Tina 4 – Messico, Julio

Nel 1927 Tina conobbe un uomo che avrebbe cambiato in maniera profonda e irreversibile il corso della sua vita. Era appena arrivato dagli Stati Uniti con un ordine di espulsione per attività sovversive intestato a Enea Sormenti. In Messico si faceva chiamare Carlos Contreras, di nazionalità spagnola, ma negli archivi dell’Ovra, la polizia segreta fascista italiana, c’era un voluminoso dossier che lo identificava come Vittorio Vidali, di Trieste, agente operativo del GPU bolscevico… Trieste e Udine sono così vicine che quando lui gliene parlò a Tina sembrò di tornare a respirare l’aria della sua infanzia. L’amicizia fu immediata, spontanea. Vidali aveva un temperamento fuori dal comune, trasmetteva una sincera allegria, amava il vino, ma era anche disposto a rinunciarci per la tequila e fumava più sigarette di Tina, senza moralismi verso vizi o virtù. Estroverso, con carattere aperto e linguaggio sciolto, Vidali affrontava ogni questione a testa bassa, fermamente convinto che se c’era un torto, non poteva mai essere dalla sua parte. Dapprima Tina lo considerò una persona attraente per la sua simpatia, poi si accorse che nell’ambiente del partito si parlava di lui con mezze frasi e strane occhiate. La sua figura aveva un aurea di tacito rispetto e godeva di un carisma che la intrigava, ma non chiese ai compagni perché l’ultimo arrivato era considerato a un livello più alto di tutti loro. Come sua abitudine osservò e ascoltò, cogliendo sensazioni.

 

Girl in the Colonia de Bolsa (Mexico City 1928, Tina Modotti)

 

Il 12 maggio Tina firmò su El Machete un appello per partecipare a una manifestazione in memoria di Gastone Sozzi, un giovane operaio ucciso nel carcere di Perugia, dov’era stato recluso per attività antifasciste, attraendo l’attenzione delle spie italiane. Un agente dell’Ovra, impiegato all’ambasciata italiana, si infiltrò fra i manifestanti per individuare la firmataria e stillare un rapporto. Il 3 luglio il Ministero degli esteri inviò un cablogramma a quello degli interni: “Data manifestazione non è risultata degna di particolare nota…” “Non varrebbe quindi la pena menzionarla, se non avessero preso la parola, oltre ad alcuni oratori messicani, due italiani, i cui nomi erano fino a oggi sconosciuti negli ambienti dei nostri conterranei…” “Entrambi hanno detto di rappresentare la Lega Antifascista, e hanno usato un linguaggio molto violento contro il Regime. L’uno sarebbe tale Enea Sormenti…” “L’altra è una certa Tina Modotti, che ha descritto l’Italia attuale come convertita in un grande carcere e in un vasto cimitero.

Il Ministro degli interni decise di aprire un “fascicolo Tina Modotti“, scoprendo che esisteva già una segnalazione sullo stesso cognome, dove il consolato generale d’Italia di San Francisco, aveva denunciato il fratello Benvenuto Modotti come “antifascista attivo“. Iniziò pertanto un costante controllo da parte dell’Ovra che si accanì anche sui familiari, nel tentativo di attirare Tina in una trappola per rimpatriarla e processarla. Parte della sua corrispondenza venne intercettata, ma non potendo raggiungere l’obiettivo, il controspionaggio fascista perseguitò alcuni suoi lontani parenti. Dino Modotti, lontano cugino di Tina, nel 1926 era emigrato in Bolivia dove si dedicò a ogni tipo di lavoro, pensando di poter esprimere quelle idee che aveva represso in Italia, non sapendo che, a causa del suo cognome, l’Ovra lo contollava. Nel 1933 fu arrestato dai boliviani su richiesta dell’ambasciata italiana. Venne spinto a firmare un’abiura e totale appoggio al governo fascista, poi rilasciato. Ma alla sua esistenza, ormai segnata fra miseria e persecuzioni, decise di porvi fine, a cinquant’anni, con una rivoltellata in bocca.

 

Elegance and Misery (Mexico City 1928, Tina Modotti)

 

Ignara di tutto ciò, Tina non faceva nulla per nascondere il suo crescente impegno politico. Mentre Vidali gradualmente si allontanò dalle apparizioni pubbliche, limitandosi alle riunioni fra dirigenti e cercando di non farsi notare. Tina incrementò il ritmo di lavoro come fotografa, le servivano soldi per vivere e per inviare qualcosa alla madre, per cui scattò immagini su commissione per “Mexican Folkways”. Ricevette anche da José Clemente Orozco l’incarico di fotografare alcuni suoi murales. Dopo che Xavier Guerrero si era trasferito a Mosca, l’appartamento di Tina si trasformò in uno studio fotografico, con lo spazio invaso da negativi, acidi e stampe, non concedendo più molto alle visite. Ma non rifiutava mai ospitalità a militanti di passaggio. Il resto del tempo lo trascorreva nella sede di El Machete, dove in breve divenne una collaboratrice insostituibile.

Una sera del giugno 1928, nel piccolo ufficio sempre affollato, entrò Julio Antonio Mella. Vennero presentati e non dissimularono l’immediata attrazione reciproca.

Julio Antonio Mella era ancora ragazzo quando il fragore della rivoluzione d’ottobre raggiunse Cuba. Mella restò colpito dalla figura di Lenin, ma fu affascinato da quel comandante che guidava i suoi uomini su un treno blindato, quel Lev Davídovič Bronštejn, detto Trockij che si spostava instancabilmente su un treno da un punto all’altro delle sterminate steppe. Si laureò a L’Avana in Lettere e Filosofia, distinguendosi come leader della protesta studentesca. Dotato di grande capacità comunicativa, trascinò ogni agitazione e fu la mente che unì le lotte universitarie con quelle operaie e contadine. Nel 1923 il Generale Machado, dittatore di Cuba, scatenò un’ondata repressiva, che per Mella significò l’allontanamento dall’università con l’accusa di sedizione. Nel 1925 organizzò il congresso costituente del Partito comunista cubano, ma l’esplosione di una bomba nel teatro Payret, venne strumentalizzata dal governo per decapitare l’opposizione, accusando i comunisti. Mella venne arrestato e in seguito a uno sciopero della fame, riuscì a movimentare una folla arrabbiata. Il governo per disinnescare il potenziale esplosivo lo liberò, mentre lui per sottrarsi a un secondo arresto, fuggì in esilio. Prima in Honduras, poi in Guatemala, infine in Messico nel 1926, ottenendo asilo politico, dove dedicò tutti i suoi sforzi alla creazione della Confederaciòn sindical unitaria de México, per contrastare il potente sindacato giallo Crom, Confederaciòn regional obrera mexicana. Ma senza rinunciare al suo principale scopo: organizzare una spedizione a Cuba per scatenare l’insurrezione.

 

Construction Worker (Mexico City 1927, Tina Modotti)

 

Julio era alto, atletico, con un volto che esprimeva tutto l’impeto passionale con il quale affrontava la vita. Carattere impulsivo e irruente, avverso alle manovre sotterranee degli apparati di partito. Il suo modo di parlare emanava una sensualità solare, tipica dell’isola caraibica. La chiamava “Tinissima” irrompendo nella sua vita come un uragano tropicale. Nel settembre del 1928 decisero di vivere assieme. Tina era ancora considerata da tutti la donna di Xavier Guerrero e nel partito non mancarono le critiche. Tina viveva un travaglio interiore, combattuta fra la lealtà a Xavier e i giudizi dei suoi compagni. Così decise di chiarire la fine del suo rapporto con Xavier scrivendogli una lunga lettera a Mosca. Non ne ebbe risposta, ma si liberò, in parte, dal peso. Qualunque rimpianto avesse, si rifiutò di ingannarlo. La relazione fra Tina e Julio fu profonda e passionale. Lei lo ritrasse in decine di foto, che esaltavano la sua personalità. Julio con Tina divise anche la gestione del comitato “Manos fuera de Nicaragua“, organizzazione che appoggiava la lotta di Augusto César Sandino contro l’occupazione statunitense.

Julio era fondamentalmente trotskista e a Mosca questo non piaceva. Lo scontro decisivo fra Trotsky e Stalin avenne nel 1924. Alla morte di Lenin, l’ambizioso georgiano tessette una sottile e complessa alleanza nel partito, tale da sgretolare il potere politico di Trotsky. A nulla servì il grande carisma del quale godeva nell’Unione Sovietica. Nel 1925 fu costretto a lasciare il commissariato per la guerra. Nel 1926 venne estromesso dal Politburo. Nel 1927 dal Comitato Centrale. Tre mesi dopo Stalin lo espulse dal partito. A Trotsky non rimase che la via dell’esilio. L’aspra e spietata lotta si propagò fra tutti i “partiti fratelli” e quello messicano raggiunse i livelli più “sanguinosi”. Il PCM veniva considerato dal Comintern il fulcro dell’ideologia moscovita per il continente americano. Stalin poteva contare su un comitato con dirigenti fedelissimi, accanto ai quali emergevano figure carismatiche, pericolosamente attratte dal pensiero trotskista. Fu per questo che venne inviato in Messico Vittorio Vidali. Il suo compito era quello di far emergere ogni tipo di opposizione.

 

Woman with Flag (Mexico City 1928, Tina Modotti)

 

Julio Antonio Mella non si schierò mai apertamente con Trotsky, ma la sua convinzione di voler fomentare un’inserruzione a Cuba, era avversata da Mosca. Ogni guerriglia rappresentava per il Comintern un pericolo al consolidamento del potere in Unione Sovietica, perché poteva favorire e incentivare gli attacchi delle potenze capitaliste. I partiti comunisti, in questa fase, dovevano impedire sollevazioni armate nelle rispettive aree di influenza. Al IV congresso dell’Internazionale sindacale venne proposto di eleggere Mella come delegato rappresentante dei latinoamericani, ma venne tessuta una minuziosa trama di accuse nei suoi confronti tanto da eleggere il venezuelano Ricardo Martinez, suo acerrimo nemico.

Mella rientrò in Messico, ma non accettò la decisione del Comintern di abbandonare i propositi insurrezzionali a Cuba, così fondò l’Associazione Nazionale dei nuovi emigrati rivoluzionari di Cuba, finalizzata a organizzare una spedizione armata entro il 1929. Ne conseguì un incremento di tensione con i dirigenti del PCM, i cui rapporti con i comunisti cubani erano già quasi allo scontro. Il seguito di quegli anni fu abbastanza drammatico, ci fu l’assassinio del presidente Obregon, l’espulsione del ribelle Julio Antonio Mella dall’Internazionale sindacale, mentre il PCM sfiorò una spaccatura insanabile. Mella di fronte al divieto assoluto di organizzare una spedizione a Cuba, ruppe ogni collaborazione con il partito, fino a scontrarsi con Vittorio Vidali, un mese prima della sua morte, che gli urlò: “Non te lo scordare mai, che dall’Internazionale si esce solo in due modi: …o espulsi o morti”.

 

Misery (Mexico City 1928, Tina Modotti)

 

La notte del 10 gennaio 1929 tre uomini e una donna camminavano lungo un marciapiedi nel centro di Città del Messico. Un fornaio li notò e attirò la sua attenzione un vociare trattenuto e le tre figure ferme al centro della strada. Poche parole rabbiose, uno degli uomini che portava un cappello mise mano alla cintura. L’altro, alto e più giovane ebbe uno scatto istintivo. Uno sparo, un lampo. il più giovane ebbe una contrazione e cercò riparo verso le pareti delle case. Un secondo sparo e dopo qualche passo, crollò al suolo. Tina era presente, bloccata e terrorizzata. L’uomo col cappello scomparve e lei si gettò in ginocchio verso di lui, gli afferrò il volto, lo accarezzò, gli strinse la mano insanguinata. “Tina, sto morendo…Tina”, lei lo baciò, passandogli le dita fra i capelli. Lui cercò di parlare ancora, ma non ci riuscì. Fu così che venne assassinato Julio Antonio Mella.

Il seguito riempì le prime pagine dei giornali messicani. Quando dalla polizia uscì la prima tesi del delitto passionale, i giornalisti rovistarono in tutta la vita di Tina Modotti, rendendo pubblico ogni tratto eccentrico della sua vita. Vennero pubblicate le fotografie di nudo, per avvalorare la tesi della sua bassa moralità. Solo Diego Rivera si scontrò apertamente contro la stampa per difenderla. Anche Vidali le fu vicino in quei momenti terribili, con l’intera sua vita privata data in pasto al pubblico. La convinzione del partito era quella che Mella fosse stato assassinato da un mandante del dittatore cubano Gerardo Machado, tesi che veniva ignorata dalla polizia. Ci fu una mobilitazione in favore di Tina che si trasformò in una campagna contro la dittatura cubana e contro la polizia messicana, accusata di pagare i testimoni per nascondere la vera natura dell’omicidio. Tina stava diventando il capro espiatorio, ma fu decisiva la testimonianza di una donna che dichiarò di aver udito due detonazioni e affacciandosi al balcone udì il giovane ferito e soccorso da una donna, gridare: “Che lo sappiano tutti! Mi ha fatto assassinare il governo di Cuba…” Così riprese corpo la pista politica e il giudice istruttore abrogò le restrizioni sulla libertà di Tina.

 

Julio Antonio Mella (Tina Modotti)

 

La stampa cambio rapidamente il bersaglio, messa da parte Tina, fu José Magrinat il nuovo mostro con nuovi particolari ripugnanti. Si scavò nei risvolti più volgari dei suoi comportamenti e ancora si allontanò la verità su un accusato, puntando sulla sua condotta immorale anziché sugli indizi. Magrinat era un sedicente profugo della dittatura cubana, considerato dai comunisti come spia di Machado. Secondo Tina, Magrinat aveva cercato Mella per avvertirlo di un imminente attentato contro di lui. Le indagini si arenarono in breve tempo. Mentre Tina, dopo i giorni di angoscia che soffrì per la perdita dell’uomo che, secondo le sue stesse parole, significò “l’amore più grande della sua vita” e dopo aver sopportato l’impertinenza degli interrogatori e soprattutto dei giornalisti e dei fotografi, tornò alla vita di prima, che si tradusse al suo lavoro nella fotografia. Incaricò un avvocato per denunciare un giornale di aver leso la sua reputazione, avendola descritta come donna di strada. In seguito esibì davanti al giudice le fotografie dei suoi nudi, per comprovare che non si trattava di pornografia, ma di studi artistici.

Ma la morte di Julio segnò per Tina un punto di non ritorno, e la militanza per lei divenne l’unico rifugio in grado da proteggerla da dubbi e lacerazioni. Dopo l’omicidio di Julio, ci fu una persona che le stette vicino per sostenerla. Vittorio Vidali nei giorni seguenti all’omicidio di Mella scomparve nel nulla, per questioni di sicurezza, ma continuò a esserle a fianco, trascorrendo con Tina diverse ore in accese discussioni, forse per controllare che il suo tormento non si trasformasse in una crisi pericolosa.

 

Fonti:

Pino Cacucci: Tina
Elena Poniatowska: Tinissima