Meak Bochea, ovvero ‘In tutti si fa tutto’

Nella religione Buddhista i giorni di luna piena sono considerati speciali, e particolarmente santo è il giorno di luna piena del terzo mese lunare che commemora il discorso finale del Buddha ai suoi fedeli, quello in cui fissò definitivamente il ‘cuore’ del Buddhismo in tre principi fondamentali: cessare dal commettere ogni male, fare soltanto ciò che è buono e purificare la mente.
In Cambogia questo è un giorno di festa grande ed è chiamato Meak Bochea (letteralmente: venerare la luna piena del terzo mese, e quindi l’insegnamento del Buddha), e in tutto il Paese i fedeli accorrono ai templi, che nei giorni precedenti sono stati ornati e decorati per prepararli alla festa, per pregare e festeggiare assieme, e quel giorno abbiamo avuto la fortuna di poter anche noi partecipare a questa grande celebrazione, che per me ha assunto lo speciale significato di un giorno di condivisione e di collaborazione, ma andiamo con ordine e cominciamo dall’inizio.
E l’inizio è stato al mattino, quando ci siamo fermati per fotografare una risaia ed abbiamo visto alcune pie donne che si recavano al vicino tempio per partecipare all’inizio dei festeggiamenti:

La strada che porta al tempio è decorata con le bandiere Buddhiste e le donne, che indossano casacche bianche in segno di purezza, hanno la testa rasata perchè in Cambogia l’usanza prevede che le donne, se vogliono continuare a partecipare alla vita della comunità religiosa, si radano i capelli al raggiungimento del sessantacinquesimo anno d’età (in caso contrario devono limitare le proprie devozioni all’ambito domestico e pregare a casa propria).
Dopo quest’incontro proseguiamo per la nostra strada (visiteremo piantagioni di frutta e villaggi in cui si lavora lo zucchero ottenuto da una particolare palma, ma quella è un’altra storia) e ad un certo punto sentiamo una voce salmodiante, al che la guida che ci accompagna ci dice di affrettarci perché siamo vicini ad un tempio Buddhista in cui sta per svolgersi la cerimonia del pasto dei monaci (che mangiano una sola volta al giorno, prima di mezzodì).
Noi ci affrettiamo e così veniamo a trovarci in un piccolo tempio tra gli alberi, perso in mezzo alla campagna cambogiana, in cui si sono radunate decine e decine di persone vestite a festa, tutte venute a celebrare il Meak Bochea: in una veranda bassa son riunite le persone comuni, mentre i monaci e le persone importanti sono in una veranda più in alto a cui si accede per mezzo di una scala di legno.
Preceduti dalla nostra guida (che, assieme al nostro comportamento, garantisce per il nostro essere persone rispettabili e rispettose) saliamo la scala e ci troviamo qui:

cioè in una grande sala con il pavimento di legno ricoperto di stuoie intrecciate e con il soffitto abbellito da decorazioni coloratissime, in cui i monaci stavano pranzando:

in presenza dei fedeli, delle pie donne e anche di qualche bimba in abiti coloratissimi:

Dopo che la nostra guida ha chiesto ed ottenuto per l’omo il permesso di fare delle foto, lui si aggira cautamente tra i fedeli mentre io me ne resto rispettosamente in disparte vicino al gruppo delle donne e ovviamente chiedo se posso fare una piccola offerta, e la nostra guida mi suggerisce di offrire qualcosa alla capa delle pie donne, che son quelle che si occupano di fare la spesa per provvedere al cibo in queste occasioni di festa, e io così mi regolo e ricevo in cambio un sacco di ringraziamenti, e così, quando i monaci finiscono di mangiare e si allontanano dalla sala e tutto il cibo rimasto in abbondanza nei piatti di portata viene messo a disposizione dei presenti perché pranzino anch’essi, la capa delle pie donne ci rivolge un invito cortesemente perentorio perché anche noi ci uniamo a loro.
E così ci siamo seduti anche noi con i fedeli ‘importanti’ e abbiamo mangiato assieme a loro, e, mentre mangiavamo e comunicavamo a sorrisi, l’atmosfera di condivisione era davvero speciale.
E quando siamo scesi dopo aver mangiato assieme siamo andati a vedere la ‘cucina’, cioè il posto in cui, su pentoloni sospesi su fuochi di legna, venivano preparati i cibi per tutte quelle persone, ad opera di volontarie che si davano da fare per tutti e che probabilmente avrebbero pranzato solo quando tutti gli altri (non solo i monaci e le persone importanti, ma anche tutte le persone comuni nella veranda bassa) fossero stati opportunamente nutriti:

Nel frattempo, nel grande spiazzo tra il tempio e i posti in cui si mangiava, c’era un andirivieni continuo di bambini ed alcuni venditori delle piccole leccornie che rallegrano ogni occasione di festa, come questa venditrice di gallette di farina di riso che cuoceva al momento, con rapidità ed abilità estreme, tenendole sospese sopra un piccolo fuoco di legna mediante due forchettoni:

(vi assicuro che quelle gallette, leggerissime, croccanti ed ancora tiepide, erano davvero squisite…), mentre qualcuno dei novizi usciva dalla sua abitazione per andare verso il tempio:

dove i fedeli si erano riuniti a pregare.
In occasione della festa l’altare del tempio era stato magnificamente decorato con i frutti che la terra mette a disposizione, banane, cocchi e jackfruit:

e, mentre i fedeli pregavano, alcune bimbe gironzolavano tra le colonne:

e le più grandicelle si mettevano in posa per farsi fotografare dall’omo:

Immagino che quel giorno l’omo ed io abbiamo costituito un bell’elemento di attrazione per i piccini e magari anche per i grandi…

E dopo l’avventura nel piccolo tempio in mezzo alla campagna siamo andati verso altre avventure ed altri templi, e poco prima dell’imbrunire siamo tornati a Siem Reap per partecipare ai festeggiamenti serali del Meak Bochea in un tempio in cui eravamo stati il giorno precedente e in cui avevamo visto l’inizio dei preparativi.
Nella girofoto, scattata il giorno precedente a quello del Meak Bochea, vedete la panoramica della zona in cui si è svolta la festa (il piccolo tempio a destra è quello con l’altare del Buddha, quello in cui si è svolta la celebrazione con i monaci che pregavano ed i fedeli riuniti):

Qui di seguito potete vedere quel piccolo tempio prima che venisse decorato per l’occasione, con i fedeli riuniti per addobbarlo con i fiori contenuti nei grandi sacchi:

l’atmosfera è quella dell’anticipazione di una festa, la contentezza, il piacere di ritrovarsi assieme, il desiderio di creare qualcosa di bello, qualche ragazzo e qualche ragazza che approfittano dell’occasione per parlare un po’ tra di loro e magari per corteggiarsi anche un pochetto, insomma tutte quelle cose semplici e belle che scaldano il cuore:

E il pomeriggio seguente, quando arriviamo al tempio, pare di essere in un altro mondo, un mondo creato dall’operosità e dall’abilità di quelli che si son dati da fare, ché il tempietto del giorno prima è diventato questa cosa abbagliante:

e ovunque guardiamo vediamo i risultati del lavoro del giorno precedente: fiori dappertutto, bandiere dappertutto, intorno al tempio ci sono i carri che son serviti per la processione pomeridiana:

e ci sono anche delle signore che, con abilità estrema, ripiegano i petali dei fiori di loto:

fino ad ottenere delle piccole sculture:

(mi è stato chiesto se volevo provare anch’io, ma non ho avuto coraggio di farlo: il fiore di loto è particolarmente sacro, ed era piuttosto alto il rischio ch’io lo sciupassi e mi sarei sentita troppo imbarazzata se fosse successo).
I monaci e i fedeli sono tutti attorno al tempio, quelli dentro al recinto, che han lasciato fuori le scarpe:

seduti per terra a pregare, quelli fuori dal recinto in piedi o sulle panchine, pure a pregare, l’omo a far fotine e io ad indicargli con ampi gesti, senza puntare il dito, le cose e le persone interessanti.
L’atmosfera è accogliente, amichevole, lieta, le persone ci sorridono e sembrano decisamente contente di vederci lì con loro; dappertutto ci sono dei bicchierozzi di vetro con dentro le candelette dell’Ikea (cioè, magari non sono proprio quelle, ma insomma avete capito) e io, che non sapevo bene che cosa sarebbe successo, pensavo che servissero per andare in processione con le candele accese, e così, quando alcune pie donne han cominciato a far circolare dei ceri e me ne han messo uno in mano, ho aspettato un po’ ad accenderlo, ma poi una pia donna di passaggio me l’ha acceso e allora ho cominciato anch’io a darmi da fare ad accendere i lumini attorno al tempio e mi son messa a dare una mano a riempire di lumini una piccola vasca d’acqua:

e me ne son stata lì chinata e occupata coi lumini, e così quando mi sono alzata e girata mi son trovata davanti a questo spettacolo:

Ogni superficie orizzontale attorno al tempio era decorata di lumini accesi, e quel risultato bellissimo era stato ottenuto in un attimo, grazie al lavoro e alla collaborazione di tutti.
E allora ho cominciato ad aggirarmi col cuore pieno di gioia tra tutte quelle piccole luci che anch’io avevo contribuito ad accendere, e intanto i giovani monaci si fotografavano gli uni con gli altri e l’omo approfittava per fotografarli pure lui:

e i bambini, sempre felici di giocare con le luci:

cominciavano a riempire di lucine anche la grande vasca d’acqua davanti al tempio:

Eppoi i giovani monaci han cominciato a creare scritte con i lumini e ad accenderli:

e tutti aiutavano e anch’io sono stata invitata a partecipare, cosa che ho fatto con gioia, e intanto l’omo faceva delle foto di una bellezza abbagliante:

E nell’infrattempo l’eclissi di luna creava un buio vellutato che faceva risaltare ancora meglio tutti quei lumini accesi da tutti noi:

E alla fine, quando siamo andati via e stavamo tornando in albergo, siamo passati davanti ad un altro tempio, e qui avevano scelto di allestire uno spazio all’esterno in cui i passanti e non solo i fedeli potessero accendere delle candeline, anche qui con una palpabile atmosfera di gioia e di condivisione:

mentre dentro al cortile del tempio c’era un grande altare con una statua del Buddha davanti a cui bruciava l’incenso:

e una grande composizione di lumini, simile a quelle che in tutta la Cambogia sono state accese quella notte per celebrare il Meak Bochea:

Pubblicato da Bee

Ape per scelta e antigrillista per DNA, ama parlare di sé in terza persona, spargere serenità e buffezza e raccontare le meraviglie del mondo che ci circonda.