Tina 9 – Spagna, faide e tradimenti

Volontari di ogni Paese attraversarono i Pirenei, pronti a combattere per la Repubblica e fedeli montanari locali li guidavano. Ad accoglierli al loro arrivo c’era Luigi Longo, conosciuto come Gallo. Fu lui a chiedere al “Comandante Carlos” di inviare “Marìa Sânchez” alla frontiera per registrarli. C’era un enorme caos, pochi parlavano lo spagnolo, ma erano quasi tutti armati, ungheresi, polacchi, albanesi, scandinavi, australiani. Longo si chiese cosa fare di tutta quella gente animata da entusiasmo, spesso mal riposto. Temeva che la Spagna si riempisse di bambini da asilo infantile, anche se pieni di buona volontà. Molti dicevano di essere maggiorenni, ma senza poterlo dimostrare, mentre Marìa-Tina cercava di scinderli. Uomini e donne passate da Parigi, avendo già compilato i questionari, erano i più facili da registrare. “Comunista?” “No, idealista”. Gente di ogni professione, sarti, meccanici, falegnami. Si presentò anche una donna magrissima a cui Tina chiese il nome: “Simone Weil”. Tina ne conservò un buon ricordo, ma successivamente Vidali la corresse dicendole che quella donna era un’anachica.

Alla fine di ottobre, Albacete nella Spagna sud orientale, si trasformò in una torre di Babele: arrivarono i volontari, ma non i rifornimenti. I tedeschi volevano la birra, i francesi pommes frites, c’era vino, ma il resto scarseggiava. I tedeschi marciarono in perfetto ordine, gli italiani in perfetto disordine, mentre francesi, inglesi, belgi si vantavano della loro esperienza di combattimento nella guerra 1914-1918. I comunisti erano i più ideologizzati, gli altri rispondevano a ideologie diverse, e molti erano anarchici. I comunisti combattevano i socialisti. Gli anarchici combattevano i pacifisti (i quali, comunque, chiedevano fucili). I volontari provenivano da cinquantatré Paesi, fra cui indiani, algerini, arabi, sudafricani e latinoamericani che si aspettavano di combattere, ma cosa poteva offrire loro Luigi Longo senza equipaggiamenti e rifornimenti?

 

Simone Weil in Federacion Anarquista uniform during the Spanish Civil War (Getty Images)

 

A novembre i franchisti erano già alle porte di Madrid, dopo l’avanzata da Talavera e Maqueda e la caduta di Toledo. Il governo si rifugiò a Valencia, in una fuga disordinata che gli abitanti della capitale non esitarono a definire un tradimento. I comunisti approfittarono del vuoto di potere nominando responsabile della difesa un loro fedelissimo, Antonio Mije. Ma fu la popolazione di Madrid a respingere i primi assalti delle falangi disponendosi spontaneamente sul perimetro della città. In pochi giorni accorsero le Brigate internazionali dai fronti meno impegnati. Dall’Aragona scese la Colonna Durruti, che si attestò nella zona universitaria. André Malraux formò con pochi malandati velivoli la squadriglia da caccia Lafayette, con cui tentò di contrastare gli Stukas della Legione Condor tedesca e i Savoia Marchetti della Regia aeronautica. L’aviazione franchista era quasi interamente equipaggiata con i Fiat e i Caproni, all’epoca considerati tra le macchine più evolute degli schieramenti europei.

Dal clima di euforica fratellanza dei primi giorni si passò alle divisioni e alle lotte intestine che presto sfociarono in faide sanguinose. La prima morte sospetta fu quella di Buenaventura Durruti, il popolare comandante anarchico. La sua colonna fu un raro esempio di efficienza e autodisciplina. Attrezzata di un proprio servizio sanitario e cucine da campo, disponeva inoltre di una tipografia montata su autocarri che stampava un settimanale, “Frente”, con milioni di volantini e manifesti. Notizie sull’andamento della guerra e commenti politici venivano diffusi in tutta Europa dalla sua potente stazione radio, che contribuiva a far affluire nuovi volontari.

 

Buenaventura Durruti

 

Per il movimento anarchico internazionale, la “colonna di ferro” era già una leggenda. Il prestigio di Durruti, in Spagna, non poteva essere denigrato neppure dai comunisti. Solo in Unione Sovietica, grazie alle corrispondenze di Il’ja Erenburg, la sua figura divenne bersaglio di ogni sorta di menzogne e mistificazioni. Quando Saragozza cadde nelle mani dei falangisti, e venne occupata dai fanatici del reparto Requetes di Navarraihe che la trasformarono in un cimitero, la colonna Durruti fu l’unica ad avanzare riconquistando metro per metro l’Aragona, fino ad accamparsi a venti chilometri dalla città. Ma dal governo non arrivò alcun aiuto, si preferì perdere quel punto strategico di vitale imporianza, piuttosto che favorire la popolarità degli anarchici.

In seguito anche quando Madrid fu prossima a cadere, Durruti decise di accorrere in sua difesa coi cinquemila uomini della colonna. Il 13 novembre 1936 tutta la città acclamò il loro passaggio gridando: “Viva Madrid senza governo!” Dopo una settimana di aspri combattimenti, legionari e truppe marocchine vennero inchiodati sulla linea tra la Plaza de la Moncloa e il Parque del Oeste. Il 19 novembre, Buenaventura Durruti ispezionò il fronte in un momento di tregua, per assicurarsi che non vi fossero punti deboli neilo schieramento difensivo. E cadde, coipito nel settore non esposto al fuoco del nemico.

 

Miliziani (Spagna 1936, Tina Modotti)

 

I suoi funerali si trasformarono in una manifestazione oceanica, a cui parteciparono centinaia di migliaia di persone e delegazioni di ogni schieramento politico. Anche i comunisti gli resero omaggio, sostenendo la versione ufficiale di una pallottola vagante, ma diffondendo la voce che a ucciderlo sarebbero stati alcuni anarchici ribellatisi alla disciplina militare. Vidali non perse occasione per dichiarare che Durruti si sarebbe sparato da solo, scendendo daìl’auto con la canna del mitra rivolta assurdamente al petto, quasi usasse l’arma come bastone da passeggio. Gli uomini della colonna evitarono di accusare apertamente i comunisti, per scongiurare tumulti sanguinosi proprio nel momento in cui il fronte rischiava di cedere, e affermarono che a sparare fosse stato un uomo della Guardia Civil repubblicana dalla finestra di un edificio abbandonato. Qualche anno più tardi, il dirigente comunista francese Auguste Lecoeur, commissario politico di Stalin,  ammise tranquillamente: “Siamo stati noi a farlo fuori“.

Nei giorni seguenti la sua morte, i personaggi più in vista dell’anarchismo madrileno ripararono tutti in Catalogna, roccaforte del movimento libertario. Le alterne vicende della guerra civile, condannata alla lenta disfatta dai massicci interventi esterni, ma soprattutto logorata dalle trame interne, contribuirono a rendere confuso il crescendo di morti oscure e sparizioni inspiegabili. La maggioranza degli antistalinisti uccisi da “pallottole vaganti”, o trascinati nelle camere di tortura clandestine della Gpu, figurò nel mucchio dei caduti senza nome, quello dei “dispersi in azione”. Ma per alcune figure più note dell’opposizione di sinistra si levò la denuncia dei combattenti sopravvissuti, che lottarono per decenni contro l’oblio del nuovo ordine mondiale.

 

Guido Picelli

 

Guido Picelli, figura leggendaria dell’antifascismo a Parma, dove nell’agosto del 1922 aveva capeggiato la resistenza all’invasione di oltre diecimila squadristi in armi, dopo anni di carcere e confino era riparato in Francia, e quindi a Mosca. Allo scoppio della guerra civile ottenne il permesso di raggiungere la Spagna, fermandosi per un breve periodo a Parigi. Qui incontrò Julián Gorkin, del comitato esecutivo del Poum, presentatogli dal segretario del Partito Socialista Massimalista Italiano. Gorkin nelle sue memorie affermò che Picelli gli avrebbe dichiarato: “ho lasciato l’Unione Sovietica perché voglio mettere la mia esperienza al servizio della causa antifascista spagnola e internazionale. Ma con i comunisti non ho più nulla da spartire. Se posso essere utile a voi, mi offro per organizzare un battaglione d’assalto“. E sarebbe stato proprio Julián Gorkin a procurargli i contatti per trasferirsi a Barcellona.

Picelli, già deputato del Partito socialista italiano e successivamente confluito nel PCI, era sicuramente deluso e amareggiato dall’esperienza vissuta a Mosca, ma non aveva mai espresso critiche così nette, mantenendo un dignitoso silenzio in nome di un ideale che continuava a nutrire malgrado la deriva staliniana. Per certo, quando decise di andare a combattere per la Repubblica spagnola, non prese contatti con i comunisti bensì con gli ambienti libertari e di ispirazione trockista, a riprova delle decisioni maturate.

 

Julián Gorkin

 

Le memorie di Julián Gorkin sono spesso lacunose e imprecise, a volte con conclusioni azzardate su fatti riguardo i quali nutriva fondati sospetti, ma senza apportare alcuna prova. In ogni caso, rispetto alla morte di Picelli, Gorkin sostenne che sarebbe stato eliminato dagli stalinisti. Il comandante degli Arditi del popolo di Parma cadde in combattimento il 5 gennaio 1937 mentre guidava l’attacco alle alture di Aragosa, sul fronte di Guadalajara, colpito dal fuoco nemico secondo la versione ufficiale. Centrato alle spalle da un sicario stalinista, secondo le convinzioni suffragate da prove circostanziate. E aggiunge: “…a differenza di Hans Beirnler, l’ex deputato comunista tedesco assassinato alle spalle e seppellito a Madrid, per Guido Picelli si allestirono funerali imponenti: venne fatta sfilare sotto la sede del Poum e del Psue la folla, inquadrata da plotoni di soldati e poliziotti con grande ostentazione di armi. Era un chiaro avvertimento ai trockisti e a quella minoranza di socialisti rivoluzionari che non avevano assecondato il patto con i comunisti”.

Il marxista inglese Friend, sospettato di simpatie trockiste, venne attirato su una nave sovietica con la scusa di avvalersi delle sue capacità come radiotecnico per una falsa avaria a bordo. Trasferito a Odessa, il 12 aprile 1937 entrò in una prigione della Gpu. Da quel giorno si perse ogni traccia di lui. Il figlio del laburista Robert Smillie venne ucciso in un carcere spagnolo controllato da commissari politici del Comintern, mentre scomparve nel nulla Mark Rein, figlio del dirigente socialista russo Raphael Abramovic.

 

Women at war (Spanish civil war, Gerda Taro)

 

La principale attività di Tina era organizzare e coordinare il lavoro di Soccorso Rosso. Ma quella che inizialmente doveva essere una rete di solidarietà internazionale per le vittime della repressione di ogni dittatura, si era ormai trasformata in uno strumento di controllo del controspionaggio staliniano. L’alto ufficiale del Servizio informazioni dello stato maggiore dell’Armata Rossa, W.G. Krivitski, scrisse un libro di memorie dove compaiono passi espliciti riguardo l’intervento sovietico in Spagna. E sostenne che, fin dal 30 giugno 1934, Stalin avesse avviato le trattative per l’alleanza con Hitler, decisa in una riunione del Politburo a cui aveva partecipato lui stesso.

“In Europa abbiamo creato un certo numero di punti segreti di controllo, dove ogni aspirante volontario deve essere sottoposto a una nuova accurata investigazione da parte di comunisti stranieri, devoti e meritevoli di assoluta fiducia, o di segretari e agenti delle organizzazioni sotto il nostro controllo, come il Soccorso Rosso internazionale, gli Amici della Spagna repubblicana… o di funzionari di qualche istituzione spagnola legati a noi. Come ha dimostrato Luis de Araquistain, ex ambasciatore della Spagna repubblicana in Francia, il novanta per cento di tutti i posti di una certa importanza al Ministero della guerra era occupato negli ultimi tempi da uomini fedeli a Stalin. Il controllo della Gpu sui volontari ritenuti degni di sacrificare la vita per quella che essi credevano fosse la causa della Repubblica continua anche in Spagna, dove informatori vivono fra le truppe per scoprire eventuali spie, o per eliminare quanti manifestino convinzioni politiche avverse, o per vigilare sulle letture e le conversazioni dei volontari. In pratica, tutti i commissari politici delle Brigate internazionali, come più tardi anche la maggior parte di quelli dell’esercito repubblicano, sono uomini del partito. I passaporti vengono ritirati ai volontari al loro arrivo in Spagna, e raramente restituiti. Anche in caso di congedo, si dichiara che il documento è andato perduto. I passaporti dei caduti, dopo qualche settimana di ricerche sui familiari dei possessori, sono facilmente adattati ad agenti della Gpu per nuove missioni…

E fu proprio con uno di quei passaporti che “Marìa” fu inviata negli Stati Uniti dopo la sconfitta spagnola, e lo stesso farà Vidali. Anche il sicario che Stalin inviò in Messico per assassinare Lev Trockij si sarebbe avvalso di un documento appartenuto a un volontario ucciso.

 

Walter Germanovich Krivitsky

 

Riguardo alla situazione in Catalogna, Krivitski scrisse:

“Slutski, capo della Sezione esteri della Gpu, ha avuto l’ordine da Mosca di ispezionare la polizia segreta che è costituita sul modello di quella sovietica. La Gpu controlla ormai quasi tutto il territorio della Spagna repubblicana, ma concentra la sua azione sulla Catalogna, dove i gruppi indipendenti sono più forti e anche i trockisti vi manifestano una certa presenza. Tornando da Parigi qualche settimana più tardi, Slutski mi ha detto: -quelli hanno del buon materiale laggiù, ma mancano di esperienza. Noi non possiamo permettere alla Spagna di diventare un libero campo d’azione per gli elementi antisovietici venuti da tutte le parti del mondo. In fin dei conti, bisogna considerare che la “nostra” Spagna fa ormai parte del fronte sovietico. Dobbiamo renderla forte per noi stessi. Chissà quante spie ci saranno, tra quei volontari. E anche gli anarchici e i trockisti, benché siano da considerarsi tutti militanti dell’antifascismo, sono nostri nemici. Quindi, vanno eliminati”.

E la Gpu lavorò brillantemente. Nel dicembre 1936, il terrore regnava già a Madrid, a Barcellona e a Valencia. La Gpu possedeva le sue prigioni speciali, e i suoi uomini eseguirono eliminazioni e rapimenti ordinati…

 

Fonti:

Pino Cacucci: Tina
Elena Poniatowska: Tinissima