Congo 7 – Évolué

Nel Congo Belga degli anni ’50, c’erano treni e battelli fluviali guidati da macchinisti e capitani neri, ma per i passeggeri gli scompartimenti erano rigorosamente separati. Se un nero entrava in una piscina, i bianchi ne uscivano. C’erano anche donne che guidavano camion e facevano le telegrafiste, ma in caffé e ristoranti la color bar era rigida. Le punizioni corporali con la chicotte venivano applicate a tutti i neri, anche se conoscevano il latino e leggevano i discorsi di De Gaulle. Per questo gli évolué volevano uno status speciale che li mettesse al riparo da questi trattamenti. Non chiedevano diritti per tutti i congolesi, ma solo per la loro cerchia di “emancipati”, considerando il resto del popolo ancora selvaggi. Oltre ai costumi europei, avevano acquisito anche il modo con cui gran parte dei belgi guardava gli indigeni.

Ma l’intenzione del potere coloniale non era mai stata quella di creare un’élite, quindi prese tempo. D’altronde l’istruzione secondaria fu creata solo nel 1938 e solamente nel 1954 la prima università. Così si optò per una soluzione provvisoria: la “carta di merito civile”, che un évolué poteva avere con la fedina penale pulita, aver ripudiato la poligamia e la stregoneria, saper scrivere e far di conto. Chi possedeva la carta sarebbe stato esonerato dalle punizioni corporali, poteva attraversare i quartieri bianchi dopo le sei di sera e curato in reparti separati negli ospedali.

La cosa fece molta impressione al congolese medio, ma si trattò solo di piccoli privilegi per gli évolué, che si aspettavano ben altro: la politica era ancora vietata e non si accennava alla parità salariale. Considerandolo umiliante non la chiesero, tanto che nel 1958 erano state accordate solo 1.557 carte in tutto il Congo.

 

Fustigazione con la chicotte – Congo

 

I cercles des évolués (accennati nell’articolo precedente) si formarono anche in funzione delle diatribe tribali: a Elisabethville crebbe la tensione fra i baluba del Katanga e i baluba del Kasai, scesi in massa per lavorare nelle miniere, così venne creata un’associazione. Mentre a Leopoldville i bakongo si sentivano minacciati dal numero crescente dei bangala (tribù dell’Equatore) tanto che la lingua lingala soppiantò nel Basso Congo quella kikongo, originaria della zona e per questo venne fondata l’Abako (Alliance des bakongo) a difesa della lingua del popolo kongo.

Fino al 1955 nessuno aveva mai parlato di indipendenza, neppure lo pensava. Neanche gli évolué, che chiedevano solo di migliorare il loro status. Ma da quell’anno ci furono una serie di circostanze e avvenimenti imprevedibili, che si rincorsero sempre più veloci, tanto da cogliere di sorpresa i belgi. Li riassumo con un conto alla rovescia degli anni precedenti la drammatica indipendenza, citando alcuni protagonisti del futuro Congo.

 

Joseph Kasavubu
Joseph Kasavubu

 

Nel 1955 Joseph Kasavubu (futuro primo Presidente del Congo) un évolué che aveva studiato francese e latino in seminario, mancato prete, diventato prima insegnante, poi impiegato e infine funzionario, intelligente, ma non grande oratore, divenne presidente dell’Abako trasformandola in associazione prettamente politica, posando così la prima pietra per la politicizzazione degli évolué.

Nello stesso anno in Belgio, Jef van Bilsen scrisse un articolo in fiammingo dal titolo: “Un piano trentennale per l’emancipazione dell’Africa belga” ipotizzando una sorta di Commonwealth, che suscitò interesse anche fuori dagli ambienti progressisti, in quanto si allacciava alla progressività della trinità coloniale, ma fissando una data rese tutto molto più concreto.

lo stesso anno ospitò la Conferenza di Giava, un vertice dove nuovi Stati gettarono il colonialismo nella spazzatura, definendolo una piaga della Storia. E con l’invenzione della radio a transistor, due emittenti, una in Egitto e una in India che diffondevano l’antimperialismo, vennero comodamente ascoltate di nascosto in tutto il Congo.

 

Conferenza di Bandung (Giava)

 

Nel 1956 il pezzo di Van Bilsen, tradotto in francese, arrivò in Congo e copie dell’articolo, come una palla, cominciarono a rotolare nei quartieri indigeni. Quartieri dove si discuteva fino a notte fonda del perché i belgi ti chiamavano solo per nome e mai preceduto da monsieur o perché ti davano sempre del tu anche se portavi polsini e colletto bianchi, così l’articolo di un bianco che discuteva apertamente sull’emancipazione politica dei neri, ebbe molta risonanza. Si sviluppò l’idea che la dominazione belga non fosse eterna.

Il tribalismo mise ancora benzina sul fuoco: in luglio a Léopoldiville il giornale “Conscienze africane” pubblicò un articolo dal titolo “Manifesto“, dove si riferiva chiaramente al piano di Van Bilsen parlando di emancipazione politica. Kasavubu ne fu molto seccato, non perché non fosse d’accordo, ma per il fatto che il giornale era bangala, temendo che i bangala prendessero in mano la lotta politica del Basso Congo. Così in agosto, tramite l’Abako pubblicò un testo più radicale, rifiutando il piano di Van Bilsen e volendo l’emancipazione subito. Kasavubu parlava a nome dei kikongo, non dell’intero popolo congolese e il suo articolo arrivò come una bomba al potere belga, che non voleva né un’emancipazione imminente, né un Congo confederato, colpevolizzando Van Bilsen di aver creato agitazione.

 

Anton Arnold Jozef “Jef” Van Bilsen

 

Nel 1957 per far fronte al nervosismo generalizzato, il Belgio avviò a Léopoldville, Elisabethville e Jadotville una prima forma di coinvolgimento al potere: i quartieri indigeni avrebbero ottenuto sindaci e consigli comunali propri, scelti attraverso elezioni, che naturalmente dipendevano dal sindaco bianco della città. Alla fine dell’anno, per la prima volta in Congo si tennero delle elezioni.

In quel periodo il Congo era una delle colonie più urbanizzate, proletarizzate e istruite in Africa: il 22% della popolazione viveva in città, il 40% era salariato e il 60% dei bambini andava alla scuola primaria. Il costo delle materie prime era calato causa la fine della guerra in Corea, provocando ripercussioni sull’economia con 20.000 disoccupati, che andarono a vivere dai parenti con un lavoro, sovraffollando le case. Spuntarono dappertutto piccoli bar, alcolismo e prostituzione crebbero. Fu questo l’ambiente nel quale ebbero luogo le elezioni.

Le donne non potevano votare ma non rimasero a guardare: si riunirono in associazioni chiamate moziki dove parlavano di come risparmiare e di moda, usavano il francese per mettersi alla pari con gli uomini facendo vedere che avevano studiato, si associarono con le molte orchestre locali (da ricordare l’OK Jazz, l’Orchestre Kinoise di François Luambo Makiadi, soprannominato Franco, considerato ancor oggi il più grande chitarrista e compositore della rumba congolese) e la moda, la musica, l’uscire, il bere e ballare assunsero una valenza politica.

 

“Sortie Entre Femmes, Les Nuits de Kinshasa” (Uscita tra donne, le notti di Kinshasa) – anni ’50 (photo: Jean Depara)

 

Ci fu poi il fenomeno dei bills, che furono una prima forma di cultura giovanile con un proprio gergo e un proprio abbigliamento. Incisero con qualcosa di nuovo sgretolando l’autorità genitoriale, mentre gli impeccabili évolué venivano derisi. Si crearono un loro mondo organizzandosi in gang spartendosi i territori. Pur non avendo alcun interesse politico, contribuirono a creare un’atmosfera di ribellione altamente infiammabile.

Il 16 luglio sessantamila spettatori affluirono allo stadio di Lèopoldville per una partita storica: la FC-Lèopoldville contro l’Union Saint-Gilloise di Bruxelles, arbitrata da un ufficiale dell’esercito belga. Neri contro bianchi. Fu un incontro violento, dopo l’annullamento di un gol per fuorigioco e la vittoria dei belgi, la folla reagì furiosamente gridando al complotto. Nel lasciare lo stadio bill, lavoratori, mamme, disoccupati, poveri e scolari sfogarono la loro rabbia danneggiando cinquanta automobili belghe. Ci furono quaranta feriti.

Finalmente le elezioni: l’affluenza fu fra l’80% e l’85%, a Lèopoldville l’Abako vinse 130 seggi su 170 e sei sindaci su otto, mentre a Elisabethville vinsero i migranti del Kasai creando successivi disordini. Si svolsero in maniera ordinata, tanto che i belgi pensarono di ampliarle alle altre città, ma era troppo tardi per Kasavubu, che da neoeletto sindaco, iniziò una serie di discorsi radicali. Le elezioni, invece di calmare gli animi, li infiammarono.

 

Patrice Émery Lumumba

 

Nel 1958 si tenne l’Expo di Bruxelles. Vi parteciparono diversi évolué e l’evento funzionò da catalizzatore per i diversi movimenti. A causa della vastità del Congo e delle restrizioni sugli spostamenti, gli esponenti delle varie fazioni non si conoscevano, così l’Expo diede loro l’occasione per incontrarsi, discutere e confrontarsi, sognando un altro futuro. Inoltre molti di loro vennero avvicinati da rappresentanti sindacali e politici belgi, favorendo una presa di posizione politica. A visitare l’Expo c’era anche un giovane di 28 anni: un giornalista garbato, ex sergente dell’esercito, dal carattere timido e un po’ impacciato, che non destò grande attenzione. Il suo nome era Joseph Désiré Mobutu.

Il 10 ottobre dello stesso anno, fra le decine di partiti locali creati negli ultimi tempi, nacque il Mouvement National Congolaise (MNC) nel cui programma scriveva di voler “combattere con forza tutte le forme di separatismo regionale, poiché erano incompatibili con gli interessi superiori del Congo”. Era nato il primo movimento che considerava il Congo come un insieme. Racchiudeva persone di diverse etnie e come presidente si autoproclamò un uomo chiamato Patrice Lumumba.

Lumumba era un évolué nato nel Kasai, di etnia batela, frequentò la scuola presso missioni cattoliche e protestanti. Durante la guerra si trasferì a Stanleyville dove divenne funzionario delle poste. Manifestando sete di conoscenza divenne un lettore incallito lavorando come volontario nelle biblioteche. Era noto che gli bastavano tre ore di sonno, per cui diventò molto attivo nella vita associativa, ricoprendo contemporaneamente diverse funzioni. Aveva il dono dell’oratoria e la forza della persuasione. Quando si trasferì a Leopoldville diventò direttore della Bracongo che produceva la birra Polar e strinse amicizia con diversi intellettuali (divenne anche amico di Mobutu) differenziandosi da loro avendo vissuto in tre delle sei Province di allora, per cui il riferimento etnico non lo considerava rilevante. Il suo obiettivo era “lottare per il popolo congolese”.

A dicembre partecipò al Congresso di Accra, capitale del Ghana che l’anno precedente era diventato indipendente. Qui conobbe i futuri presidenti di Tanzania, Zambia e Guinea Conakri. L’évolué di un tempo che aspirava ad una maggiore considerazione, divenne un fiero africano, orgoglioso delle proprie radici, del suo paese e del colore della sua pelle. E il Congo Belga gli sembrò sempre più un sistema arcaico per tenere la popolazione in una condizione di inferiorità.

 

La Force Publique affronta i manifestanti, Leopoldville 4 gennaio 1959

 

Il 4 gennaio 1959 a Léopoldville si doveva tenere un raduno dell’Abako, non lontano dallo stadio dove veniva disputata una partita del campionato. Poco prima ne venne comunicato il divieto dal sindaco, temendo disordini e Kasavubu cercò di calmare la folla innervosita. Il litigio con un’autista di bus fece scoppiare la scintilla, scattò la rissa e la situazione degenerò. Intervenne la polizia sparando in aria, una sua jeep venne incendiata proprio quando la gente usciva dallo stadio. I tifosi si aggregarono e nel giro di poche ore la città fu messa sottosopra. La polizia sparò sui manifestanti e migliaia di loro si diedero al saccheggio, prendendo di mira tutto ciò che era belga al grido di “dipenda!” “dipenda!” (abbreviazione dialettale di indépendance). Intervenne l’esercito con l’artiglieria e diventò un massacro. Il bilancio ufficiale fu di 47 morti e 241 feriti anche se testimoni oculari parlarono di duecento, forse trecento morti.

Ci volle qualche giorno per ristabilire la calma, ma le cose non sarebbero più tornate come prima. L’Abako venne sciolto con Kasavubu imprigionato, diventando un martire e facendo crescere la sua popolarità in tutto l’entroterra. Nonostante il successivo discorso di re Baldovino che prometteva l’indipendenza in breve tempo, i disordini continuarono in tutto il Congo. Nessuno parlava più con le autorità, nei loro confronti scese un silenzio irreale, rispondevano solo: “rivolgetevi a Kasavubu!” Il dialogo era finito.

 

Moïse Kapend Tshombe

 

Moïse Tshombe apparteneva all’etnia lunda. Aveva studiato ragioneria e nel 1959 accettò la guida di un nascente partito politico, il Conakat (Confederation des Associations du Katanga). Veniva da una famiglia di mercanti lunda ed era un uomo d’affari. Aveva guidato l’associazione lunda più importante di Elisabethville, per cui l’orgoglio tribale non gli era estraneo. La Conakat aspirava a maggiori diritti per gli abitanti del Katanga come i lunga, i basonge, i batabwa, i tshokwe e i baluba, simile all’Abako di Kasavubu per i bakongo del Basso Congo. Entrambi sognavano un Congo federale e decentralizzato, al contrario di Lumumba. Ma riguardo al ruolo del Belgio avevano opinioni contrastanti: l’Abako era radicalmente anticolonialista, mentre Tshombe voleva collaborare con i belgi.

IL Conakat non fu l’unico partito nato nel 1959, ci fu una proliferazione e Lumumba, pensando che tale frammentazione fosse controproducente, convocò nel mese di aprile otto partiti a Luluabourg, nel Kasai, allo scopo di unire le forze. L’incontro divenne il primo congresso politico del Congo. Lumumba volle anche definire una data per l’indipendenza proponendo il 1° gennaio 1961. Dopo il Congresso il potere coloniale interpretò le esigenze del suo MNC come una provocazione contro i belgi e intervenne a Stanleyville con la Force Publique contro i sostenitori di Lumumba, uccidendone venti. Lo stesso Lumumba venne arrestato, come Kasavubu con i disordini di gennaio a Léopoldville.

Alla fine del 1959 si tennero le elezioni amministrative e furono boicottate dai maggiori partiti. Non erano più interessati a misure di transizione, ormai volevano un’indipendenza immediata e nient’altro. Con le tiepide riforme e la politica paternalista, il Belgio aveva fallito tutti i bersagli.

 

Fonti:

Congo” di David Van Reybrouck – Feltrinelli Editore

“Storia del Congo” di Fortunato Taddei

“Wikipedia”