Friuli 1 – Dal Pliocene all’età del ferro

La storia che a scuola ci ha annoiato con date, trattati, battaglie, eserciti, elezioni, incoronazioni, raramente ha cambiato la faccia di un’epoca o di un Paese, mentre l’introduzione della patata e del mais hanno contribuito notevolmente a impedire la morte per fame in Europa. Altrettanto la comparsa di un fungo che distruggeva le patate ha cambiato in pochi anni l’Irlanda, costringendo centinaia di migliaia d’irlandesi a migrare in America e altrettanti a morire di denutrizione. Questa è la storia che fanno gli uomini non solo combattendo, elaborando invenzioni o leggendo, ma lavorando.

Con il lavoro l’Uomo produce i propri mezzi di sussistenza, crea oggetti e li migliora. E migliorandoli, migliora sé stesso e le sue condizioni di vita generando le sue idee del passato, del presente e del futuro, formando la storia della civiltà. È qui che l’essere umano esce dalla preistoria ed entra nella storia, e la storia umana diventa la storia delle sue condizioni di vita. La pioggia che cadeva abbondante in Friuli non era meno importante della spada del Patriarca, la patata arrivata nel ‘700 non era da meno del trattato di Campoformido e i boschi che venivano tagliati o cadevano con le alluvioni, non erano solo legno inerte per navi o mobili, ma condizioni che generavano cambiamenti nel suolo e nel clima e quindi agenti attivi sui nostri antenati.

 

Il lago di Ragogna, di origine glaciale, ultimo bacino intermorenico della regione.

 

Gli studiosi hanno diviso la Storia in quattro grandi ere e in periodi. Circa 50 milioni di anni fa, nell’era Terziaria (ora siamo nella Quaternaria) durante il periodo chiamato Pliocene, in Friuli c’erano solo grandi montagne e un mare scintillante. In periodi alterni, la Terra attraversò fasi di raffreddamento, durante i quali si formarono giganteschi banchi di ghiaccio. I più importanti raggiunsero le Alpi ben quattro volte per poi ritirarsi. Quando l’acqua congelava aumentava di volume, un fenomeno che su scala gigantesca, mentre i ghiacci strisciavano le rocce, queste cedevano e si frantumavano, venendo portate a valle dagli stessi ghiacciai.

Durante i millenni, milioni di tonnellate di roccia tritata, lisciata, arrotondata, si spinsero avanti. Poi il ghiaccio si sciolse e i depositi rimasero. In seguito, quando i ghiacci tornarono, altri depositi si formarono alzando lo spessore dei detriti. La glaciazione del periodo Würmiano, dal fiume Würm in Baviera (110.000 – 12.000 anni fa) fu l’ultima e quando cessò, i corsi d’acqua cominciarono a scavare la loro strada, trasportando altri detriti durante i lunghi periodi alluvionali. Da nord quattro fiumi, Tagliamento, Corno, Cormor e Torre, come castori erosero il terreno del Friuli, mentre da est l’Isonzo e il Natisone fecero altrettanto.

In questo modo venne a consolidarsi la pianura, piccoli strati di humus si depositarono fra i sassi e con i semi portati dal vento si formò la vegetazione. Prima come muschio, poi con clima e condizioni adatte, i cespugli e gli alberi. Ancor oggi nella campagna friulana basta scavare poco per trovare lo strato ghiaioso. Nelle zone più sterili, dette in friulano “magredi”, sotto pochi centimetri di humus, si trovano i sedimenti glaciali. Si calcola che sotto la pianura ci siano più di 400m di ghiaia. Un fatto non privo di conseguenze per la vita dell’Uomo. Anche se piove molto, per effetto della pendenza e della ghiaia, l’acqua non viene trattenuta e tende a riaffiorare nella bassa pianura, nella zona detta delle risorgive.

 

Il terreno ghiaioso nei magredi della Bassa friulana

 

Fra i muschi, le erbe e i cespugli, il vento cominciò a diffondere spore e semi del pino nordico, il pino silvestre e la betulla sul litorale, rimasto a lungo molto più arretrato dell’attuale, dove l’enorme letto di fanghi e ciottoli del Tagliamento (in lingua celta “tilen” significa devastare, rompere e “avent” rapido. I Romani lo chiamarono direttamente Tiliaventus) contribuì a formare il complesso sistema di lagune che già all’epoca romana andava da Grado a Ravenna. All’inizio della nostra era, proveniente dall’Asia, arrivò la grande famiglia delle querce. La farnia si arrampicò sui monti, mentre il rovere si fermò nei terreni asciutti. Sul corso dei fiumi trovarono la terra fertile di argilla e sabbia il salice, il nocciolo, l’olmo e l’acero. Fu così che lentamente, ma inesorabilmente la grande foresta crebbe e dal mare raggiunse le montagne, circondando i fiumi, aiutata dal clima umido e piovoso.

Qui l’aria calda che proviene dal mare, a causa della breve distanza dai monti, non riusciva a salire in quota e superarli, così si ingarbugliava, generando piogge incessanti.

In questo modo il paesaggio si consolidò e si definì la struttura del terreno. Vento e ghiaccio, acque in piena e siccità, modellarono le pianure e i boschi. Anche se i fiumi avevano un corso un po’ differente, tutto sommato questo paesaggio era già il Friuli. E così la natura, con il suo immane lavoro, creò il palcoscenico per la comparsa dell’Uomo e la storia naturale si accompagnò alla storia dell’evoluzione dell’animale umano.

Geograficamente l’area rappresentata dal Friuli storico si espande dal fiume Livenza a ovest, fino al Timavo e alle Alpi Giulie verso est, a nord viene delineato dalle Alpi Carniche e a sud dal mare Adriatico. Il ritiro dei ghiacci lasciò un paesaggio estremamente vario, che si estende in un semicerchio di montagne, prealpi, colline e un’ampia pianura fino al mare. Al centro è tagliato in due dal fiume Tagliamento.

 

All’interno del Çondar des paganis (‘Grotta dei pagani’), situato sopra Poiana, al confine tra i comuni di Attimis e Faedis, sono stati rinvenuti frammenti ossei, selci lavorate e cocci in ceramica che testimoniano come la grotta fu usata come luogo di sosta dal Paleolitico medio all’età del Bronzo.

 

Il primo periodo in cui si delinearono le prime civiltà umane è stato suddiviso in due: poiché lo strumento principale dell’uomo primitivo era la pietra, nel primo la pietra veniva scheggiata e venne chiamato dal greco “paleo”=antico e “litos”=pietra: paleolitico. Le prime culture paleolitiche apparvero in Europa circa un milione di anni fa. Nel secondo periodo la pietra veniva levigata per farne lame, rasoi, pugnali e venne chiamato nuovo, dal greco “neo” e “litos”: neolitico, a partire dal 10.000 a.C. Non si conosce molto del paleolitico in Friuli, alcune caverne abitate sulle prealpi Giulie, altri ritrovamenti di schegge d’osso e un giacimento di selci preistoriche, fanno supporre fosse già abitato.

Fra il 10.000 e il 5.000 a.C. sono state trovate tracce umane nelle zone più miti, in pianura: schegge, ossa di animali cacciati e gusci di molluschi. Nel 3.000-2.000 a.C. si intravedevano già organizzazioni sociali: ceramiche, pietre lavorate, cereali bruciati. Poi fino al 1.000 a.C. gli insediamenti si moltiplicarono, con ritrovamenti di falci, punte di lance, spade, spille, statuine, nelle tombe.

Attorno al 2.000 a.C. (prima età del bronzo) nell’Italia cisalpina prese forma il gruppo etnico chiamato Euganei, una tribù dei Liguri, secondo Livio. Da cui si può dedurre che anche il Friuli fosse stato abitato da tali Liguri-Euganei, popolazione preindoeuropea. Ma resta tutto oscuro, per l’incertezza delle fonti storiche, perché l’uniformità culturale non presuppone necessariamente un’omogeneità etnica e perché il Friuli, percorso già allora da grandi correnti culturali, dovette essere terra di transito e quindi occupata, più o meno stabilmente, da popolazioni diverse. Di sicuro c’è il fatto che dai ritrovamenti, nessun popolo che si stanziò fra il Livenza e il Timavo precedentemente al 1.000 a.C. seppe creare un’unità etnico-culturale autonoma e organica, con un suo centro d’irradiazione.

 

Castelliere di Moncodogno a circa 5 km a sud-est di Rovigno in Istria

 

Ricostruzione grafica del castelliere di Moncodogno a Rovigno in Istria

 

La civiltà dei castellieri, originaria dell’Istria, datata a 1500 anni a.C. si diffuse alle alture del Carso, nella pianura friulana, in Veneto, lungo la Dalmazia e durò più di un millennio, fino al III secolo a.C. poi spazzata o inglobata in seguito all’invasione romana. Chi fossero i primi abitanti e quindi i fondatori di questi centri fortificati, è domanda che non ha ancora trovato risposta certa, ma si presume fossero preindoeuropei e provenissero dal mare, visti i primi insediamenti lungo la costa adriatica. I castellieri erano villaggi circondati da cinte fortificate, formate nel Carso da massi che potevano raggiungere i sei metri di larghezza e gli otto di altezza. Nella pianura friulana, dove non c’erano pietre, le cinte venivano erette in terra e racchiudevano aree che andavano dai due ai quattro ettari.

In un primo tempo seppellivano i morti nelle vicinanze in posizione rannicchiata, creando tumuli funerari in terra alti 6/7 metri, con diametro di 35m. Più tardi i morti vennero bruciati e le ceneri raccolte in urne. La cultura detta dei campi di urne era molto diffusa in tutto il centro Europa, e da qui scese in Italia.

Gli uomini dei castellieri avevano superato l’economia di pura sussistenza, trasformando i loro beni dal puro uso a beni di scambio. Dai ritrovamenti sono evidenti i contatti con altre culture, compreso i ceramisti della Magna Grecia. Conoscevano il bronzo e sembra avessero le conoscenze per lavorare il ferro. Attualmente esistono ancora diversi resti di castellieri in Friuli, sul Carso, ma soprattutto in Istria sembra siano più di 500.

 

Diffusione in Europa della cultura dei campi di urne

 

L’inizio del primo millennio a.C. in Europa, fu contraddistinto da molti oggetti in ferro, che diede il nome alla nuova civiltà, caratterizzata dalla spinta di nuove migrazioni e dal ritmo incalzante del progresso sociale dei popoli europei. Si svilupparono forme mature di vita associata, che lasciando tracce di sé, permisero agli storici di passare dalle congetture ai primi tentativi di ricostruzione storica documentata, detta protostoria. L’età del ferro è stato diviso in due periodi, il primo dal 1.000 al 500 a.C chiamato di Hallstatt (Salisburgo) il secondo di La Tène (Neuchatel) che comprende gli ultimi cinque secoli prima della nostra era.

L’età del ferro in Friuli fu scandita da tre importanti avvenimenti, che per la loro portata condizionarono tutta la regione: all’inizio del millennio la migrazione dei Paleoveneti o Venetici; verso la metà le infiltrazioni dei Celti e dal II secolo a.C. la colonizzazione Romana.

 

Fonti:

Gian Carlo Menis: Storia del Friuli
Gianfranco Ellero: Storia dei friulani
Tito Maniacco: Storia del Friuli
Tito Maniacco: I senzastoria