Food in Britain. ‘Il paese dove si mangia peggio’ . Prima parte.

Persiste, sopratutto in Italia, l’idea che la Gran Bretagna sia il paese europeo in cui si mangia peggio. Anzi, alcuni italiani mi dicono, convinti, che l’UK sia il paese al mondo dove si mangia peggio o, piu’ elegantemente: il cibo inglese fa schifo.

Questa credenza si basa su diversi fattori e c’è stato un lungo periodo in cui la prima affermazione era vera. Quel tempo è però passato e negli ultimi anni la Gran Bretagna ha avuto un cambiamento straordinario nel suo rapporto col cibo.
Non solo un cambiamento, ma un vero e proprio boom dell’arte gastronomica, con un rinnovato interesse in tutto quello che la riguarda: la storia, la produzione, la provenienza, la scienza e la creatività del cibo. Sopratutto, è cresciuta in modo incredibile la varietà di ottimi cuochi, ristoranti, pub e locali che servono piatti deliziosi, fatti con ingredienti di altissima qualità e gusto. Questi piatti hanno spesso radici in posti lontanissimi dalla Gran Bretagna, poiché in realtà la cucina di queste isole ha influenze internazionali da tempi lontani. Il vero piatto nazionale è il curry. Per essere ancora più precisi, fino al 2017 era il Tikka Masala, quest’anno sostituito dal Korma! (1). È possibie dunque che che il giudizio sul ‘cibo inglese ‘ sia spesso dato da coloro che del moderno ‘cibo inglese dall’ultima metà degli anni 90 ad oggi, non hanno davvero idea. Anzi, direi che negli ultimi 15 anni, la Gran Bretagna * merita di essere uno di quei luoghi dove fare turismo gastronomico, al pari dell’Italia, Spagna, India, Medio Oriente.

* Vorrei a questo punto dichiarare la mia ignoranza sulla situazione in Scozia o Irlanda del Nord. Pur conoscendone ottimi cuochi, non ho avuto la fortuna di viaggiarci abbastanza da dare un giudizio generale o particolare. Userò dunque ‘Gran Bretagna’per tutte le regioni e contee del Regno Unito,escluse la Scozia e Irlanda del Nord.

Food in Britain: La storia antica.

La storia del cibo e tradizioni culinarie britanniche si divide in tre. Quella che precede la Rivoluzione Industriale, quella che ne segue ed il trauma dopo le due guerre mondiali.

Gli Anglo-Sassoni, abitanti di una terra mite, fertile e piena di cacciagione, avevano già sofisticate tradizioni culianarie. Furono i primi a sviluppare stufati a base di carne ed erbe aromatiche con tecniche ancora non usate nel resto d’Europa. I Danesi arrivati dal Nord, con le loro donne esperte in latte, formaggi e burro, sparsero le loro conoscenze dal Northumberland all’Essex. Ma furono i Normanni ad arricchirne i gusti, introducendo spezie esotiche e trasformando il ‘banchetto’in arte. Inizia in questo periodo la tradizione della tovaglia per coprire la tavola ed il simbolico piegare il tovagliolo a seconda dell’ospite: il viaggiatore l’avrà a forma di scarpa, la dama a forma di giglio, il cavaliere a forma di trofeo. Ancora oggi, camerieri professionisti di tutto il mondo, conservano questa tradizione.
Il cibo medievale è vario e cotto allo spiedo o in un grande calderone. Se i Sassoni amavano erbe fresche per insalate, frutta selvatica e miele unita a grani macinati per dessert, i Normanni resero piu’ ‘sofisticato’il pranzo comunale, con saliere d’avorio, particolare disposizione delle tavolate, il grande consumo di birre e vini. (2)

Come nella storia di ogni nazione europea, queste isole ebbero influenze derivanti dalle tradizioni di popoli colonizzanti, di visitatori occasionali, di coloro che pur nativi ( come molti Romani dopo 300 anni di’residenza’) ricevevano o mandavano ‘il pacco da giù ‘, condividendo ricette ed ingredienti con altri.

Mai queste influenze, diventarono ricche e varie, come durante l’Impero Britannico. Il tè dalla Cina e dall’India* (3),le spezie da Zanzibar ed i Caraibi, il biltong dall’Africa, il caffè , il riso, i datteri da altre colonie.
La passione per la frutta esotica da ogni angolo dell’Impero, vide nascere i più svariati metodi di riscaldamento per le serre, ed i giardini murati in cui coltivare ananas, arance e limoni in queste terre fredde, sono ancora uno spettacolo d’ingegneria vittoriana da ammirare. La ricchezza dell’impero è immensa e così è la ricchezza del cibo offerto nelle case nobili, ora con un tocco indiano, francese, caraibico.
Tra i ceti piu poveri, continuano le ricette locali, tramandate da generazioni.
Prima della Rivoluzione Industriale, nelle zone rurali non manca la selvaggina; in quelle di mare il pesce ed i molluschi, granchi, aragoste. Ovunque si coltivano tuberi e radici, si raccolgono erbe fresche da aggiungere ad insalate da consumare con cibi specifici delle zone: la Cornish pasty, il cawl gallese, le salsicce del Cumberland, i vari formaggi dal Cheddar al Wensleydale, allo Snowdonia. Il mare, sopratutto, porta navi piene di scambi dall’Olanda e dalle Americhe e nuove piante commestibili da coltivare. Il Kent ha frutteti immensi e d’estate le città si svuotano perche’ famiglie intere s’accampano nella regione per la raccolta delle mele, ciliegie, luppolo, susine, in vacanze -lavoro. Si uniscono ai senza tetto e i migranti da ogni dove.(4)

Raccolta del luppolo 1835
Raccolta del luppolo. Kent.

La Rivoluzione Industriale e la fuga dalla terra.

Questo è un momento di svolta epocale, di grandi scoperte ed immense ricchezze. Ma anche di degrado e poverta assolute. Col nascere dell’industria, inizia un fenomeno d’immigrazione mai visto prima, dalle campagne alle città. L’intero panorama naturale, culturale e sociale, ne viene stravolto.

Qui trovo necessario, poiche spiegato in maniera molto più eloquente di quanto io sia capace di fare, offrire una traduzione da ‘Food in England ‘(5)’della grande scrittrice storica Dorothy Hartley:

“ È difficile spiegare l’equazione tra la ricchezza e la povertà e quella del buon cibo e pessimo cibo. Non si rapportano in quei termini. Nella storia che precede la rivoluzione industriale, la differenza tra i pochi ricchissimi ed i molti poverissimi, non era una differenza di qualità di cibo. Il lord s’ingozzava ed il servo mangiava poco, ma entrambi lo facevano con gli stessi ingredienti. Le leggi sulla caccia, le dure pene per il furto di bestiame, le orde di vagabondi senza lavoro, oscurano i principali fatti dietetici. La popolazione non era numerosa, grandi zone di campagna non avevano padroni ed erano libere e accessibili, la terra fertile. Un contadino e la sua famiglia, anche nelle condizioni più umili, ha tutto il cibo che la propria industria puo’ offrirgli, per se stesso ed i suoi figli. La lana che li copre, la pelle per le scarpe, il maiale nella dispensa invernale, il grano per il pane, sono tutti suoi prodotti. A parte le pentole e qualche attrezzo, produce tutto quello che gli serve e non deve acquistare altro. L’aria è pulita, l’acqua abbondante, la legna ovunque per costruire casa e cucinare col fuoco. In molti casi sono i lord a vivere in enormi palazzi di pietra fredda, l’aria inquinata da numerosi camini e finestre senza luce, dove si cibano di grassi. …..Con la Rivoluzione Industriale, le popolazioni rurali abbandonano la terra o ne sono cacciate; sono rimosse dalla fonte naturale del loro cibo e, per la prima volta, devono comprare quello che gli serve per sfamarsi. Per loro, la crudeltà della rivoluzione Industriale è che ha reso il denaro una necessità per sopravvivere; non è la sovrappopolazione urbana, il lavoro nelle fabbriche, né la terra abbandonata che non produce più cibo; è la dislocazione della fonte del cibo…Solo la gente di campagna capisce l’impossibilità’ di lasciare la terra anche per pochi mesi, senza perderne i frutti per almeno un annata. Per le sfortunate vittime delle città industriali, non c’era più il ‘ritorno a casa’. Una volta abbandonato il loro fazzoletto di terra arabile, diventavano dipendenti, per la prima volta nella Storia. “

Nelle città il cibo non manca. Se le campagne producono meno, sono le colonie a provvedere. E arriva davvero di tutto. Per chi ha un salario ci sono negozi ovunque, mercati immensi nelle zone portuali. Arrivano ricette dall’India, i chutney, i curry, il jerk chicken dai Caraibi. Le molte contadine o le loro figlie ora impiegate nelle case padronali delle città, imparano a tagliare il pompelmo o l’ananas per la colazione delle ladies, preparare il kedgeree col merluzzo affumicato per il lord. Molte continuano a cucinare ricette tradizionali delle regioni di provenienza, mantenendo così una continuita’ che presto, con altri eventi, sarà destinata a finire.

Il Disastro.

La prima e la seconda guerra mondiale cambiano tutto. Le razioni imposte dal Governo marcano la terza parte della storia gastronomica di queste isole: il cibo inizia davvero a fare schifo. La ricchezza dell’Impero serve alla guerra. Gli uomini, macellai, pescatori, cuochi, fornai, pasticceri e negozianti muoiono al fronte in migliaia. Le donne lasciano le case per le officine, per le fabbriche di munizioni, per guidare camion ed aerei-merci. Lasciano le cucine per lavorare negli ospedali, negli uffici, nei laboratori, nell’industria militare. Le nonne coltivano radici e tuberi che durano anche d’inverno. Ogni campo e giardino serve per questo.

Orti presso Buckingham Palace.
Ogni pezzo di terra deve essere coltivato.

Le file per le razioni sono lunghissime e le razioni magre. Si spezza la catena dei ruoli e competenze: l’uomo che guadagna i soldi per il pane e la donna cucina il pane che ha imparato a fare dalla mamma, che ha sua volta ha imparato a farlo dalla sua mamma…
Ecco perche’ quel pane era così buono.
Si spezzano le vite dei professionisti del pane, dal contadino al mugnaio, dall’impastatore al fornaio. Generazioni e mestieri morti nelle trincee con la faccia nel fango.

Le donne lavorano fuori casa e quando ci ritornano, il mondo è cambiato. Quella catena che crea un cibo fatto non solo da ingredienti materiali, ma emotivi, culturali, ancestrali si è rotta con le guerre e le razioni. Il cibo che ha il sapore della passione, del ricordo, della fiera qualità, è ora il ricordo di un mondo che non esiste più.

Dig for Britain.

‘Van girl’. Le donne nelle ferrovie e trasporti pubblici.

La desolazione della Gran Bretagna del dopo guerra è riflessa nel suo cibo. Le razioni offrivano quanto bastava per non morire di fame. Il resto è da spendere per la ricostruzione, per gli invalidi, i feriti. Anche le grandi case nobiliari diventano infermerie, posti di ricovero per soldati traumatizzati. L’orrore delle due guerre vede questa nazione ripartire da zero. Si investe nelle basi, si crea un sistema di welfare unico al mondo, ed un sistema sanitario nazionale che offre assistenza gratuita a tutti i suoi cittadini. Nasce quella National Health Service così sublime, che una volta anche in Italia le nostre infermiere professioniste ne studiavano la storia ed i metodi e così le infermiere di tutto il Commonwealth.
Nasce la ricostruzione di milioni di case popolari, two up two down, le casette a schiera che rendono famoso il paesaggio britannico, col giardino di fronte per i fiori e quello dietro per l’orto. Nasce una nazione dove quello che le guerre hanno spezzato dev’essere ricostruito insieme, con la collaborazione di tutti. Nasce un patto sociale tra Stato e cittadini, per ricostruire la Nuova Gerusalemme.

 

Adesso quei cibi esotici dell’Impero, sono solo per le tavole dei ricchi. Ai poveri non è passata la fame, è morta la capacità di cucinare e dimenticati gli ingredienti. Rimane l’abitudine al te` forte, ora zuccherato e col latte, bevanda che anche in tempi di guerra dava calore, coraggio e riempiva lo stomaco vuoto.

Nella seconda parte di questa abbreviata storia del ‘cibo inglese’, racconterò degli anni successivi alla guerra, come il British Food si conquista la sua triste fama, come si progredisce fino ai giorni odierni.

Un intero e lungo paragrafo sarà dedicato ai programmi televisivi ed i cuochi ( alcuni dei quali abbiamo imparato a conoscere anche in Italia). Spero di offrirvi più sapore e colore.

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1) Fonte: Daily Mirror

2) Dorothy Hartley ‘Food in England’. Illustrazioni di D. Hartley

3) BBC Timeline. Web archive. * Il tè dalla Cina arriva in Gran Bretagna nel 1650. Quello Indiano arriva nei negozi londinesi nel 1836.

4)Una straordinaria descrizione di questi lavoratori si trova nel romanzo di G. Orwell ‘The Clergyman’s daughter'( La figlia del reverendo).

5) Da ‘Food in England’di Dorothy Hartley. Scritto nel 1954 e ripubblicato annualmente fino ad oggi. La bibbia delle antiche usanze e ricette della Gran Bretagna. Dettagliate e meravigliose illustrazioni dell’autrice.