Lo Special Operations Executive, al servizio di Sua Maestà – Epilogo

Nel 1945 la guerra giunse finalmente al termine. L’8 Maggio 1945 la Germania capitolò senza condizioni, il 15 Agosto fu la volta del Giappone. L’asse era stato definitivamente sconfitto. Cinque anni prima, si ricorderà, Winston Churchill aveva incaricato Hugh Dalton di “incendiare l’Europa”, un progetto ben presto naufragato per via della scarsità di risorse da destinarvi, e poi divenuto obsoleto per via dell’ingresso nel conflitto di URSS e USA.

Quali risultati poteva mostrare l’”esercito delle ombre” per questo lustro di attività? Come furono veloci a far notare i suoi detrattori: ben pochi. I dati sulle esportazioni di Olanda e Francia verso il Reich mostrano come l’attività di sabotaggio non incise sulla produzione industriale dei due paesi (addirittura l’Olanda vide un’impennata nelle sue esportazioni tra il 1940 e il 1943, passando da un valore complessivo di 313 milioni di fiorini a 525). Il giudizio fu quindi duro e inequivocabile: i sabotaggi furono, per i tedeshi, del tutto irrilevanti. Quanto alla propaganda, per quanto alcuni attori, come la BBC, furono in grado di ragigungere uno status quasi leggendario sul continente, questa fallì nel generare movimenti di Resistenza di massa.

Un aereo del SOE sorvola a bassa quota la jungla del Myanmar.

E tuttavia né il SOE né l’OSS si adeguarono a queste valutazioni, anzi, spesso le contestarono vigorosamente. In primis fecero notare come valutazioni di questo tipo ignoravano completamente l’enorme mole di informazioni sul nemico che missioni e partigiani avevano fornito agli Alleati. Dai movimenti di truppe, alla consistenza delle guarnigioni, fino a informazioni sulla produzione bellica e lo spostamento dei materiali per guidare i bombardamenti, le forze regolari poterono beneficiare di un supporto costante. In secondo luogo, partigiani e missioni avevano svolto un ruolo chiave nel momento della liberazione, evitando disordini e insurrezioni, rapine e vendette private (queste ultime, nei limiti del possibile), una volta che i tedeschi avevano abbandonato i territori occupati, prima dell’arrivo degli eserciti regolari. Se al SOE veniva duramente contestato il fatto di aver causato la guerra civile greca con i suoi atteggiamenti troppo filo-comunisti, nondimeno poteva vantare i successi dei paesi del Benelux, della Francia e, il suo successo più grande, dell’Italia. Inoltre, migliaia di aviatori precipitati in territorio nemico furono salvati e rimpatriati grazie allo sforzo delle Resistenze, per non parlare dei prigionieri di guerra alleati che fuggirono dai campi di prigionia in Italia dopo l’8 Settembre 1943 e furono protetti dalla popolazione, per poi essere indirizzati verso sud da partigiani e missioni di collegamento. Inoltre, cosa ben più importante di ogni statistica, il SOE aveva aiutato le popolazioni occupate a trovare un modo per sfogare la loro volontà di riscattarsi moralmente, che fosse stato di fronte ad una sconfitta umiliane come in Francia, o per porre fine ad un ventennio di dittatura come in Italia. Le missioni diedero i mezzi ad una minoranza per tornare attrice della propria storia.

Agenti del SOE e partigiani cretesi – Imperial War Museum

Questo dibattito rimase largamente confinato agli ambienti militari e nelle stesure delle storie ufficiali e, infine, prevalse, almeno in un primo momento la prima interpretazione. Dopo un’attività avara di soddisfazioni e ricca di pericoli mortali, la smobilitazione fu se possibile ancora più avara di riconoscimenti per gli agenti.

Già nel 1946 il SOE fu sciolto definitivamente, per essere relagato ad una sorta di limbo storiografico che praticamente dura fino ad oggi. A contribuire a qesto oblio fu la chiusura degli archivi, che rimasero sbarrati fino al 1996, e un incendio che guardacaso devastò le sezioni più importanti dell’archivio proprio alla fine del 1945. Nel corso degli anni la memoria del SOE rimase affidata alle memorie dei singoli agenti, spesso, come già detto, infarcite di esagerazioni e manierismi da romanzo d’avventura. Una produzione che, fra l’altro, fu sempre vista di cattivo occhio dai comandi militari a cui questi uomini ancora rispondevano. Le memorie di Stanley Moss sul rapimento di Kreipe, per esempio, furono sottoposte ad una selvaggia censura prima della pubblicazione.

La stretta di mano tra un partigiano Albanese e un ufficiale Inglese.

Le Official Histories si presentarono fin da subito come un campo minato. Solo nel 1966 fu pubblicato SOE in France, dopo una stesura molto difficile, per via delle pesanti censure imposte dal governo. Si pensava infatti che avrebbe irritato profondamente il governo francese, in un momento in cui il Regno Unito tentava disperatamente di farsi accettare all’interno dell’Unione Europea (una situazione paradossale se si pensa a quella attuale) e si vedeva la strada sbarrata proprio dalla Francia di de Gaulle. Alla sua pubblicazione suscitò comunque infinite polemiche e si decise che, per il momento, fosse meglio rinunciare alla pubblicazione di una collana sulle azioni del SOE nei vari paesi europei. Il volume sull’Italia sarebbe uscito solo nel 2011, Mission accomplished: SOE and Italy, 1943-1945.

Infine, anche nella memora e nella storiografia dei vari paesi europei il SOE non abbe maggior fortuna. Le Resistenze infatti divennero ben presto miti fondativi dei rispettivi paesi e persero ogni dimensione pan-europea o transnazionale. Il SOE fu quindi marginalizzato e a lungo fu accusato di essere nient’altro che la longa manu dei conservatori britannici, interessati solo a frazionare e controllare le resistenze europee per garantire la supremazia britannica sul continente. In Italia in aprticolare questa immagine ebbe molta fortuna, poiché forniva un comodo capro espiatorio per le speranze frustrate di cambiamento nel paese. Il tutto mentre in patria il SOE venva spesso descritto come una banda di avveturieri filocomunisti che aveva causato la guerra civile greca e la crescita del PCI in Italia con posizioni fin troppo morbide verso la sinistra.

Partigiani francesi posano insieme ai loro agenti di collegamento.

Quello che resta del SOE è quindi, ben poco. Le biografia di gran parte degli agenti sono semplicemente cadute nell’oblio. Basti pensare che il comandante della sezione italiana del SOE, il colonnello Reseberry, non ha nemmeno una voce su Wikipedia e di lui non si sa virtualmente nulla, sia del periodo precedente alla guerra che di quello seguente. Molti agenti vengono ricordati solo dalle comunità locali che aiutarono, che spesso ne celebrano le gesta in ricorrenze particolari (purtroppo, spesso, la ricorrenza è quella della morte). L’unico lascito concreto della loro azione sembra essere proprio questo legame che crearono con le comunità locali, dove spesso tornarono a guerra finita, per rivedere i loro compagni di battaglia o, in alcuni casi, addirittura per stabilirvisi.

Pubblicato da Alocin30590

Collezionista di aneddoti, attualmente soldato di ventura in terra scozzese.