Tina 8 – Spagna, inizio della guerra civile

Tina raggiunse Vidali in Belgio dove entrambi si dedicarono a ristabilire contatti a Bruges, Anversa, Gand e Ostenda. In seguito lui ricevette istruzioni per tornare a Mosca, mentre lei venne rimandata a Parigi, in quanto la sua attività in Soccorso Rosso, non era ancora stata scoperta dai servizi francesi. Dopo cinque mesi rientrò in Unione Sovietica, dove venne assorbita dalla propaganda interna. Ma le fu sempre più difficile declamare nelle fabbriche le conquiste del movimento operaio. La maggior parte della gente si rifugiava nella passività inerte, unica difesa contro la spirale di follia che produceva “confessioni” di tradimento in serie, unite a fucilazioni di massa. Uno dopo l’altro, gli uomini che erano stati rispettati come padri della rivoluzione, ammirati per l’abnegazione e il sacrificio con cui avevano edificato la sterminata unione dei soviet, sfilarono nelle aule dei tribunali ammettendo di meritare qualsiasi condanna. L’incapacità di capire generò apatia e rifiuto. La diffidenza si insinuò anche nei rapporti più intimi. Non era solo il vicino di casa a rappresentare un eventuale delatore, ma anche amici o la persona con cui si condivideva la vita.

 

Rivoluzionaria (Tina Modotti)

 

Tina stava scivolando in una crisi senza speranze che manifestò con il mutismo e la malinconia in ogni suo atteggiamento. L’unica via d’uscita da quel clima era avere un incarico all’estero. Pensò anche a un rientro clandestino in Italia. Ma Mosca non aveva mai concesso permessi agli italiani che volevano tornare per combattere il fascismo, per evitare possibili ingerenze nella politica di un altro Paese e chiunque l’avesse chiesto era finito nella lista dei sospettati. L’occasione arrivò quando a Vittorio Vidali venne assegnata una missione in Spagna.

Nell’ottobre 1934 si era scatenata una vasta ribellione operaia nelle Asturie, guidata dagli anarchici, conclusasi con l’abbattimento del governo locale e l’avvio dell’autogestione. Il governo centrale lanciò un pesante contrattacco con una battaglia durata venti giorni, migliaia di morti e trentamila arresti. Ma la spietata repressione non bastò a contenere l’ondata rivoluzionaria. Il governo diede le dimissioni per indire nuove elezioni nel febbraio 1936. Mosca guardava con apprensione gli accadimenti in Spagna. Anarchici e trockisti rappresentavano la maggioranza dei movimenti popolari e il Comintern decise di intervenire senza indugi. Vennero dirottati su Madrid, Barcellona , Valencia e Saragozza i migliori agenti operativi.

Vidali era rientrato da poco, quando gli venne comunicato il trasferimento in Spagna. Tina gli confidò le sue preoccupazioni per la vigilanza a cui era sottoposta da diverso tempo. Voci dall’estero affermavano una sua presunta simpatia verso il trockismo che le stavano causando un capillare controllo. In realtà per lei l’immagine dell’Unione Sovietica, come le era apparsa inizialmente, s’era dissolta nel clima soffocante che avvolgeva la sua vita. La Spagna poteva rappresentare un’opportunità per fuggire da Mosca e Tina avanzò la richiesta di seguire Vidali. Nel novembre 1935 il Comintern le comunicò la partenza, con un breve periodo a Parigi, poi in Spagna. Convinta di non tornare più in Unione Sovietica, Tina salutò i pochi amici rimasti.

 

Vittorio Vidali alias “Comandante Carlos” (Spagna, anonimo)

 

Ancor oggi parlando della guerra civile spagnola, viene dipinta una Spagna abbandonata da tutte le democrazie europee e aiutata solo dall’Unione Sovietica. In realtà Stalin fece esattamente il contrario di ciò che la malafede dei suoi eredi ci ha fatto credere. Intervenne con quadri militari e armamenti, ma solo per scongiurare una rivoluzione in Spagna. Ipotesi comprensibile: le masse spagnole si erano organizzate autonomamente dal minuscolo Partito comunista, orientandosi verso ideologie e prassi libertarie, proprie delle loro radici anticlericali e antistatali e riconducibili a una realtà sociale profondamente diversa da quella sovietica.

Il maggior sindacato era la Confederacion nacional del trabajo anarchica, mentre la Federacion anarquista iberica raccoglieva oltre due milioni di iscritti e controllava l’intera Catalogna, storicamente la regione trainante del paese, dove sorgevano le industrie piu importanti e con un proletariato attivo e responsabilizzato nell’autogestione delle fabbriche tessili e meccaniche. Nelle campagne, da tempo si era dimostrata la validità delle comuni agricole, espropriando i latifondisti e organizzando assemblee per la produzione e la distribuzione. Anche la maggior parte dei marxisti spagnoli non si identificò nelle direttive di Mosca, dando vita al Partido obrero de unidad marxista, il Poum, di ispirazione non direttamente trockista, ma decisamente antistaliniana.

 

Femmes Républicaines (Spagna)

 

Alla vittoria del Fronte Popolare (raggruppamento di partiti fra Unione Repubblicana, Sinistra Repubblicana, PSOE, PCE, POUM) nelle elezioni del 16 febbraio 1936, le famiglie che detenevano il potere economico e le gerarchie ecclesiastiche spinsero la casta militare alla sollevazione (un golpe…) Lo scoppio delle ostilità rappresentò anche l’occasione tanto attesa dal Comintern per intervenire massicciamente nella situazione che piu di ogni altra stava incrinando il principio della “rivoluzione in un solo Paese“. E una guerra civile sarebbe stato il clima piu adatto per individuare e colpire le figure maggiormente attive dell’opposizione, favorendo oltretutto manipolazioni di ogni sorta. Nel quadro dei complicati e delicatissimi equilibri intemazionali, ci fu addirittura chi sostenne che Molotov in quell’anno stesse gia tessendo la trama del patto con Ribbentrop e l’alleanza con la Germania nazista e che, senza prevedere il mutuo soccorso, venisse sancita la reciproca neutralità negli scontri in atto.

Politica che l’Unione Sovietica in Spagna avrebbe rispettato, nelle apparenze, nei fini e nei risultati. Il ferreo controllo sulle Brigate internazionali da parte dei commissari politici sovietici sarebbe ben presto sfociato in eliminazioni brutali e fucilazioni sommarie nelle file dei dissidenti, trovando pieno appoggio nel governo repubblicano i cui sforzi erano concentrati più sul disarmo delle milizie popolari che nel combattere gli ufficiali ribelli. “Prima la guerra, poi la rivoluzione” sarebbe stato lo slogan demagogico volto a conquistare la base della UGT, il sindacato di ispirazione social-comunista. Ma nella pratica, Stalin fornì i mezzi bellici unicamente per garantire legittimità di azione ai suoi agenti. Il compito primario era impedire l’affermarsi delle teorie trockiste sulla “rivoluzione permanente” estesa ad altri paesi, e consolidare l’immagine dell’Unione Sovietica come il solo punto di riferimento per i partiti comunisti di tutto il mondo. E tale disegno rischiava di essere compromesso dalla rivoluzione spagnola, per altro gia avviata e in aperto contrasto con Mosca.

 

Manifestation du congrès des Femmes Antifascistes (Spagna)

 

La qualifica operativa di Vittorio Vidali era quella di commissario politico del Quinto Regimiento, la formazione militare a cui venne affidato il compito di gestire dall’interno le mire staliniane sull’esercito repubblicano. Vidali era un uomo d’azione, impulsivo, coraggioso e “creativo” nell’impiego tattico, figura dotata di grande carisma e fascino istintivo. Irruente, sempre incline ad atteggiamenti anticonformisti, e preceduto dalla fama che univa la pistola alle conquiste amorose: non ancora quarantenne era già una piccola leggenda (el Comandante Carlos). Ma non possedva lo spessore politico e la lungimiranza strategica per attuare piani sottili senza ricorrere a interventi clamorosi, fattore che avrebbe spesso costretto i vertici del Comintern a frenare il suo operato. Perciò doveva riferire la rigida esecuzione degli ordini a Palmiro Togliatti.

Col passare degli anni, pur ammettendo l’incarico di proconsole che aveva rivestito dal 1° luglio del 1937 fino agli ultimi giorni della Repubblica spagnola, Togliatti riuscì a cancellare dalla memoria storica ufficiale i numerosi crimini consumati dagli agenti del Comintern alle sue dirette dipendenze. Gli scampati continuarono a denunciarli inutilmente dalla precaria posizione di esiliati ed eretici al tempo stesso, rivolgendosi a un’Europa devastata dalla guerra e che riponeva in Stalin l’unica speranza di dissanguarnento dalla Wehrmacht. Molte di quelle voci vennero messe a tacere con il preciso e maniacale lavoro di una capillare rete di sicari, abili quanto spietati.

E vi furono alcuni casi eclatanti, a dimostrare un’ottusa mancanza di opportunismo politico unita a una considerevole dose di paranoia vendicativa, primo fra tutti l’assassinio di Trockij. In fondo, come avrebbe potuto sconvolgere l’opinione pubblica mondiale, immersa in un conflitto che stava causando milioni di vittime, il cranio sfondato di un vecchio bolscevico in esilio?… Ancor meno clamore suscitò la scomparsa di tante figure poco note. Se in Russia Ie fucilazioni si susseguirono a ritmo costante e senza problemi di immagine, negli altri paesi l’eliminazione di avversari politici era spesso improntata all’occultamento delle vere cause, e persino nei modi e nei mezzi impiegati. Così vennero frettolosamente archiviati un numero impressionante di strani incidenti, sparizioni nel nulla, suicidi… E di “attacchi cardiaci”.

 

La fotografia simbolo della guerra di Spagna, che rese famoso Robert Capa. Il combattente repubblicano colpito durante uno scontro avvenuto il 5 settembre 1936 a Cerro Muriano, pochi chilometri a nord di Cordova.

 

Vidali arrivò a Madrid il 17 luglio 1936, all’indomani della sollevazione dei legionari franchisti e delle truppe dislocate in Marocco. Il 18 riunì i delegati del Soccorso Rosso per impartire le direttive, quindi si trasferì alla caserma di Calle Franco Rodriguez dove organizzò la formazione del Quinto Reggimento. Tina lo raggiunse il 19 luglio, e venne destinata all’Hospital Obrero, dove c’era urgenza di personale volontario, dopo la fuga dei medici fascisti e delle infermiere religiose. La riorganizzazione delle corsie e delle sale operatorie era appena iniziata, quando cominciarono ad affluire i primi autocarri colmi di feriti. Ben presto, l’ospedale si trasformò in un inferno: bende e medicinali si esaurirono in pochi giorni, le amputazioni si eseguivano senza anestesia, e molte infermiere volontarie morirono, avvelenate dal cianuro che un’infiltrata falangista mise nel cibo della mensa. Tina si incaricò della vigilanza delle cucine, dormendo su una sedia con la pistola appoggiata sulle ginocchia.

Più tardi conobbe il medico canadese Norman Bethune e si offri di aiutarlo nel progetto di compiere trasfusioni sul campo e nelle immediate retrovie, poiché la maggior parte dei feriti moriva dissanguata prima di raggiungere l’ospedale. In ospedale si affezionò a un degente dai capelli bianchi, con diversi libri sul comodino. Un giorno lo trovò particolarmente triste:

Che le succede don Alessandro?
Hanno fucilato un mio amico
Chi era?
Federico Garcia Lorca, l’hanno fucilato a Granada. Era un poeta“.

 

Federico Garcia Lorca, fatto fucilare da Francisco Franco nel 1936.

 

Tina si arruolò anche nel battaglione femminile del Quinto, dove venne addestrata all’uso di armi leggere e al lancio di granate. Era regola diffusa adottare un nome di battaglia, e lei scelse “Maria”, ricordando l’usanza messicana di chiamare così le bambine abbandonate e le piccole vagabonde di strada. Ma Tina, per quanto lontana da Mosca e dal suo clima persecutorio, non stava in Spagna come una qualsiasi volontaria. Era una stretta collaboratrice del commissario politico “Carlos Contreras”, e per quanto cercasse di rimanere estranea alle manovre degli agenti stalinisti, coi quali era costretta comunque a convivere, obbediva agli ordini in silenzio, esprimendo il crescente malessere soltanto al chiuso dei rari momenti di intimità. Il Comintern considerava certo più preziosa la sua esperienza di funzionaria, che il lavoro di infermiera. Così venne destinata alla propaganda e cominciò a diffondere materiale nelle retrovie, a intervenire nelle assemblee, a sostenere senza alcun entusiasmo, l’eroico sforzo del popolo sovietico e il fulgido esempio dei suoi dirigenti…

Intanto, il Quinto Reggimento si trasformò nel meccanismo politico-militare finalizzato a controllare l’esercito repubblicano dal suo interno. Ordine severissimo e disciplina rigida erano solo una facciata: lo scopo del Quinto non era quello di combattere i falangisti, ma di eliminare ogni forma di “deviazionismo”. In poco tempo, il nucleo comunista delle milizie si dilatò al punto da inglobare migliaia di uomini, fino ad assumere le proporzioni di una divisione strutturata in brigate e compagnie. Armi e supporto logistico non mancavano: i rifornimenti inviati da Stalin servirono unicamente a rafforzare il peso e l’infuenza del Quinto, che sarebbe finito con l’essere ìmpiegato per smantellare le comuni agricole e disarmare i volontari non inquadrati nell’esercito. La fusione tra il Quinto e le forze armate venne decisa quando il controllo di Mosca si era ormai esteso al governo repubblicano, poco prima l’arrivo di Togliatti.

 

Dolores Ibárrur alias La Pasionaria, con Vittorio Vidali alias Carlos Contreras e Comandante Carlos. (Spagna)

 

Nei primi mesi di guerra l’avanzata dei legionari del Tercio (la Legión Española) venne contrastata quasi interamente dalle Brigate internazionali e dalle colonne anarchiche, mentre il governo perdeva giorni preziosi nell’indecisione sul distribuire o meno le armi ai volontari. La pronta mobilitazione di antifascisti provenienti dai più svariati paesi fu dovuta anche alle Olimpiadi Popolari di Barcellona, che erano state indette come alternativa a quelle svoltesi nella Germania nazista, e che avevano attirato in Spagna migliaia di militanti della sinistra internazionale. Sul fronte di Aragona, dove accorsero per bloccare l’offensiva dei falangisti, si formarono la centuria inglese Tom Man, l’austrotedesca Taelmann e la colonna italiana comandata da Carlo Rosselli. Fondatore del movimento Giustizia e Libertà, Rosselli aveva convocato invano una riunione a Parigi per esortare l’intervento a fianco dei libertari spagnoli: comunisti e socialisti, legati dal patto di unità d’azione, che avevano rifiutato per non interferire nelle “questioni interne” di un’altra nazione, secondo la linea sostenuta dal Comintern. Tre giorni dopo l’attacco di Franco, Giustizia e Libertà decise di combattere senza nessun appoggio, contando solo su anarchici e gruppi minoritari della sinistra rivoluzionaria.

Altri volontari italiani si unirono a francesi e polacchi. chi nelle centurie Gastone Sozzi, Commune de Paris e la sua colonna Dombrowsky, concentrandosi a Irún, mentre gli ungheresi formarono il gruppo Rakosi. Gli statunitensi si riunirono nella brigata Lincoln, i canadesi nel reggimento Mackenzie-Papinau. Ma in molte formazioni si ritrovavano migliaia di uomini e donne dei più disparati paesi, al punto che nel solo battaglione Dimitrov si parlavano dodici lingue. A migliaia erano scesi anche dai paesi scandinavi, ma contingenti meno numerosi arrivarono persino dall’India, dalla Cina, dal Sudafrica, dall’Abissinia, dal Messico, dall’Algeria… L’esercito repubblicano stentò ad avviare la controffensiva. Oltretutto, doveva prima sedare i focolai golpististi all’interno delle principali caserme. I comunisti, invece erano proiettati unicamente nell’opera di infiltrazione dei quadri politici e militari, e nel minuzioso controllo dei volontari che varcavano la frontiera: l’ordine era individuare i personaggi più in vista dell’opposizione antistaliniana.

 

Fonti:

Pino Cacucci: Tina
Elena Poniatowska: Tinissima