Massimiliano e Carlotta – 1/6

 

La dinastia degli Absburgo fu più di ogni altra così potente e longeva da poterla definire l’unica ad aver unificato i popoli europei. Durò mille anni e il suo tramonto segnò quasi una maledizione che si accanì attorno all’imperatore Franz Joseph circondato da drammi e morti violente. Dalla morte prematura di Sofia, la primogenita, alla tragedia di Mayerling, dove l’arciduca Rodolfo, principe ereditario figlio di Francesco Giuseppe e di Elisabetta, si suicidò assieme alla sua amante, la baronessa diciasettenne Maria Vetsera, in uno dei più eclatanti drammi dell’epoca, all’attentato che vide la morte di sua moglie Elisabetta di Baviera (Sissi). E l’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo, nipote dell’imperatore ed erede al trono d’Austria, innescò la miccia che portò alla I Guerra Mondiale. Ma fra i lutti che accompagnarono la dinastia absburgica nel suo declino, si inserì anche la tragica fine di Massimiliano, fratello minore dell’imperatore, nella sventura messicana.

 

Francesco Giuseppe, imperatore d'Austria
Il giovane Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria

 

Ferdinando Massimiliano d’Absburgo

L’arciduca Ferdinando Massimiliano fin da piccolo ebbe un temperamento fantasioso e poetico, entusiasta delle bellezze naturali e dei paesi esotici, simpatizzava con le idee liberali e godeva più popolarità del fratello maggiore, chiuso, freddo e prosaico. Il giovane “Max” era affascinante ed estroverso, sprizzava simpatia riuscendo a farsi amare sia dai nobili che dal popolo e fu sempre definito l’enfant terrible della famiglia. Il suo carattere aveva decisamente preso più dal ramo Borbone o Lorena degli Absburgo, che da quello tedesco.

 

Nel 1845, a 13 anni, compì il suo primo viaggio in Italia dove si innamorò del mare, una passione che lo coinvolse e determinò il suo futuro. Dopo l’ascesa al trono del fratello Francesco Giuseppe, all’età di 18 anni, in seguito alle sue idee critiche e liberali, con il conseguente inserimento del suo nome nelle liste della polizia segreta, a corte si decise fosse opportuno allontanarlo da Vienna, avviandolo a una carriera nella marina con base a Trieste.

 

Si innamorò una sola volta nella sua breve vita, di Maria Amalia, figlia del deposto imperatore del Brasile, Pietro I, conosciuta a Lisbona durante uno dei suoi viaggi nel Mediterraneo con la marina. Si fidanzarono ufficialmente in attesa della sua maggiore età, l’anno successivo, per il matrimonio. E proprio durante questo periodo, mentre le inviava lettere con parole d’amore e poesie, la giovanissima Maria Amalia, che nel frattempo si era trasferita a Madera a causa della sua cagionevole salute, morì di tisi, lasciando il giovane Massimiliano nel dolore e nell’angoscia.

 

Maria Amalia di Braganza
Maria Amalia di Braganza

 

Lo strazio lo condusse a dedicarsi completamente al lavoro che, a detta dei suoi superiori, aveva sempre svolto con serietà e passione, tanto che l’anno successivo, nel 1854, Francesco Giuseppe rimosse il barone Wimpfen da comandante in capo della marina imperiale, affidando a Massimiliano il comando della flotta. La nomina fu aspramente criticata a corte, soprattutto per la sua giovane età, mentre al contrario a Trieste e a Venezia fu colta con grande entusiasmo sia dagli ufficiali austriaci, che dai marinai italiani e croati. Ed a buon ragione, in quanto negli anni successivi Massimiliano si dedicò con duro lavoro ed entusiasmo a rinnovare e ammodernare l’antiquata flotta austriaca con grande successo.

 

Affascinato dalle scienze navali, fondò anche un museo marittimo e un istituto idrografico. Si interessò di oceanografia ed ebbe una fitta corrispondenza con il direttore dell’osservatorio navale di Washington. Riuscì inoltre ad infondere il patriottismo fra gli equipaggi dalmati e veneziani, tanto che per la prima volta provarono orgoglio di appartenere alla marina austriaca e accettarono di ricevere gli ordini in tedesco (precedentemente gli ufficiali si lamentavano sempre perché gli equipaggi obbedivano solamente se ricevevano gli ordini in italiano).

 

L'arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo
L’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Absburgo

 

In seguito alla guerra di Crimea, dalla quale l’Austria si tirò fuori mantenendo una neutralità armata, inimicandosi per questo entrambi i contendenti, si rese necessario un riavvicinamento alla Francia. Fu così che il 24enne Massimiliano fu inviato a Parigi per la sua prima missione diplomatica e lì conobbe Napoleone III, fra i quali nacque quella simpatia reciproca che anni dopo lo avrebbe coinvolto nella sciagurata avventura messicana.

 

Carlotta Maria, principessa del Belgio

Carlotta era figlia di Leopoldo I re del Belgio (marito infedele, zio della regina Vittoria del Regno Unito, vedovo di Carlotta Augusta, unica erede di re Giorgio IV, nonché genero di Luigi Filippo re di Francia) e della principessa Luisa d’Orléans, sposata in seconde nozze e morta quando la piccola Carlotta aveva dieci anni. La madre Luisa, fino alla morte, non le permise mai di conoscere le infedeltà del padre e le proprie sofferenze, al contrario la educò insegnandole a vedere il genitore come un oracolo di saggezza, tanto che crebbe con vera venerazione nei confronti del padre. Carlotta era dolce ed affettuosa, nonché intelligente, tanto da voler imparare a leggere all’età di tre anni. Orgogliosa e caparbia come il padre, pur ragazzina si ribellò all’abdicazione del nonno Luigi Filippo. Dopo la morte della madre, re Leopoldo trovò conforto nella piccola Carlotta che definì in diverse occasioni “più intelligente dei suoi fratelli.

 

Carlotta non pareva dotata di un carattere gradevole, traspare dalle sue lettere un atteggiamento di sconforto, apatico e indifferente. Non aveva nulla della dolce gaiezza della madre ed era estremamente rigida per tutto ciò che considerava frivolo. Già da fanciulla ebbe due pretendenti che cercarono di ammorbidire il suo cuore: re Pietro del Portogallo, candidato molto apprezzato dalla cugina, la regina Vittoria, e il principe Giorgio di Sassonia. Ma Carlotta restò indifferente ad entrambi e tutti gli altri pretendenti rimasero in attesa fra le quinte, quando alla fine di maggio Massimiliano arrivò a Bruxelles.

 

Così, fra gli interminabili e noiosi discorsi di re Leopoldo, la graziosità di Carlotta lo attrasse subito, mentre lei si innamorò a prima vista di quel “bellissimo e brillante arciduca”. Carlotta aveva una natura completamente diversa da quel frivolo principe viennese, preferiva la musica di Bach a quella di Strauss e leggeva trattati di storia e filosofia solo per diletto. Le conversazioni con lei dovevano sempre essere di alto livello mentre Massimiliano incantava le persone con i racconti dei suoi viaggi esotici. Ma Carlotta si innamorò per la sua spontaneità e come scrisse: “la sua cavalleresca cortesia è innata e pensa solo a fare il bene”.

 

La Principessa Carlotta, ritratta da Franz Xaver Winterhalter
La giovane Principessa Carlotta, ritratta da Franz Xaver Winterhalter

 

Re Leopoldo vide positivamente quell’unione e si mise in movimento per realizzarla, anche se Massimiliano tornato da Bruxelles non si era ancora dichiarato, pensando sempre alla sua Maria Amalia, ma era stanco della vita da scapolo condotta a Trieste. In una sua lettera al fratello scrisse: “Lei è piccola, io sono alto che è ben come si addice. Lei ha i capelli scuri, io biondi, il che va benissimo. Lei è molto intelligente, il che è piuttosto preoccupante, ma non ho dubbi che verrò a capo anche di questo”. Nulla di poetico, come con Maria Amalia, solo la lusinga che Carlotta lo avesse preferito ai molteplici spasimanti. E mentre la regina Vittoria tramava, disapprovando ogni alleanza con gli austriaci, Carlotta aveva già deciso di offrire il suo cuore al romantico arciduca, mentre suo padre ci teneva molto a stringere legami con l’Austria.

 

Nel frattempo Massimiliano era più interessato ai lavori della sua residenza a Miramare, che ai progetti matrimoniali e solo ad ottobre si decise a chiedere Carlotta in sposa. Ma le ambizioni di re Leopoldo andavano oltre, non gli soddisfaceva la vita di Carlotta a Trieste, ma piuttosto come viceregina del Lombardo-Veneto, tanto che in una sua lettera alla regina Vittoria scrisse riguardo al matrimonio: “Se avrà luogo, l’imperatore dovrà metterlo alla testa del governo di Venezia”.

 

E il destino volse in quella direzione quando nel 1856 Francesco Giuseppe nominò Massimiliano governatore del Lombardo-Veneto, in sostituzione del vecchio e ormai attempato feldmaresciallo Radetzky. Massimiliano trascorse il Natale a Bruxelles dove Carlotta lo presentò ufficialmente al popolo belga e qui di giorno in giorno si sentì più attratto dalla “intelligente, graziosa, piccola Carlotta” che tuttavia non gli ispirò mai la visione romantica che aveva nutrito per Maria Amelia. Carlotta era profondamente innamorata, ma dalle lettere che Massimiliano spedì da Bruxelles si intravedeva che pur essendone attratto, lui non lo era, si annoiava e non gli piaceva essere lì.

 

Carlotta e Massimiliano
Carlotta e Massimiliano

 

Il Lombardo-Veneto

Durante il governatorato del Lombardo-Veneto, Massimiliano, con Carlotta sempre al suo fianco, si impegnò molto nel rimodernare la regione e farla risorgere dalla depressione economica, tanto che sotto di lui Milano non era mai stata così ricca. Voleva puntare ad un governo autonomo del Lombardo-Veneto. Ma per le sue idee liberali, le sue aperte critiche a Vienna e il suo amore per l’Italia e gli italiani, si fece temere da un lato da Cavour, che lo considerava uno dei suoi maggiori nemici, in quanto si vedeva sottrarre molti sostenitori, e creò una grossa frattura con il fratello. L’imperatore non si fidò più di lui e nell’aprile 1859 lo rimosse dall’incarico.

 

Due giorni dopo la sua rimozione l’Austria entrò in guerra con il Piemonte alleato alla Francia e perse la Lombardia (II guerra d’indipendenza italiana). E la rottura fra i fratelli fu tale che durante l’armistizio di Villafranca, alla proposta di Napoleone III a Francesco Giuseppe di creare uno Stato indipendente in Veneto con a capo Massimiliano, l’imperatore rifiutò categoricamente. Lo stesso rispose indignato al consiglio dell’ambasciatore inglese di nominarlo re d’Ungheria.

 

Massimiliano tornò a Miramare dove Carlotta l’aspettava in costante timore per l’uomo a cui “si sentiva di appartenere con tutto il cuore e tutta l’anima” e si estraniarono vivendo un periodo da semplici cittadini, senza una vera corte. Ma Carlotta, di sangue reale, voleva di più dal suo Max e ascoltò volentieri le voci provenienti da Vienna sulle proteste e i fischi contro l’imperatore dopo la disfatta di Solferino, le richieste di abdicazione e le grida “viva l’arciduca Max!” diretti contro la casta e l’aristocrazia militare.  Non aspirava a tanto, ma si sentiva in grado di poter essere una regina.

 

Castello di Miramare - Trieste
Castello di Miramare – Trieste

 

La residenza di Miramare era diventata il loro rifugio, che rimase tale anche dopo la partenza in Messico. I primi progetti dell’edificio, voluto da Massimiliano, iniziarono il 1° marzo 1856, prima del loro incontro. Tutta l’area subì un enorme lavoro di bonifica, tanto che la terra per i 22 ettari di parco fu importata dalla Stiria e dalla Carinzia. Massimiliano vi dedicò gran parte della sua vita e continuò ad abbellirlo con una grande varietà di piante esotiche anche durante la permanenza in Messico.  Nel parco si trova il castelletto, un piccolo edificio che funse da residenza per i due sposi durante la costruzione del castello fino al Natale 1860, dopodiché si trasferirono nell’edificio principale dove soggiornarono, salvo un viaggio in Brasile di Massimiliano, fino al 1864, quando partirono per il Messico.

 

E proprio durante il viaggio in Brasile la coppia cominciò a distaccarsi, tanto che pur essendo partiti assieme, Carlotta rimase a Madera, dove durante la sosta Massimiliano rievocò i suoi tristi ricordi di sette anni prima con la giovane Maria Amalia, che non aveva ancora dimenticato. Nel frattempo l’arciduchessa madre Sofia cercò di riconciliare i due fratelli, ma ormai ogni segno di fiducia era scomparso e a corte non c’era più spazio per Massimiliano, neppure il governatorato di una piccola provincia.