Congo 13 – Agonia

La corruzione di Mobutu fu talmente impressionante che tornò di moda una parola inglese dimenticata: kleptocracy. Ma assieme alla cleptocrazia il suo consenso si fondò sulla regalocrazia, perché nessuno tornava a mani vuote da Gbadolite: denaro, diamanti, incarichi di prestigio; un posto da ministro era il dono più preferito, quasi nessuno lo rifiutava, perché lucrativo e forniva l’occasione di mangiare a carico dello Stato. Fra il 1965 e il 1990 cambiò cinquantun governi, uno ogni sei mesi, ognuno con quaranta ministri. In questo modo nessuno diventava potente o popolare e allo stesso tempo elargiva un regalo, ottenendo fedeltà e riconoscenza. Così Mobutu si comprò il potere.

Se durante tutto il “mobutismo” il suo volto venne rappresentato su settantuno delle settantasette banconote emesse lungo il suo regime, nell’ultimo periodo la sua vanità cominciò ad avere connotati sempre più patologici. Si fece nominare Maresciallo dai suoi ufficiali e per la cerimonia fece confezionare a Bruxelles, dal suo sarto personale, costose uniformi di gala per tutti i suoi generali e per sé quattro, due bianche e due nere, cucite con fili d’oro e abbellite con decorazioni anch’esse in oro massiccio, proveniente dalla Francia.

Da chi lo conobbe, veniva descritto come spaventosamente abile a fomentare l’odio fra le persone, per questo preferiva sempre gli incontri tête à tête. Sapeva essere affascinante, simpatico e divertente, ma allo stesso tempo anche maligno, brutale, astuto, adottando consapevolmente i diversi comportamenti. Aveva mille facce, era inafferrabile e gelosissimo.

Si servì avidamente del droit de cuissage. Quando era in viaggio, c’era sempre un capovillaggio che gli offriva una vergine, ed era un grande onore per la famiglia avere una figlia sverginata dal capo supremo. Un’usanza atavica che Mobutu spinse oltre, usando le donne per i sui giochi di potere. Dormendo con le mogli dei ministri, ne carpiva i segreti, umiliandoli, tanto che costoro andando a Gbadolite, si portavano dietro una cugina. Lo definirono un multipoligamo e rovinò molti matrimoni.

 

Mobutu durante la cerimonia per la nomina a Maresciallo.

 

Voleva sapere tutto ciò che succedeva nel Paese, per cui i servizi segreti negli anni ottanta divennero importanti quanto la propaganda degli anni settanta. Creò una mezza dozzina di servizi, ognuno lavorava in modo indipendente dagli altri, riempiendo lo Zaire di spie. Tutti cominciarono a diffidare di tutti, anche dei familiari, diffondendo la paranoia. I ministri invitati a pranzo fingevano gastriti o diete, alcuni si portavano il mangiare da casa per paura di essere avvelenati. Perfino i Belgi si riferivano a lui in altri modi senza nominarlo, per timore di essere ascoltati. E si instaurò un regime di terrore.

La DSP, Division Spéciale Présidentielle divenne la più spietata. Era formata da militari originari della regione natale di Mobutu, che nel suo delirio cominciò a fidarsi solo della sua tribù. Con un ottimo addestramento e una buona paga formavano un esercito nell’esercito, fedele e inflessibile. Un reparto vennne chiamato hiboux, gufi, perché arrivava di notte e rapiva le persone in silenzio. Oppositori o presunti tali venivano incarcerati senza processo e torturati. Molti furono fatti sparire lanciandoli dagli elicotteri nella foresta.

A Kinshasa divenne uso condividere notizie attraverso quello che fu chiamato radio-trottoir, radio-marciapiede, perché i media trasmettevano solo propaganda. Negli incroci si compravano storie a fumetti clandestine e piccoli quadri, sviluppando una vivace cultura visiva dove venivano sollevati problemi sociali, politici e morali senza esprimerne opinioni. Pittori e disegnatori raffigurarono con ironia la vita sotto la dittatura.

I giovani protestarono attraverso i vestiti scegliendo abiti nuovi e vistosi, risparmiando soldi per farli arrivare dall’Europa. Il loro movimento si chiamava SAPE (Société des ambianceurs et des personnes élégantes) e il musicista Papa Wemba era il loro papa, le Pape de la Sape. Il materialismo nell’eleganza dei sapeurs divenne critica sociale, riflettendo disgusto verso la repressione che stavano sopportando. La musica di Papa Wemba non parlava di politica, non richiedeva attenzione, ma solo essere ballata, musica come anestesia. La stravaganza dei sapeurs teneva in vita la speranza dei molti giovani in povertà, perché un’intera generazione era nata e cresciuta in un mondo di sola miseria.

Oltre la musica, anche lo studio rappresentò una valvola di sfogo per poter uscire dalla palude. Nonostante un edificio universitario fatiscente che cadeva a pezzi, senza dispense o ciclostili, le aule erano piene di giovani. La sete di sapere e di qualificazione incrementò e non scemò più. Purtroppo il livello istruttivo era basso con una corruzione enorme e per diversi insegnanti malpagati fu tutto negoziabile. Molte studentesse offrirono sesso in cambio di voti e il fenomeno si estese alle scuole superiori, tanto che gli uomini di potere andarono fieri di avere un’amante adolescente, e molte scuole femminili diventarono vivai per la classe politica.

 

Sapeurs

 

Nacque un microcommercio basato sulla corruzione. Infermieri che vendevano le medicine degli ospedali, piloti il kerosene. I funzionari pretendevano soldi per ogni timbro e gli agenti si intascavano le multe. Tutto aveva un prezzo. Matabiche, baksjisj (mancia) erano termini sempre in uso. Di fronte a uno Stato inesistente, i cittadini adottarono quello che chiamarono l'”article 15″, ovveroDebrouillez-vous!” (“Arrangiatevi!”). Le attività illegali, come contrabbando, furto o frode, non avevano ormai alcun peso in un Paese criminale. La corruzione generalizzata divenne il modo per contrastare quella dei dirigenti, perché le imposte pagate onestamente sarebbero comunque finite nella mangiatoia. Lo stesso Mobutu in un discorso aveva detto: “se devi rubare, ruba poco e lasciane un po’ alla nazione”. Fra il 1975 e il 1979 furono contrabbandati 350 milioni di dollari di caffé, il 70% dei diamanti, il 90% dell’avorio, tonnellate di cobalto ed ettolitri di benzina. Tutto un po’ per volta, come aveva detto il presidente.

Divenne l’unico modo di sopravvivere e solo grazie a questa economia informale furono in grado di pagare scuole e medicine. Ma l’economia del saccheggio cannibalizzò lo Zaire e nessuno si preoccupò più dello Stato. La posta non funzionava, l’elettricità scarseggiava e le linee telefoniche sempre più rare. L’Air Zaire, da antico orgoglio del Paese, venne chiamata “Air peut-être” (Air forse). La crisi cambiò anche i rapporti fra uomo e donna. Gli uomini disoccupati si sentirono umiliati perché spesso furono le donne ad assicurare il reddito, con microcommerci, vendendo al mercato sapone, zucchero, sale. L’economia informale, pur pesante, offrì diverse opportunità alle donne, molte di loro guadagnavano più dei mariti. Le più giovani studiarono diventando più autonome.

 

Donne imprenditrici producono 40 scatole di sapone quattro volte la settimana - Tutaenda, Sud Kivu
Donne imprenditrici che producono sapone – Tutaenda, Sud Kivu

 

Poi cadde il muro, il blocco comunista si disgregò e la Guerra fredda terminò. Mentre gli americani non avevano più bisogno di Mobutu, Mitterand disse che la Francia avrebbe aiutato solo i Paesi disposti a valori democratici. Nel nuovo decennio si creò un nuovo clima e Mobutu capì che non poteva più ignorare il popolo, così decise di organizzare una consultazione, dove ognuno avrebbe potuto esprimersi liberamente. Vennero raccolti oltre seimila rapporti, perlopiù distruttivi.

Il 24 aprile 1990, Mobutu dichiarò che lo Zaire si sarebbe democratizzato, avrebbe avuto fine il partito unico creandone tre, nuove elezioni e, con lacrime da coccodrillo, che lui si sarebbe ritirato. Nella gioia rimbalzata in tutto il Paese, gli studenti furono i primi a manifestare il 12 e 13 maggio a Lubumbashi, venendo repressi brutalmente dall’esercito, con centinaia di vittime. Fu il culmine per l’occidente: il Belgio sospese gli aiuti e la Francia congelò i rapporti, più tardi anche il FMI tolse lo Zaire dalla lista dei membri.

Ma nel nuovo clima, il processo di democratizzazione continuò. Uscirono nuovi giornali che soppiantarono quelli di regime, sorsero centinaia di organizzazioni della société civile, decine di sindacati e un’esplosione di partiti politici. L’MPR si trovò a competere con circa 300 partiti, alcuni composti da una sola persona, dove Mobutu cominciò a pagare gente per fondare partiti a lui favorevoli. Alla fine la richiesta politica si condensò principalmente su due poli: l’UDPS di Étienne Tshisekedi e l’MPR di Mobutu. La Chiesa simpatizzò per l’opposizione, ma disponibile a compromessi.

 

La “Marcia della speranzar” Kinshasa 16 febbraio 1992

 

Sperando di riconquistare l’appoggio internazionale, Mobutu concesse l’organizzazione di una conferenza nazionale, successivamente chiamata “Conferenza Sovrana Nazionale” che avrebbe dovuto rappresentare il passaggio dalla Seconda alla Terza Repubblica. Vi presero parte, oltre che politici e personalità, anche rappresentanti della società civile, di associazioni e delle chiese. Ebbe luogo a Kinshasa nel Parlamento, ma arrivarono delegati da tutte le Province e fu trasmessa in diretta su radio e televisione. Iniziò il 7 agosto 1991 con la previsione di tre mesi. Ma l’intenzione di Mobutu fu quella di ostacolarla in tutti i modi, quindi nominò un presidente della Conferenza suo fido, che inizialmente rallentò i lavori in modo esasperante.

Il 23 settembre, i soldati del centro paracadutisti si ammutinarono e saccheggiarono grandi magazzini, negozi, pompe di benzina, case private. Nel saccheggio si unì il popolo stremato dalla fame e dalla miseria, estendendosi ad altre città. Durò diversi giorni e tornarono gli eserciti francesi e belgi per prelevare i connazionali. Vennero distrutte il 30/40% delle imprese e il 70% del commercio al dettaglio. Finì con 117 morti e circa 1.500 feriti. Mobutu non reagì e molti sospettarono fosse stato lui a provocare l’ammutinamento per sabotare la Conferenza. Se doveva perdere il potere, avrebbe preferito lasciare il Paese distrutto, si ipotizzò. “Dopo di me, il nulla!”.

Nel gennaio 1992 Mobutu sciolse la Conferenza Sovrana Nazionale che, con suo grande sollievo, non aveva approdato a nulla. Lo scoglio era stato aggirato. Ma il 16 febbraio, a Kinshasa fu organizzata una marcia pacifica (la Marche d’espoir) da parte di credenti cristiani riunitesi dopo la messa, per protestare contro la chiusura della Conferenza, che finì nel sangue. I militari spararono contro le persone, anche su bambini. Oltre ai lacrimogeni, per disperdere la gente venne usato il napalm.

Mobutu questa volta ebbe paura di venir scomunicato, così in aprile fece riaprire la Conferenza ritirandosi a Gbadolite. E la Conferenza divenne finalmente sovrana, facendo un buon lavoro nelle commissioni, dove si realizzò un inventario dei problemi, trovando le soluzioni. Vennero negoziati compromessi discutendo apertamente fra il campo di Mobutu e l’opposizione e fu deciso che il primo ministro sarebbe stato nominato dalla Conferenza stessa, non più dal presidente. I ritmi accelerarono quando vennero istituiti un governo, un parlamento di transizione, una Costituzione seguendo quella redatta 28 anni prima e ratificata con il referendum, e un’agenda per le elezioni.

 

La banconota da cinque milioni di zaire.

 

Quel periodo di transizione verso la Terza Repubblica fu deleterio per il popolo. Tra il 1990 e il 1995 l’inflazione salì in media del 3.616%, con un picco del 9.769%. I salari non significavano più niente e il potere d’acquisto non esisteva. I bambini morivano di fame, mentre i falegnami facevano bare al posto dei mobili. Il tasso di mortalità infantile era al 10% in città e 16% nelle campagne. Nel 1990 uscì la banconota da 50.000 zaire e due anni dopo quella da 5 milioni. Mobutu, senza più finanziatori internazionali, faceva stampare denaro a raffica. Appena mise in circolazione il foglio da 5 milioni, con il quale pagò l’esercito, per fermare la sua sconsiderata politica monetaria, il primo ministro la dichiarò fuorilegge.

Erano nati ovunque dei piccoli uffici cambio, perché la moneta perdeva valore da un giorno all’altro e tutti convertivano subito in dollari. Kinshasa ne era piena e venivano usati soprattutto da funzionari e militari. Dopo che la banconota da 5 milioni fu dichiarata illegale i cambiavalute si rifiutarono di accettarla, così i militari videro evaporare la loro paga, e non gli piacque.

Nel 1991 ci fu il primo saccheggio e nel 1993 il secondo saccheggio, il più violento, dove si ammutinò anche il DSP, i pretoriani di Mobutu. Si impadronirono di proprietà pubbliche e private, ridussero tutto in frantumi appropriandosi di ciò che trovavano, tolsero persino i fili di rame dalle pareti in uno Zaire ormai privo di legge, di sanzioni e di speranza. Persero la vita un migliaio di persone, compreso l’ambasciatore francese e tornarono i paracommando francesi e belgi. Alla fine Kinshasa sembrò essere stata invasa da uno sciame di cavallette che si erano divorato tutto.

 

Il primo saccheggio di Kinshasa, settembre 1991

 

Mobutu, dopo aver festeggiato a Gbadolite il matrimonio di una figlia (che per l’occasione indossava gioielli Cartier per 2,5 milioni di dollari) con 2.500 invitati, caviale e aragosta, migliaia di bottiglie di vino, la torta nuziale alta quattro metri mandata a prendere da un aereo a Parigi, decise che così il Paese non poteva continuare. Riunì il vertice del MPR formando un altro governo, un parlamento e varò una nuova costituzione. Ora lo Zaire aveva un doppio regime.

L’Unione Africana e l’ONU, temendo un’escalation, inviarono diplomatici per una mediazione, che si risolse unendo tutti in un megaparlamento di settecento membri, dove l’MPR aveva la maggioranza. Mobutu fece nominare il primo ministro per guidare lo Zaire verso le elezioni, che vennnero sempre rimandate. Frattanto nel Kasai tornarono gli animi secessionisti, in Katanga riprese la violenza etnica con sete di indipendenza, ma le maggiori brutalità avvennero nel lontano Kivu contro i banyarwanda e i banyamulenge, tutsi che vivevano lì da anni.

Senza soldi, senza esercito e senza sostegno dall’estero, lo Zaire si era completamente disgregato e durante il 1994, nel Paese più piccolo al suo confine orientale, ebbe luogo una catastrofe umanitaria che influenzò come non mai il suo destino.

 

Fonti:

Congo” di David Van Reybrouck – Feltrinelli Editore

Storia del Congo” di Fortunato Taddei

“Wikipedia”