Tina 10 – Spagna, la sconfitta

Barcellona era la culla di tutte le ideologie antiautoritarie della penisola iberica. I miliziani anarchici controllavano l’intera regione, affiancati dai marxisti del POUM nella gestione della città. Per far fronte all’avanzata franchista, si giunse al primo caso nella storia di quattro anarchici che parteciparono al governo in qualità di ministri. Truppe scelte e comandate dai migliori generali dell’esercito, furono sconfitte dagli operai in armi e dalla stessa popolazione di Barcellona. Ma dopo quasi un anno di guerra, la città divenne teatro di reciproci attentati fra anarchici e comunisti. Una faida che vide molti dirigenti del CNT (Confederación Nacional del Trabajo) sindacati anarchici, uccisi sulla porta di casa, e da lì a poco altrettanti cadaveri dell’UGT, Unión General de Trabajadores (vicino al Partito socialista) venivano trovati in strada. Chi manovrava questa guerra civile nella guerra civile, era sempre la rete degli agenti staliniani. I rifornimenti di armi rimasero privilegio dei reparti sotto il controllo dei commissari politici del Commintern, alcun fucile raggiunse la Catalogna.

I reparti sotto il controllo sovietico, avrebbero potuto respingere i falangisti a Saragozza, ma gli ordini furono quelli di lasciar dissanguare la colonna Dirruti e rimanere in Catalogna aspettando l’evolversi della situazione. Illuminante fu l’articolo apparso sulla Pravda il 17 dicembre 1936: “In Catalogna è iniziata l’epurazione di elementi trockisti e anarchici, e sarà portata a termine con la stessa energia con cui l’abbiamo fatto in Unione Sovietica…” Il pretesto per la soluzione finale si avviò il 3 marzo 1937, quando i comunisti accusarono gli anarchici di intercettare le comunicazioni del Presidente. La centrale dei telefoni, come la maggior parte dei servizi a Barcellona era autogestita da lavoratori aderenti al FAI (Federació Anarquista Ibèrica) e alla CNT.

 

Foto trovata sul web dal titolo: l’appassionato omaggio alla Catalogna di George Orwell

 

George Orwel, volontario nelle brigate internazionali e simpatizzante del POUM, fu tra i testimoni diretti. La Guardia Civil aveva attaccato gli operai anarchici della centrale telefonica e molte brigate anarchiche erano corse in aiuto per la difesa. La Guardia Civil era considerata di dubbia fede antifascista e scatenò incidenti sanguinosi. Due battaglioni conversero verso Barcellona, ma vennero fermati dai vertici militari, facendo passare l’aggressione solo un problema di ordine pubblico. Poi il Governo centrale inviò cinquemila guardias de asalto, miliziani di chiara fede comunista che occuparono i punti strategici della città. Le cifre ufficiali dichiararono 400 morti e un migliaio di feriti. Iniziò la caccia all’eretico. Bersaglio principale fu il Poum, in odore di trockismo. Il Partito Obrero de Unitad Marxista fu accusato di tradimento verso la causa repubblicana e ogni sorta di falsità, come presunte collusioni con i franchisti. Dirigenti e militanti vennero braccati, arrestati e processati.

Orwel fu fra i primi nomi nella lista della Gpu, ma scappò alla cattura dandosi alla macchia. Dopo cinque giorni raggiunse la frontiera e si salvò in Francia. Altri non ebbero la stessa fortuna. Camillo Berneri, anarchico lodigiano, organizzatore della prima colonna italiana, il 5 maggio venne prelevato da uomini armati. Il mattino seguente il suo cadavere fu ritrovato in strada. Berneri redigeva un giornale in lingua italiana: “Guerra di classe” e stava scrivendo un libro dal titolo : “Mussolini alla conquista delle Baleari” nel quale riteneva di poter provare l’invio di aiuti sovietici all’Italia fascista, in appoggio alla campagna d’Etiopia. La collaborazione fra Hitler, Mussolini e Stalin, della quale gli anarchici erano convinti, non poteva essere divulgata con il sostegno di prove inconfutabili. E probabilmente anche per questo che Berneri venne assassinato. (Un suo amico fraterno, il triestino Umberto Tommasini accusò Vittorio Vidali di questo delitto).

La rivendicazione del suo assassinio fu piuttosto sfrontata: Giuseppe di Vittorio la rivendicò su “La voce degli italiani“, vanificando le affermazioni di “menzogne anticomuniste” che Togliatti rivolse a Gaetano Salvemini, quando questi accusò i commissari politici dell’omicidio.

 

Fire after German air raid (Bilbao 1937, Robert Capa)

 

Tina in quei giorni poteva definirsi una donna sfinita, inerte, protetta da un’ombra di insensibilità. Un mattino restò impassibile a guardare un caccia che mitragliava ripetutamente i civili nelle strade. Senza provare la minima emozione davanti a quei cadaveri e ai bambini che si aggrappavano ai corpi delle madri morte. Le poche volte che scambiava un commento, parlava di “follia collettiva”, di meccanismi mostruosi sfuggiti di mano, stupendosi della propria indifferenza di fronte alla morte.

Da Mosca giunsero in numero crescente specialisti per rilevare il comando di esercito e polizia. Un ricatto, che attraverso le promesse di aiuti, non era altro che un passaggio di poteri. Il generale spagnolo Enrique Lìster, che faceva parte della ristretta cerchia di persone frequentata da Vidali e Tina, si incaricò di sciogliere le comuni agricole, restituendo le terre ai latifondisti. Vennero reintrodotti i gradi militari, l’obbligo del saluto ai superiori e il principio delle gerarchie. Un decreto impose l’estinzione dell’autodifesa, proibendo le armi a chiunque non indossasse la divisa governativa.

In giugno venne sequestrato Andrés Nin, fondatore del Poum, suscitando un’ondata di proteste. Jesùs Hernandez, ministro comunista, denunciò in seguito i crimini dei quali lui stesso era stato complice: “Andrés Nin, che fu amico di Lenin, Kamenev, Zinoviev. Trockij, venne assassinato in Spagna come lo sono stati i suoi compagni della guardia bolscevica in Unione Sovietica“, descrivendo tutti i metodi di tortura usati dal Comintern per strappargli una confessione di “traditore” fino a eliminarlo.

Ma il 25 luglio l’organo del Partito comunista spagnolo “Mundo Obrero” pubblicò un articolo dal titolo: “La fuga del bandito Nin” sostenendo che Andrés Nin era a Burgos sotto la protezione di Franco.

 

Pilots resting in open country near their Polikarpov I-16 Tipo 10 Supermosca de la Aviación republicana. (Spain 1936, David Seymour)

 

Nella primavera del 1937 a Tina, mentre era a Valencia, arrivò la notizia della morte della madre, che nel 1930 si era trasferita in Italia, con Mercedes, a Trieste dove viveva Valentina. Fu Mercedes a scriverle usando un indirizzo di Parigi, tramite un militante di Soccorso Rosso. Buona parte di quelle lettere vennero intercettate dall’Ovra e le copie rimasero negli archivi della questura di Trieste. A Valencia Tina intervenne al II Congresso internazionale per la difesa della cultura contro il fascismo, dove conobbe Ernest Hemingway e André Malraux, rivide Pablo Neruda, Juan de la Cabada e David Alfaro Siqueiros, che dopo aver rivestito l’incarico di addetto d’affari presso l’ambasciata del Messico a Parigi, s’era arruolato con l’11ª divisione di Lister in Spagna. L’insediamento del governo a Valencia impose la concentrazione degli uomini più fedeli al Comintern, ma per Mosca la sorte della guerra era segnata.

Dalla finestra dell’ultimo piano, Tina vedeva cumuli di sacchi di sabbia e le piazzole della contraerea. Dopo Madrid anche per Valencia si sarebbe avvicinata un lunga agonia. Tornò Vidali, portando alcune provviste e mentre si sfilava pistole e caricatori le chiese:
Quell’americano, il fotografo, ieri sera…
Robert Capa?”
Sì lui, ho visto che insisteva tanto, qual’era il suo problema?
Voleva solo capire perché in mezzo a questo macello, non ho ripreso la macchina fotografica“.
Vidali, mentre saggiava il caricatore della pistola, le rispose: “Gente come lui qui ha trovato un bel po’ di cadaveri da fotografare. Ci farà un mucchio di soldi.
Non lo conosci Robert Capa!
Non ci tengo, sono borghesi annoiati che vengono qui per una manciata di emozioni a buon mercato, Hemingway…Dos Passos…Malraux, ci faranno un bel romanzetto da un milione di copie.
Tina gli rispose: “Vittorio, fa uno strano effetto… sentire da te parlare di gente che crepa!
Il dialogo continuò concitato, poi Vidali le parlò a proposito di un poeta messicano, Octavio Paz, che diceva “sciocchezze”. Le chiese di parlare con la moglie Elena.

Tina la invitò alla sede di Soccorso Rosso di Valencia e le disse che stavano frequentando personaggi ambigui. Elena prima impallidì, ma poi rispose: “Traditori?”… “Traditori come Andrés Nin?” aggiungendo: “dov’è finito Andrés Nin?” “A quanto dicono è stato rapito da agenti nazisti trasvestiti da miliziani…” “Neanche tu avresti il coraggio di sostenere che Nin si sia venduto ai fascisti“.
Tina rispose: “Non lo so e non lo voglio sapere, ma vorrei solo evitare a te e a tuo marito di finire coinvolti in questioni che non potete capire.
Anche Ana Maria avrebbe tradito?” Riprese Elena duramente e vedendo che Tina non la conosceva continuò: “Sì, Ana Maria Baron, una ragazza che faceva l’interprete e ha seguìto i delegati europei nella commissione di indagine sulla sparizione di Andrés Nin, ed è scomparsa“. Tina non ne sapeva niente, e mentre Elena si alzò per andarsene, sulla porta vide appesa una poesia del marito: “No pasaràn“, si voltò e le disse: “puoi toglierla, sono già passati e siete voi che gli avete spianato la strada!“.

 

Andrés Nin, Fondatore del Partido Obrero de Unificación Marxista (POUM)

 

La fotografa Gerta Taro, compagna di Robert Capa, morì a 26 anni sul fronte Albacete, schiacciata dai cingoli di un carro armato (per Capa fu un colpo durissimo, dal quale non si riprese più). David Seymour, un altro reporter che tentò inutilmente di convincere Tina a riprendere la fotografia, lasciò la Spagna per documentare altri orrori. Morì nel 1956 durante l’invasione franco-inglese del canale di Suez. Robert Capa finì i suoi giorni in Vietnam, nel 1954, durante la Guerra d’Indocina, scattando la sua ultima foto, pochi secondi prima di posare il piede su una mina.

Odio la guerra” disse Tina, guardando i cumuli di macerie con i corpi smembrati che affioravano. “Eppure vorrei tanto vederne un’altra. Vorrei vedere ridotto così ogni Paese che ha causato tutto questo…

Un giorno Valencia si ritròvò in un clima di aperta ostilità: la popolazione accusava il governo e lo Stato Maggiore di aver abbandonato Malaga al suo destino, nonostante l’offensiva franchista annunciata con largo anticipo e il massiccio passaggio delle forze italiane che non avrebbe potuto passare inosservato. I fascisti vennero invece sconfitti duramente a Guadalajara, in una battaglia che vide scontrarsi faccia a faccia, spesso all’arma bianca, italiani degli schieramenti opposti.

Dopo aver curato giorno e notte i feriti, il dottor Norman Bethune venne convinto a lasciare la Spagna. L’esito era ormai scontato e si ritenne che la sua fama internazionale avesse potuto essere più utile altrove. Il medico canadese partì in Cina per organizzare un ospedale da campo al seguito delle truppe maoiste.

 

Robert Capa y Gerda Taro, amor tras las cámaras (guerra civil Española)

 

Vidali dopo un breve viaggio a Parigi, eludendo i controlli del Deuxieme Boureau, al ritorno raggiunse Tina a Barcellona, dove anche qui si respirava l’aria di una disfatta imminente. Fino all’estate 1938 Tina lavorò come redattrice al giornale “Ayda” organo del Soccorso Rosso spagnolo, in novembre raggiunse Madrid dove partecipò al congresso nazionale della solidarietà, titolo paradossale considerando che due mesi prima il governo Negrìn aveva accettato il ritiro della Brigata internazionale al Congresso delle Nazioni di Ginevra, sancito successivamente dal Patto di Monaco fra Hitler, Mussolini, Chamberlain e Daladier (lo stesso che trasformò la Cecoslovacchia in “protettorato” tedesco). La partenza della Brigata Internazionale divenne il simbolo della disfatta.

La sera dell’ultimo giorno del congresso Madrid fu bombardata. Tra i feriti ci fu anche Vidali. Tina trascorse la notte da un ospedale all’altro a scoprire molti cadaveri sconosciuti, nella paura di trovarci il corpo di Carlos. Lo ritrovò con la testa fasciata e un braccio legato al collo. Quando si presentò a rapporto da Palmiro Togliatti, questi vedendolo conciato così, scoppiò a ridere suscitando anche l’ilarità di Dolores Ibàrruri (la Pasionaria) lì presente. Ma Vidali non condivise e si sentì offeso, soprattutto se lo ricordò, come si espresse anni dopo: “quando il compagno “Ercoli” rise delle mie ferite, molti altri nostri compagni erano morti“. Seguì l’offensiva su Barcellona e Marìa-Tina venne incaricata di frequenti viaggi in Francia per accompagnare militanti feriti o personalità da salvare. Si salvò miracolosamente quando la sede di Soccorso Rosso fu centrata da una bomba.

 

Chinese volunteers who fought in the Spanish Civil War

 

L’intellettuale messicano Fernando Gamboa, tra gli ultimi a lasciare la Spagna, scrisse: […] Attraversando il centro di un paesino semiabbandonato abbiamo notato una donna seduta al tavolino di un caffé all’aperto, sola e immobile. Era Tina Modotti. Quando mi ha riconosciuto mi ha sorriso. Le ho chiesto cosa stava facendo in quel luogo assurdo, ormai prossimo a diventare un paese fantasma. “Sto aspettando” mi ha risposto. Poi ci siamo abbracciati e mi ha spiegato che l’esercito in ritirata sarebbe passato di lì, quindi anche Vidali. Ho cercato di farle capire il pericolo che correva e le ho proposto di condurla in mezz’ora ad Agullana con la nostra auto diplomatica. Ma è stata irremovibile. L’abbiamo lasciata al suo tavolino verso le sei del pomeriggio, al freddo sole di febbraio e lei sola con quello sguardo penetrante e l’espressione pensosa…L’immagine di una donna sfinita, che si portava dentro l’agonia degli sconfitti, chiusa nella sua solitudine malinconica”.

Furono mezzo milione i profughi che lasciarono la Catalogna, inseguiti dai bombardieri. Unici a difendere i civili in fuga furono i pochi volontari internazionali che avevano disobbedito all’ordine di andarsene e gli anarchici catalani, che per molti anni combatterono sui Pirenei. Juliàn Gorkin, autore di libri sui crimini staliniani, in “El asesinato di Trockij (1970)” riporta un dialogo fra Tina Modotti e il generale Repubblicano Valentia Gonzàles, il leggendario “El Campesino“, avvenuto a fine guerra. Precedentemente Gonzàles, in contrasto con Vidali, lo aveva fatto arrestare e minacciato di fucilarlo, ma lo dovette liberare su pressione di funzionari sovietici. Poco prima di lasciare la Spagna Tina disse al generale Gonzàles: “Avresti dovuto fucilarlo quella volta. Mi ha trascinata in un crimine mostruoso. Lo odio con tutta la mia anima. Eppure… sono costretta a seguirlo fino alla fine. Fino alla morte“.

 

Fonti:

Pino Cacucci: Tina
Elena Poniatowska: Tinissima