Piante e capelli – Hennè – Lawsonia Inermis

Fonte: Biography.com

Che cosa hanno in comune Lucille Ball, Ramses II e… CaveDasy?
Una gran bella “testarossa”, colorata da un’inossidabile tinta vegetale ottenuta con l’hennè!
Ebbene sì, con le piante oltre che nutrirsi, curarsi, abbellirsi ci si può anche tingere, capelli e pelle.
La tinta vegetale per il corpo più famosa, e forse più antica è il cosiddetto hennè, o henna, con cui si identifica una polvere, più o meno fine, di foglie di Lawsonia Inermis, un arbusto originario dell’Asia minore, Nordafrica e Iran, attualmente coltivata a fini tintori dal bacino del mediterraneo fino al pakistan. Cresce quindi in ambienti subtropicali.

Hennè, tra storia, rito e moda

L’hennè è utilizzato da migliaia di anni per la tinta dei capelli, cui può donare una colorazione rosso caldo-arancio fino al mogano o semplici riflessi a seconda del colore di base dei capelli, ai quali si sovrappone come un acquarello, senza sostituire il pigmento naturale come farebbe una tinta chimica ma sovrapponendosi ad esso come una guaina colorante e protettiva.
Il suo utilizzo è documentato in molte culture antiche a partire dal 7 millennio ac fino ai giorni nostri.
L’uso della lawsonia come tinta non era soltanto una pratica estetica, in diverse culture è legato a tradizioni sociali: il rito della tinta con hennè dei capelli e mani delle spose, a titolo decorativo e benaugurale, è ancora diffuso e praticato.
La profondità del colore ottenuto pare essere un indicatore del futuro amore degli sposi.
Sono poi ancora in uso anche delle vere e proprie feste della tintura, con intenti di protezione dal malocchio e benaugurali per le donne che vi partecipano, nelle quali tatuatrici professioniste, rispettatissime e tenute in gran conto nelle loro società, tingono i capelli e soprattutto le mani e i piedi delle partecipanti con disegni tradizionali elaboratissimi e suggestivi, detti mehndi. Le donne che vi partecipano sono esentate dai lavori domestici per il periodo di applicazione, servite e riverite, perchè con quei disegni attraggono la benevolenza delle divinità e la fortuna.

Visibilità a queste vere e proprie opere d’arte su pelle fu data su larga scala per prima niente meno che da Madonna, che nel suo periodo più mistico li esibì sulle proprie mani e braccia nel suo video “Frozen”. Hanno seguito Byoncè, Lady Gaga e da allora in occidente si è un po’ diffuso il suo uso soprattutto estivo come tatuaggio temporaneo sulla pelle, senza però il recepimento dei suoi riti e significati.

A ciascuna testa il suo rosso.. ma pensateci bene, voi che tingete!

Il principio colorante della pianta, il lawsone (2-idrossi-1,4-naftochinone) , tinge di un deciso rosso mattone legandosi alla cheratina del capello e della pelle, e la sua concentrazione può variare, nelle foglie, dal 1 al massimo 3%. Il rilascio di più o meno pigmento e più chiaro o scuro può essere un minimo calibrato nella preparazione dell’impasto con diversi accorgimenti metodologici e/o ingredienti aggiuntivi.
Ma questo è un aspetto che al momento tralascio perchè eventualmente meritorio di un trattato a sè. Cosa lunga e laboriosa.
Le foglie migliori solitamente vengono tritate in una polvere finissima e impalpabile, da usare per i tatuaggi temporanei sulla pelle, quelle meno ricche tritate fino a una consistenza meno fine e da utilizzare per la tinta dei capelli. Nulla vieta di utilizzare sui capelli la qualità per tatuaggi, ottenendo un colore più intenso e con una modalità di posa sicuramente più agevole.
Dal momento che non rimuove il pigmento naturale del capello ma vi si sovrappone, va da sè che con l’hennè… non possono esistere due teste uguare. La caratteristica particolare di questo metodo tintorio è che il risultato cambia, e moltissimo, a seconda della propria base di partenza e non è assolutamente prevedibile a priori. E non è neppure lo stesso nel tempo, ad applicazioni successive il risultato cambia.
Il lawsone si lega anche sui capelli bianchi, che essendo i più chiari però prendono un colore arancio deciso e non uniforme con gli altri. L’effetto è comunque gradevole, e a molte gradito, perchè in pratica si ottiene un effetto “fili di luce” o mesches particolare, tono su tono, in un unico passaggio.
Queste variabilità possono essere intese come pregi, come faccio io, o difetti, per chi desidera un risultato certo e perfettamente controllabile e vuole scongiurare qualsiasi rischio inatteso.
L’hennè non è in alcun senso equivalente, nè come” funzionamento” chimico, nè come risultato, alle tinte chimiche.
In questo senso è da tenere a mente che l’hennè quindi non è un colore “per tutte”.
E’ chi lo usa che si adatta alle caratteristiche di questa fantastica pianta, e mai viceversa.
C’è chi ne è rimasta folgorata, come me o come l’attrice Lucille Ball, il cui rosso splendente era frutto dell’hennè (in realtà era castana) di cui era gelosissima e che faceva custodire sotto chiave dalla parrucchiera.. e chi l’ha odiato.
Occorre pensarci molto bene prima di usarlo perchè, tra le altre cose, può essere una via quasi senza ritorno.

L’hennè è per sempre

Eggià, perchè a differenza di quel che si può essere portati a credere, vegetale e naturale significa sì meno impattante sulla salute del capello ma è una tinta resistentissima, permanente, difficilmente sfrattabile senza le forbici.
Il rosso dell’hennè su alcune teste può scaricare ma non sparisce, spesso neppure con decolorazioni e tinte anche solo i riflessi restano inalterabili.
Resiste in condizioni altrimenti micidiali anche per la più raffinata tinta chimica: la prova mare e la prova cloro.
E’ esperienza comune, per chi usa tinte chimiche, il deterioramento che comporta alla propria testa anche solo qualche giorno di sole e mare, o anche solo il cloro della piscina. Una tinta perfetta si spegne e lascia il posto a un colore spento e a una consistenza stopposa del capello. L’effetto “magamagò” o “scopettone ambulante” per capirci.
Chissà allora come reagirà una tinta totalmente vegetale… si autodistruggerà in 10 secondi?
No, per niente. Non fa una piega, neanche un plissè. Resta semplicemente perfetto.
Se lo metti in testa, crepi prima tu di lui, come potete chiedere a Ramses II al Museo Egizio del Cairo ancora fresco dopo 3000 anni. Stecchito ma ancora pel di carota.
Per questo a chi me lo chiede dico sempre che altro che diamanti, è l’hennè che è “per sempre”.

La mia esperienza

Chiudo con una parte autobiografica, non per un delirio autoreferenziale ma per portare un’esperienza concreta con questa pianta che mi accompagna ormai da sette anni.
La prima volta che ho sentito parlare di hennè è stato dal mio dermatologo, 20 anni fa, mentre mi consigliava, per i miei capelli sottili e delicati, di evitare tinte, permanenti, la ogni. “Se vuoi cerca l’hennè e usa solo quello”.
Da allora mi sono avvicinata alle piante usabili sui capelli, a fini tintori e curativi, interesse che poi si è esteso alla fitoterapia in generale.
Per i primi anni ho usato il cosiddetto hennè nero, in realtà indigofera tintoria, di cui parlerò un’altra volta o famo notte… :)).. Da sette utilizzo solo lawsonia inermis, prevalentemente pachistana o tunisina, che trovo pura in alcuni negozi tipo asianmarket, di qualità fine per tatuaggi, che preparo in un impasto dalla formula, ormai consolidata dopo mille prove: hennè, un composto colloidale fatto con the o roobois e semi di fieno greco (si ottiene una sorta di gel morbidissimo che facilita la posa), cui aggiungo dopo un periodo di riposo e prima della posa un cucchiaio di olio da girasole, se c’è un cucchiaio di miele, talvolta un cucchiaino di cacao amaro. Ma anche qui, se interesseranno i dettagli tecnici sul come e perchè forse rimanderei a un approfondimento a parte. E’ cosa lunga! :)!
Come accennato il composto va lasciato riposare affinchè si rilasci il lawsone, può essere preparato per tempo e congelato, conservazione che peraltro ne accentua il potere colorante.
Partendo da una base biondo scura dorata sono progressivamente passata da un rosso ramatissimo piuttosto ingombrante al mogano di oggi, frutto di anni di stratificazioni.
Il colore in realtà non è “costante”. A differenza della tinta, che ti dà un colore da tabella, la lawsonia cambia effetto anche sotto luci diverse.
Se al sole diretto con cielo sereno sono quasi ramata, con luce mista sono ciliegia-mogano, con luce solo riflessa e diffusa, come in certe giornate nuvolose sulla neve, sembro un castano scurissimo.
Per quanto riguarda la salute dei capelli e della cute, su di me è un toccasana per la cute un po’ grassoccia, se non mi scappa troppo olio lascia i capelli puliti e leggeri e lucidissimi come se fossi caduta nei cristalli liquidi. Una luminaria ambulante.
Profumatissima, di un imprecisato profumo erboso gradevole ma deciso.
Diciamo che il periodo di posa include un’aromaterapia omaggio.
Volendo fare un bilancio… L’hennè è una scelta completamente alternativa alla tinta: richiede tempo e un minimo di informazione e manualità, il risultato è variabile per intensità e sfumatura, però è completamente vegetale, più salubre per i capelli, e campione di resistenza.

Hennè e sicurezza

Mi sembra doveroso ricordare che, anche per applicazione esterna, parliamo di una piante con principi attivi potenzialmente allergenizzanti, quindi prima della prima applicazione meglio fare un patch test di prova se non l’avete mai usato prima.
Sono inoltre girate voci sulla presunta tossicità dei composti di hennè, ma è stato poi chiarito che lo studio è riferito alle cosiddette paste preconfezionate pronte per tatuaggi, accusate di contenere additivi e metalli pesanti non sicuri.
La polvere di foglie da lavorare in casa è ad oggi invece da ritenersi sicura.

Se il tema vi ha interessato, per parlare di come farlo davvero.. o altre piante tintorie, o condizionanti per capelli, o l’uso di altri vegetali per pelle e capelli, chiedete e potranno seguire altre puntate!

Pubblicato da CaveDasy

Ligure fuori, sarda dentro, piemontese attorno.