Food in Britain. Terza Parte.

Hippies, Yuppies. Dagli anni 60 agli anni 90

Gli anni anni 60 vedono uno sconvolgimento politico, sociale e culturale in tutto il mondo occidentale. Ma se nelle Parigi, Francoforte, Milano o Chicago di quella decade l’aria è profumata di molotov e lacrimogeni, in quella londinese persiste il fumo dello smog e, sopratutto, quello della marijuana e del patchouli. Hippy Time.

National Film Archive

Carnaby Street e Portobello si riempiono di negozi con una moda nuova, sgargiante, anarchica. I figli dei fiori salutano il mondo dei loro genitori, sostituiscono i capelli cotonati delle mamme, la bombetta e ombrello dei padri, con capelli lunghissimi, minigonne, jeans ed eskimo. Sopratutto notevole è l’esodo verso la campagna. Il basso costo di case dilapidate con pezzi di terreno e la nuova ideologia giovanile di vivere insieme, aiuta la nascita di comunità hippy in tutta la Gran Bretagna.Si sogna il ritorno alla terra, il desiderio di coltivare il proprio cibo e trovare diete alternative.

Carnaby Street

Cranks apre a Carnaby Street nel 1961. Il primo vero ristorante vegetariano, il menù è composto di zuppe ed insalate con ingredienti freschissimi, farina integrale, zucchero non-raffinato, uova da galline ‘free range’. Tutto servito su piatti e ciotole di vetro e ceramiche artigianali ( Ray Finch&Co in Whichcombe). Anche lo yougurt, ora tornato di moda, è fatto specialmente per il ristorante, in una fattoria a produzione familiare ( Loseley Park Farm). Il successo è istantaneo e, negli anni, Cranks provvederà il suo pane integrale a Selfidges e Harrods, pasti vegetariani per la business class di British Airways, Virgin Airlines e P&OFerries. Ogni buon hippy che si rispetti, avrà in casa ( o tenda, o comunità ), ‘The Cranks Book of recipes’. (1)

Hippies. Da un video del National Film Archives

Nella metà degli anni ‘70 apre Food for Thought, a Covent Garden. Anche qui insalate, riso, piatti di verdure. Ricette vegetariane del Levante e India, si scambiano ovunque. Va di moda la dieta macrobiotica. Nelle campagne, accompagnati dal manuale di Richard Mabey, ‘Food for free’, i giovani dai capelli lunghi e vestiti fatti in casa, cercano funghi, erbe commestibili, frutti di bosco, da aggiungere come ingredienti ai prodotti dei nuovi orti o al loro pane, ora fatto in casa. Ma è proprio l’India ad ispirare i giovani in questo periodo e trasformare il cibo inglese fino ai nostri giorni. È l’inizio della fine per il cibo blando, pigro, in lattina, bollito, imburrato. Coltivare le proprie verdure significa anche mantenerne il sapore, colore e semplicità . Quello che non si consuma si può vendere o scambiare.

Honesty box

Chiunque ha visitato queste terre fino agli ai tardi anni 80, saprà quanto fosse difficile trovare l’olio d’oliva in posti diversi dai negozi italiani o, in piccole bottiglie in farmacia (2). Ma è sempre stato possibile, visto l’altissimo numero di residenti indiani, pachistani o bengalesi, trovare ghee, spezie e verdure del continente. Al ritorno dai viaggi in India, allora un rito di passaggio per tanti giovani inglesi, era possibile cucinare ricette imparate a Delhi, a Goa o Kerala. O mangiare nei mille ristoranti indiani esistenti in tutta la nazione. Ancora oggi, in Gran Bretagna che si può trovare, secondo gli indiani stessi,il miglior cibo indiano fuori dell’India.(3) Non sarebbe giusto dimenticare che, nel frattempo, parte da Londra, l’interesse e apprezzamento della cucina cinese, particolarmente legati al fatto che Chinatown, la zona in cui quella comunità ha centinaia di negozi e ristoranti, è situata presso quella dei maggiori teatri e cinema della città .
Soho, dove la mafia italiana fa gara con quella maltese; i sex shop sono a fianco ai migliori negozi di prodotti mediterranei; dove attori, spogliarelliste e musicisti fanno tarda notte nei pub più vecchi della città ; rimaneva l‘unico posto dove acquistare una spesa decente per noi poveri italiani in attesa del pacco da giu.

Soho
Chinatown

Gli anni 80 chiudono il capitolo con la Gran Bretagna del passato e mi sembra, ricordandoli, che la curata capigliatura della Thatcher, Lady Diana e George Michael, sia un simbolo del periodo in cui l’hippie, capellone e libero da etichette e brand, viene sostituito dallo yuppie, ben stirato, griffato, e più propenso alla forma che alla sostanza. Inizia il periodo del Take awayAi??su scala industriale. I vecchi Wimpy Bar, con le loro tristi e beige vetrine, te’ bollente e patatine fritte servite in un bagno d’olio con hamburger di plastica, spariscono. MacDonalds apre ovunque, Kentucky Fried Chicken Risponde, Pizza Hut combatte con mille altre ‘pizzerie’.
Un eccezione alla pizza e pizzeria di plastica, norma di questo periodo,è la catena Pizza Express.

Con un ristorante principale a Knighsbridge ( allora la strada piu ricca di Londra), ed il resto attorno a Soho ( il quartiere allora più bohemienne e sordido), Pizza Express è figlia di un personaggio meraviglioso, Peter Boizot. Cresciuto in una famiglia medio borghese nel nord dell’Inghilterra, lascia la casa giovanissimo per viaggiare in Europa, dove vive, facendo diversi lavori, per dieci anni. Al ritorno ( mi raccontò nell’86 con la faccia di uno che ne ha visto tante), gli mancavano terribilmente due cose: la pizza ed il jazz . E fu per rimediare questa mancanza che apre ( come il suo amico e coetaneo Ronnie Scott ), un jazz club a Wardour Street ( 1965) dove, con l‘aiuto di un pizzaiolo italiano, si serve musica, pizza e la prima birra Peroni in UK.

Soho, inizio anni ai???60

Il suo bellissimo locale a Knightsbridge,Pizza on the Park, è negli anni 80, il posto dove andare per pizza e jazz. La qualità di entrambi era straordinaria ( come lo erano le attività filantropiche del gestore.) (4). Oggi quel meraviglioso ristorante/jazz club con i mosaici di Edoardo Paolozzi ai muri, pizzaioli professionisti e la clientela mista tra rampolli reali, attori holliwoodiani, barboni e giovani da tutto il mondo, non esiste più. Rimane, dopo vari cambiamenti di proprietari, la catena di ristoranti, che producono pizze e hamburger come mille altri, in mille altre città.

In questi anni, i supermercati, che crescono come funghi e si allargano fino ad esplodere negli anni 2000, offrono la versione congelata dei prodotti serviti nei take away. Gli yuppies brindano nella City, rinnovata dallo spirito della Thatcher e la privatizzazione delle industrie nazionali. Ostriche e champagne non sono più nascosti nei banchetti delle Halls, ma nei nuovi wine bars, dove le vendite di vino iniziano a sostituire la birra ed un nuovo spirito ‘continentale’ avvolge sia giovani stockbrokers che ristoranti, programmi televisivi, cuochi e casalinghe. Si scopre ora l’Europa, particolarmente la Francia e la Costa del Sol, dove centinaia di pensionati inglesi investono i profitti fatti dalle privatizzazioni, comprando case o time-share. Brie, Beaujolais nouveau, chorizo e manchego, iniziano ad approdare in queste terre, insieme al fascino delle tapas, il cappuccino o caffe e dolce da godersi con calma al bar, come nel continente.

Negli anni 90, scoppia il boom del caffe e con esso quello del bar, del brunch, la visione inglese della dolce vita europea.

Nel 1995 Costa Coffee apre i primi bar. Nel 1997 apre la catena Caffè Nero e, nel 1998 il primo Starbucks. Non esiste parte della Gran Bretagna dove almeno uno di questi bar non sia presente, con le sue mille versioni di caffè, dall’espresso al frappuccino, macchiato, latte,americano. Ma anche torte, paste, panini o brunch da consumare nei spaziosi locali con gigantografie di paesaggi italiani, o foto in bianco e nero di contadini felici, donne con capelli nerissimi e stranamente tutte simili a giovani Sofia Loren o Claudia Cardinale.

Se negli anni 80, fuori delle zone italiane a Londra, era difficile trovare un caffè decente, nei vent’anni successivi è impossibile evitare i posti dove lo servono. La parola barista’ entra nel linguaggio comune ed i corsi per diventarlo sono offerti ovunque. La concorrenza alle grandi catene vede la qualità e la varietà dei prodotti offerti, salire di anno in anno. Finalmente l‘arte del panino e quella della pasticceria non sono più confinate a “ L’Europa “. Il caffè sostituisce il tè come bevanda nazionale. La Gran Bretagna entra nel periodo di foodmania.

Perdonatemi. Gli anni 2000 sono per la prossima puntata. Già mi sono dilungata troppo. Vado a farmi un caffè

Note:

1) Loseley Park continua, con incredibile successo, fino ad oggi: http://www.loseley.com/pages/loseley/history

2) L‘olio d’oliva era allora venduto in farmacia per ammorbidire il cerume nelle orecchie!

3)http://veeraswamy.com/

4)Tra i tanti progetti filantropici di Peter Boizot la racccolta di fondi per il Save Venice Fund. I profitti dalle vendite della sua Pizza Veneziana, vanno direttamente alla organizzazione creata come aiuto a salvaguardare la città : veniceinperil.org

5) La famiglia Costa era ben stabilita in Gran Bretagna dove,dal 1971, ha un’impresa di torrefazione e vendita del caffè all’ingrosso. Apre Il primo bar a Vauxhall ( Londra), nel 1978. Purtroppo, chi farà miliardi di profitti, aprendo più di 6000 punti vendita in UK (i Costa Express) e centinaia d’altri fino in Cina, sarà la compagnia Whitbread, che acquista l’impresa da Sergio Costa nel 1995. La multinazionale Costa Coffee è oggi la seconda al mondo per catene di caffè.