Il significato dei simboli è relativo

Il condizionatore, al massimo, ronzava rumorosamente nella baracca-ufficio, ma senza riuscire a rinfrescare più di tanto: l’umidità quel giorno era stata davvero soffocante, tutta colpa del monsone africano, che il giorno prima aveva allagato il cantiere, per poi lasciare il posto a un pantano di fango, olio e calcinacci, che rendeva impossibile riprendere il lavoro.

Salvai il progetto e chiusi Autocad.

– ehi Jorge, non mi sembra il caso di uscire a fare il giro di controllo con questo caldo, che ne dici di aspettare il fresco?

Il caposquadra Jorge, un quarantenne, argentino con i tipici tratti somatici andini, posò il bicchiere da cui sorseggiava una strana brodaglia di caffè turco ed erbe varie con cui cercava di sostituire il suo mate, e mise giù i piedi dalla scrivania.

– Bueno, tanto in cantiere non c’è nessun altro, oggi non hanno lavorato, siamo solo noi due

– Chandra non c’è?”

Chandra era il nostro geometra, un giovane indù di Bombay, un tipo allampanato, con gli occhiali rotondi alla Ghandi, esile, modi gentili e molto religioso, tutte le sere si metteva sul tappetino a pregare nella posizione del fiore di loto

– no, è tornato nel compound (*) con Kyra

Kyra, architetto di una certa esperienza nonostante avesse meno di 35 anni,  lavorava per la direzione lavori. Come gran parte delle donne bantu aveva la tendenza congenita ad ingrassare facilmente, e lei andava pazza per il Mac Donald e i cannelloni al ragù, che erano le specialità del nostro cuoco. Le sue grandi tette tendevano la camicetta i cui bottoni sembravano prossimi ad esplodere, le sue chiappe erano cosi sporgenti che un bambino ci avrebbe trovato riparo dal monsone.

Si, aveva una relazione con Chandra, lo sapevano tuti;  ed il fatto che la rappresentante della committenza andasse a letto con uno dei responsabili della ditta esecutrice avrebbe potuto destare qualche perplessità, ma li nessuno ci badava; e non se ne parlava se non per avanzare ipotesi fantasiose quanto ardite su quale tecniche di kamasutra adottasse il povero Chandra –  esile come un giunco sulla riva del Gange – per evitare di essere travolto da Kira, che era come l’Africa: grande, calda, e umida.

–  Ma come, credevo che la moglie di Chandra fosse arrivata dall’India qualche giorno fa. E’ già ripartita?

– No, è li a casa con loro, che cucina.”

– Eh? Vuoi dire che mentre la moglie cucina lui fa sesso con Kira e poi tutti e tre cenano insieme?

– Esatto! Gli ho pure chiesto: ma gli indù non avevano abolito la poligamia?

– E lui?

– Ha fatto l’indiano.

– Va bè, adesso non è che possiamo giudicare… ogni gente ha la sua cultura, il matrimonio è un simbolo, per noi significa una cosa, per loro un’altra, è come quella volta che hai disegnato il simbolo del fulmine sulla porta della cabina della media tensione, e gli africani credevano che significasse “pericolo temporale” e sono entrati a ripararsi dalla pioggia, ricordi?

– Si, vabbè, però… scopare con l’amante mentre la moglie cucina… e dai…

– Ma scusa, se non fosse d’accordo, ti pareva che si portava Kira a letto sapendo che la moglie è in cucina con tutti i coltelli a disposizione? Te l’ho detto, il matrimonio è un simbolo, il significato dei simboli è relativo.

– Mah… e secondo te anche Kyra è d’accordo?

– Dipende… se la moglie di Chandra gli cucina i cannelloni, sicuramente si.

– Sempre cornuta è…

– Ma che c’entra, cornuta… ecco, per esempio prendiamo il simbolo delle corna: per noi latini le corna sono simbolo di tradimento per via di quella legenda della moglie di re Minosse che si era innamorata di un toro da cui si faceva ingroppare, e i sudditi lo prendevano in giro mostrandogli le corna ogni volta che lo incontravano per strada; ma se fai il simbolo delle corna a uno di Oslo che ti taglia la strada, quello risponde “yeahhh!” credendo che gli stai dando del vichingo… m’è successo!

Calò la notte sulle nostre cazzate. A quelle latitudini il crepuscolo dura mezz’ora, ed è subito buio.

Io e Jorge uscimmo che si vedevano le stelle, si respirava una brezza leggera che portava il profumo del basilico, piantato appositamente vicino alle baracche perché dovrebbe tener lontano le zanzare. Purtroppo le zanzare non lo sapevano, e si avvicinavano lo stesso.

Iniziammo il nostro giro di controllo con le matite sull’orecchio e i blocco notes sotto braccio, appuntando materiale mancante e lavori da sistemare, quindi andammo verso il magazzino per l’inventario, dove avremmo fatto anche uno spuntino e preparato il caffè.

E’ stato allora che vidi un uomo altissimo, vestito con un caffettano blu e uno scialle sulla testa, seminascosto nella penombra di una lampione a fianco a uno dei nostri camion.

– Ehi, you, what are you doing? Who are you?

Gardiens

 risponde lo spilungone

– tutto a posto” – dice Jorge – “E’ lo zumo (**). Tuareg ingaggiati dalla DL per il servizio di sorveglianza

– Tuareg? Ma non avevamo il contratto con la ditta di vigilanza del cugino di Kyra?

– quelli fanno la guardia di giorno. Di notte hanno paura, è troppo pericoloso, e perciò la notte facciamo venire i Tuareg

– ahhh, si i tuareg… ma per piacere, hanno l’arco e le frecce come i siux, se vengono i predoni da Kano gli fanno un culo così!

– no, no, dice che hanno una mira infallibile, tutti i neri hanno paura dei tuareg!

– mira infallibile… voglio proprio vedè… aò, a tuareg, viè un po qua, famme vedè come tiri con l’arco…. came here, please! I wana see you how works your bow…Ma… non capisce? Che lingua parla?

– arabo, e qualcosa di francese

– vabbè userò i gesti

Prendo il mio blocco notes e disegno un bersaglio fatto con due cerchi concentrici, poi attacco il bersaglio su un palo con del nastro isolante, mi allontano di qualche passo, e mimo i gesto dell’arciere che scocca la freccia verso il bersaglio.

Il tuareg guarda il bersaglio… guarda me… fa cenno di si con la testa, come pe dì “ok, ho capito”, quindi  incocca la freccia, si gira, pende la mira… e colpisce la ruota del camion.

La freccia si pianta, la ruota fa psssssss…..

– tuareg, limortaccitua, hai bucato la ruota!!

E Jorge ridacchiando:

– eh eh eh… il significato dei simboli è relativo, l’hai detto tu

 

 

 

 

 

 

(*) Il compound è una specie di complesso residenziale composto da alcune villette all’interno di un perimetro di mura con filo spinato e ingresso sorvegliato da guardie armate, di norma abitato da bianchi, o gente del posto facoltosa. Il nostro compound godeva di un bellissimo prato intorno alle casette, con dei pavoni starnazzanti, molto decorativi, molto rumorosi, ma molto utili perché beccano i serpenti.

(**) lo “zumo” è una figura molto popolare in Africa,  si tratta sostanzialmente di un guardiano, ma con licenza di uccidere. Non è raro da quelle parti vedere gente dormire per terra fuori le porte dei negozi e nei giardini delle ville, armati di lancia o machete.