi in coperta a renderle gli onori. A Miramare ritrovò vecchi amici e cittadini devoti, ma nessun membro della famiglia imperiale absburgica. E nel suo splendido castello cominciarono a essere più evidenti le paranoie e la sua mania di persecuzione.

 

La sera del 23 settembre 1866, con un treno speciale Carlotta arrivò alla stazione Termini di Roma dove l’attendevano cardinali, ciambellani papali, aristocratici e diplomatici. Era vestita “nel lutto più stretto e pallida come un fantasma”. Il giorno successivo all’hotel ricevette la visita del segretario di Stato, il cardinale Antonelli ben deciso a prevenire ogni suo tentativo di chiedere al papa interventi presso Napoleone. L’udienza con Pio IX durò più di un’ora e ne uscì con un umore talmente pessimo da distruggere gli ultimi residui della sua salute mentale. Cominciò a vedere spie di Napoleone dappertutto ed era terrorizzata che la volessero avvelenare.

 

Il 30 settembre, cominciò il suo calvario quando si fece accompagnare alla fontana di Trevi dove cominciò a bere esclamando: “almeno questa non è avvelenata”. Poi ordinò al cocchiere di condurla in Vaticano dove irruppe nello studio del papa implorandolo di proteggerla dagli “assassini” che volevano ucciderla. Lo pregò di poter rimanere perché le spie di Napoleone erano ovunque. Il papa chiamò il cardinale Antonelli che prendendo in mano la situazione telegrafò al re del Belgio spiegando il dramma e fece travestire due medici da ciambellani papali che poco a poco la convinsero a tornare in albergo. Ma qui andò in panico e volle tornare in Vaticano dove si presentò alle dieci di sera chiedendo di restare a dormire, cosa mai vista in diciotto secoli di papato. Alla fine Pio IX le fece allestire una camera nella biblioteca vaticana, dove trascorse la notte. Il giorno successivo non fu da meno con il papa esasperato, mentre in tutta Roma si diffuse la notizia, non tanto dell’imperatrice impazzita, quanto che una donna aveva dormito all’interno del Vaticano.

 

Il 7 ottobre arrivò finalmente a Roma suo fratello Filippo, conte delle Fiandre, per riportarla a Miramare mentre Francesco Giuseppe fece partire il dottor Riedel, uno dei più illustri luminari nel campo dell’epoca.

 

Fotografia dell'imperatrice Carlotta
Fotografia dell’imperatrice Carlotta

 

Fine dell’impero

“Chi è il dottor Riedel?” chiese Massimiliano. “Il direttore del manicomio di Vienna” gli rispose con ingenua franchezza il suo medico personale. Aveva già ricevuto l’ultimo telegramma di Carlotta: “Todo es inùtil” e la lettera di Napoleone che lo avevano sprofondato nello sconforto, ma questa risposta lo distrusse. Il primo pensiero fu l’abdicazione e il ritorno immediato in Europa per vedere sua moglie. Fece portare tutte le sue cose a Veracruz imbarcandole sulla corvetta austriaca Dandolo e si accinse a partire fermandosi a Orizaba. Ma da un lato padre Fisher e Bazaine dall’altro, covarono intrighi, inganni e affari equivoci per convincerlo a restare. La salute precaria, unita a un forte stato depressivo, lo misero in balia di falsi consiglieri e nella sua mente si fece strada l’idea che ormai non aveva nulla da perdere. E una lettera ricevuta da Miramare dove veniva informato di Carlotta rinchiusa nella Gartenhouse, isolata e guardata a vista attraverso spioncini, rafforzò la decisione di accettare la propria sorte. Fu così che il 12 dicembre 1866 tornò indietro a Città del Messico. Qui inviò a tutte le ambasciate straniere la decisione di conservare il trono, accusando la Francia di aver violato i termini dell’accordo.

 

In seguito a nuove pressioni da Washington, i francesi partirono, ma prima di andarsene ricevettero l’ordine di distruggere le armi e le munizioni che non potevano portare, e i cavalli venduti all’asta, anziché lasciare tutto all’esercito imperiale. Molti ufficiali si vergognarono a tal punto della meschinità che regalarono i propri cavalli agli amici imperiali. Anche gli ambasciatori austriaco e belga invitarono i volontari ad abbandonare tutto unendosi alle truppe francesi e fra i molti che si imbarcarono di nascosto ci fu anche il vescovo Labastida.

 

Dal nord arrivarono notizie sconcertanti riguardo a quello che fu chiamato “il massacro di San Jacinto” dove le truppe imperiali furono vinte e trucidate secondo gli ordini di Juàrez. Contemporaneamente Massimiliano ricevette una lettera della madre dalla quale comprese che a Vienna non sarebbe stato benvenuto, da qui emerse nella sua mente che gli rimaneva solo un unico gesto “eroico”: mettersi alla testa delle sue truppe e comandare l’esercito.

 

Il 13 febbraio 1867 Massimiliano lasciò la capitale per raggiungere Querétaro, 200 chilometri a nord e città fedelmente imperiale, dove le truppe si riunirono sotto il comando dell’imperatore. Prima di partire annullò il “decreto di ottobre”.

 

La fucilazione di Massimiliano
La fucilazione di Massimiliano – foto Roberto Sandoval, 1867

 

Gli effettivi dovevano essere diecimila, ma alla partenza furono 1.600, settemila vennero lasciati a difendere la capitale. A fianco dell’imperatore cavalcava il colonnello Lopez che aveva fatto carriera sotto gli imperiali ricevendo diverse decorazioni, compreso la Legion d’Onore dal maresciallo Bazaine. A Querétaro Massimiliano era ancora considerato un semidio dagli indios e dall’aristocrazia creola e fu accolto con grande entusiasmo. Qui si riunì con il grosso delle truppe che complessivamente non contavano più di novemila uomini. L’edificio centrale era il Collegio della Cruz con massicci muraglioni in pietra, mentre all’esterno dominava una collina chiamata Cerro de las Campanas, che furono entrambi scelti come punti di difesa della città.

 

L’assedio di Querétaro fu indubbiamente di grande eroismo e coraggio in cui l’imperatore, i suoi soldati, ma anche tutti i cittadini, comprese le monache, presero parte alla difesa, tanto che nel primo assalto vinsero gli imperiali. Anche la storia del tradimento fu tramandata: Miguel Lopez, il giovane fidato colonnello, aprì le porte della città al nemico.

 

Durante la reclusione ci furono appelli da molte corti europee, in particolare dalla regina Vittoria nei confronti di suo cugino, affinché Massimiliano fosse considerato prigioniero di guerra. Appelli furono inviati, prima e dopo il processo farsa, anche da figure preminenti come Victor Hugo e Giuseppe Garibaldi. Gli Stati Uniti (gli unici che avrebbero potuto salvarlo) fecero pressione attraverso un ambasciatore incapace e vigliacco, ma Juaréz fu irremovibile dalla volontà di castigare un discendente di Carlo V e Massimiliano venne fucilato il 19 giugno 1867. Il New York Tribune scrisse: “Il Messico deve la propria libertà agli Stati Uniti ed è contro il volere della nazione Americana che Massimiliano è stato fucilato”.

 

A. Rieger, Sbarco del feretro di Massimiliano I, Imperatore del Messico, a Trieste
Sbarco del feretro di Massimiliano I, Imperatore del Messico, a Trieste – A. Rieger,

 

Fu imbalsamato e ci furono non poche trattative per la riconsegna del corpo perché Juaréz pretendeva che Francesco Giuseppe riconoscesse l’assassino di suo fratello come presidente del Messico. Alla fine di novembre i resti mortali di Massimiliano furono imbarcati a bordo del Novara che era rimasto in attesa per sei settimane al largo di Veracruz. A Vienna coloro che gli avevano negato i suoi diritti gli concessero un funerale imperiale, fra i diplomatici e gli uomini di Stato che seguirono il corteo funebre ci furono anche i pochi amici con il cuore spezzato, ma nessuno degli “architetti” dell’impero, i vari Gutiérrez, Almonte, fuggiti in Europa, era presente.

 

 

Precedentemente, nel mese di luglio 1867 un treno privato arrivò alla stazione di Miramare. La regina del Belgio, accompagnata da uno dei più famosi neurologi di Bruxelles, veniva a prendere sua cognata per riportarla in patria. Re Leopoldo II, venuto a conoscenza del trattamento crudele e della noncuranza che le avevano riservato gli Absburgo, con la morte di Massimiliano e dopo aspre discussioni, aveva impugnato la custodia della sorella. Per oltre mezzo secolo Carlotta visse in un mondo popolato da sogni e ombre, ignorando tutto ciò che nel frattempo successe oltre i cancelli del castello di Bouchout, acquistato per lei dal fratello. Morì il 19 gennaio 1927.

 

 

La storia è tratta dal libro della giornalista Joan Haslip (1912-1994) le cui fonti inedite provengono da:
• Archivi del Messico, ministero degli Affari Esteri, Parigi
• Corrispondenza privata di Massimiliano e Carlotta
• Dispacci di ministri e dei consoli britannici in Messico
• Affari Esteri del Dipartimento di Stato USA
• Archivi del ministero degli Affari Esteri di Bruxelles
• Congress Library, Washington
• Stadt Archiv, Vienna
• Lettere di M.lle Bassonpierre, dama di corte dell’imperatrice Carlotta.
Da aggiungersi ad un’amplia bibliografia.