Propaganda, arma di persuasione di massa

Alzi la mano chi, sentendo parlare di propaganda, non pensa subito a Joseph Goebbels, il Ministro della Propaganda del Terzo Reich.

Nell’immaginario collettivo il termine suscita quasi sempre sentimenti negativi in quanto viene associato ai sistemi totalitari, ed è comunemente considerato sinonimo di controllo dei mass-media, disinformazione, manipolazione dei consensi, fake news e post-verità. In realtà, la propaganda non è sempre e comunque uno strumento tipico dei regimi dittatoriali, ma può essere anche una forma di comunicazione del tutto lecita in democrazia e addirittura utile. Vediamo quindi perché non va bene fare di tutta l’erba un fascio.

Esistono infatti due definizioni di propaganda: una, più generale, che l’assimila a uno strumento di informazione e una, più circoscritta, che invece l’assimila a uno strumento di persuasione. Secondo la prima definizione, la propaganda è utilizzata per diffondere nel pubblico la conoscenza di idee, proposte, programmi, azioni, servizi, prodotti ecc., di gruppi, associazioni, organizzazioni, istituzioni operanti nei diversi ambiti della società. Pensiamo alla propaganda commerciale per esempio (la c.d. pubblicità), o alla propaganda elettorale, entrambe legittime e regolamentate.
La seconda definizione, invece, si riferisce al caso in cui la propaganda persegua intenzionalmente finalità persuasorie occulte nei confronti dell’opinione pubblica, con tutte le conseguenze che ne derivano e che oggi sono d’attualità.

Alla luce di quanto sopra, queste due accezioni dovrebbero essere  tenute su due piani ben distinti e con valutazioni di segno opposto: quando la propaganda abbia funzione informativa al servizio del destinatario è da valutare positivamente in quanto diffusione di elementi di conoscenza, al contrario nel caso di funzione manipolatoria al servizio della fonte, è da valutare negativamente, in quanto strumento di persuasione.

Ma per la maggior parte delle persone la propaganda assume unicamente la connotazione negativa e c’è la convinzione diffusa che sia di per sé ingannevole , soprattutto nel caso della propaganda di tipo politico dove si innesca istintivamente un meccanismo psicologico di diffidenza a causa della pessima reputazione e della crisi di credibilità della classe politica presso gran parte dell’opinione pubblica, soprattutto in tempi recenti.

La propaganda politica

Usano forme di persuasione non solo le imprese, come dicevamo, ma anche i partiti politici, le istituzioni e gli Stati.  E per poter arrivare alla moltitudine delle masse veicolano la propria propaganda attraverso i media. Fin qui niente di strano: come abbiamo visto, la comunicazione persuasiva utilizzata per orientare le opinioni e modificare i comportamenti è lecita e fa parte del nostro essere individui. Grazie al linguaggio, infatti, ci mettiamo continuamente in relazione tra noi interagendo e negoziando. E influenzandoci reciprocamente.

Risultati immagini per persuasioneDunque, il problema con la propaganda come strumento di informazione non è che “persuade le persone”. Il problema con la propaganda è quando è ingannevole, ossia quando persuade le persone di cose false o fuorvianti, e quando per riuscirci fa leva sull’emotività dei destinatari e su sentimenti irrazionali e incontrollabili come rabbia e paura. Ecco la cattiva propaganda, quella che qualcuno chiama “tossica” e che è potenzialmente molto pericolosa in quanto contraria alle regole democratiche.

Per ottenere lo scopo, la propaganda ha bisogno un Nemico. Se il nemico non esiste lo crea dal nulla, screditando e calunniando, disinformando, manipolando, omettendo e mentendo, fino a quando il nemico non appare reale, pericoloso e come tale da annientare con ogni mezzo. Il blog di Grillo propone spesso fotomontaggi che riecheggiano i vecchi manifesti del passato, nei quali i volti dei politici scontornati sono incollati in contesti degradanti. Il meccanismo è quello collaudato del Novecento: delegittimare l’avversario politico, ridicolizzarlo, mostrarlo come un individuo moralmente spregevole, capace di ogni nefandezza, corrotto, bugiardo, interessato solo al suo tornaconto personale.  Se poi attribuisco al pericolo un volto anonimo – la grande finanza, le multinazionali, la tecnocrazia europea – se lo rendo indefinibile, ne accresco la pericolosità.

I toni propagandistici sono diventati appannaggio di un nuovo linguaggio politico che trova spazio nel vuoto lasciato dalla politica tradizionale e dall’aumento esponenziale di informazioni accessibili a tutti grazie al proliferare di siti web, social e blog. Facilità di accesso ai mezzi di informazione non significa però necessariamente volontà da parte dei cittadini di informarsi correttamente, e nello stesso tempo capacità e obiettività dei media nel farlo: il tarlo della contro-informazione e l’antagonismo verso “i media di sistema” si sostituiscono sempre di più alla volontà critica del cittadino, fornendo una versione già confezionata dell’analisi dei fatti. In questo senso, per il potere che i media hanno assunto per la loro tipologia e diffusione sono, oggi molto più di ieri, in grado di influenzare le masse, per loro natura influenzabili e terreno fertile dove attecchiscono e si sviluppano le idee totalitarie.

Uno degli  elementi da analizzare per capire se siamo di fronte ad una comunicazione persuadente corretta o ad una propaganda manipolatrice, che provenga dalla rete o da un singolo esponente politico, è senza dubbio il linguaggio.  Qui sta lo strumento per distinguere un messaggio di tipo “totalitario”, ancorché in un ambiente pienamente democratico. Secondo alcuni esperti, infatti, la sovraesposizione mediatica, l’accavallarsi di fonti di informazione non immediatamente verificabili e soprattutto l’utilizzo di linguaggi di tipo populistico, assimilabili per forma  a quelli utilizzati dai regimi totalitari, contribuiscono a creare una situazione che mette a rischio l’idea stessa di democrazia partecipata.

Per propagandare un determinato messaggio le parole vengono scelte attentamente in base al loro impatto emozionale avvalendosi di toni carichi di retorica, cupi, disfattisti, esageratamente pessimisti, in grado di suscitare indignazione, preoccupazione, allarme, addirittura isteria collettiva. Molto spesso si tratta di propaganda di tipo ingannevole, nella quale non pochi intravedono il rischio di derive antidemocratiche.

Un noto Movimento che utilizza messaggi populisti esasperati sostiene la c.d. democrazia diretta che, però, non è sempre il miglior modo di esercitare il potere democratico. Come afferma Luciano Floridi nel suo saggio,* «la democrazia diretta si avvicina molto di più alla dittatura di quanto la democrazia rappresentativa non possa mai fare». Un passaggio che introduce il concetto per cui è in un contesto come quello attuale, di confusione mediatica e di sostanziale sfiducia nella politica, che chi detiene e padroneggia i mezzi di comunicazione sul web ha la possibilità di manipolare senza alcun controllo le masse, incorrendo nell’eventualità di trasformare la democrazia diretta in totalitarismo, mediatico, ma pur sempre assoluto.

Per concludere, quello che segue è un piccolo estratto dal libro Propaganda del pubblicista statunitense Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud,  considerato dal magazine Life uno dei cento americani più influenti del XX secolo, al quale sembra si ispirasse lo stesso Goebbels. A proposito della manipolazione consapevole ed intelligente delle opinioni dei cittadini, Bernays scrive:  «Coloro che sono in grado di padroneggiare questo meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere del paese. […]  Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone».

*LA DEMOCRAZIA DIRETTA DEL WEB NON FUNZIONA (E ALTRE 2 LEZIONI DELLA BREXIT)

Pubblicato da Lady Viper

Strega Wicca. Restituisco per tre volte quello che ricevo, nel bene e nel male. Quindi occhio...